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CONTROLLO A DISTANZA: NIENTE LICENZIAMENTO PER IL LAVORATORE

Controllo a distanza: niente licenziamento per il lavoratore

La Cassazione 19922/2016 ribadisce: i dati degli impianti di controllo a distanza non possono essere utilizzati per provare inadempimento lavorativo

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Il controllo a distanza del dipendente ampio e generalizzato  è vietato dall'art. 4 comma 2 dello Statuto dei lavoratori ( l. 300/1970) in quanto lesivo della dignità delle persone . Inoltre i «controlli difensivi» sui dipendenti sono legittimi solo quando riguardano specifiche condotte lesive di cui si abbia sospetto ed  estranee alla prestazione  di lavoro e vanno concordati con i sindacati.

Nel caso di  specie, invece, al lavoratore era stato contestato di aver registrato nel proprio rapporto  alcune ispezioni che in realtà non erano state effettuate . Infatti il veicolo utilizzato dal dipendente risultava altrove nell'orario indicato, come rilevato nel sistema satellitare GPS. Tale sistema però  installato in tutti i mezzi aziendali  ex ante non può rientrare tra i controlli cd. "difensivi" ammessi dalla legge in casi particolari.

Si applica quindi la garanzia dell'art. 4, comma 2 legge 300/70,  per cui i dati dell'impianto di controllo a distanza non possono essere utilizzati per provare l'inadempimento contrattuale del lavoratore e risulta illegittimo il  provvedimento disciplinare di licenziamento che ne è seguito. 

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tratto da: "Controlli a distanza e inadempimento del lavoratore" Cassazione 19922 del 5 ottobre 2016 - di  Rocchina Staiano (PDF - 8 pagine)- Scarica il documento  completo  con commento, orientamenti giurisprudenziali e testo integrale della sentenza

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1) LICENZIAMENTO A SEGUITO CONTROLLO A DISTANZA

IL CASO

Il Tribunale di Padova  aveva accolto il ricorso del lavoratore  contro il  licenziamento  per giusta causa per insussistenza dei fatti ed aveva  ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro delle retribuzioni non percepite; come giusta causa di licenziamento l'azienda aveva addebitato al lavoratore di avere registrato nel rapporto di giro alcune ispezioni che in realtà non erano state effettuate perché il veicolo risultava altrove nell'orario indicato come rilevato dal sistema satellitare GPS installato nella vettura.

La Corte d'Appello accoglieva parzialmente il ricorso dell'azienda  confermando la reintregra ma  disponendo  solo  la detrazione dal risarcimento dell'aliunde perceptum. I giudici di seconde cure  avevano osservato che "per la prova della mancata esecuzione della prestazioni sarebbe stato necessario esaminare le risultanze del sistema GPS che (..)  costituivano il controllo a distanza dei lavoratori e rientravano nell'ambito di applicabilità dell'art. 4 L. n. 300/70. gli accordi sindacali del 2009 prevedevano espressamente la non utilizzabilità di tali sistemi per il controllo a distanza dei lavoratori."  Neppure si poteva ritenere che i controlli potessero essere considerati legittimi come "difensivi" in quanto la ditta non aveva mai segnalato comportamenti illegittimi del lavoratore tali da giustificare un controllo così pervasivo e sistematico.

La società datrice di lavoro propone quindi ricorso per Cassazione affidandosi a cinque motivi:
1) la società ritiene che non vi era stata alcuna corrispondenza tra chiesto e pronunciato ossia tra petitum (reintegrazione e risarcimento pari alle mensilità corrisposte) e causa petendi (tardività, violazione dell'art. 4 L. n. 300/70 e sproporzione della sanzione; la novella di cui alle legge n. 92/2012 prevede vari tipi di licenziamento e per ognuno di questi una specifica sanzione;
2) la società precisa che il ricorrente non aveva chiesto l'applicazione dell'art. 18 comma quarto e dell'art. 4 L. n. 300/70;
3) la società ritiene che si è violato l'art. 4 L. n. 300/1970, in quanto si trattava di un controllo difensivo diretto ad accertare comportamenti illeciti dei lavoratori o lesivi del patrimonio e dell'immagine aziendale. Sussistevano tutti gli elementi controllo attraverso il sistema satellitare GPS un controllo difensivo e cioè rivolto ad accertare l'illiceità della condotta del lavoratore, la verifica del comportamento ex post, a seguito cioè di fondati sospetti di una condotta compiuta/e la funzionalizzazione del controllo alla tutela di beni estranei al rapporto di lavoro come il patrimonio e l'immagine dell'azienda, ciò valeva anche per il sistema Patrol Manager, che sostituiva il tradizionale bigliettino e serviva a verificare il corretto adempimento delle obbligazioni assunte dal lavoratore nei confronti dei clienti. La cliente  aveva verificato l'inadempimento del lavoratore e l'omissione di alcune visite: attraverso l'incrocio con i dati del GPS era risultato che la vettura in uso al lavoratore era altrove. L'azione illecita del lavoratore aveva esposto la società alle richieste di risarcimento danni dei clienti coinvolti;
4) la società ritiene che la Corte ha omesso l’esame circa un fatto decisivo del giudizio e cioè l'avvenuta segnalazione di una condotta illecita del cliente  e l'omessa valutazione della testimonianza di un teste;
5) la società ritiene che il fatto contestato, anche solo quello relativo al cliente, era molto grave e tale da determinare la rottura del vincolo fiduciario tra le parti.
Il lavoratore propone controricorso incidentale.
I giudici della Cassazione:
a) rigettano tutti i motivi del ricorso
principale, applicando l’orientamento giurisprudenziali maggioritario di legittimità, secondo cui: “l'effettività del divieto di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori richiede che anche per in cosiddetti controlli difensivi trovino applicazione le garanzie dell'art. 4 secondo comma legge n. 300/70; ne consegue che, se per l'esigenza di evitare attività illecite o per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro può installare impianti o apparecchi di controllo che rilevino anche dati relativi alla attività lavorativa dei dipendenti, tali dati non possono essere utilizzati per provare l'inadempimento contrattuale dei lavoratori medesimi”;
b) considerano assorbito il ricorso incidentale.

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2) IL CONTROLLO A DISTANZA DEL LAVORATORE:NORMATIVA E CODICE GARANTE PRIVACY

 L’art. 4, dello Statuto dei lavoratori, nella sua prima stesura stabiliva il divieto di controllo a distanza dei lavoratori da parte del datore di lavoro. Mentre ammetteva il ricorso agli impianti audiovisivi e “di altre apparecchiature”, ricorrendo i soli tre seguenti casi:

a)  per esigenze organizzative e produttive;

b) per la sicurezza del lavoro;

c) per la tutela del patrimonio aziendale.

L’installazione necessita,  però, del previo accordo con le RSU o con le rappresentanze sindacali aziendali, o nel caso di imprese con unità produttive dislocate in più province o regioni, l’accordo delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Se mancano suddetti accordi è necessario acquisire l’autorizzazione da parte della Direzione territoriale del Lavoro o del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali..

Questa prima impostazione è stata recentemente modificata dal Decreto Legislativo 14.9.2015, n. 151 che  attraverso l’art. 23, va a sostituire l’art. 4, l. n. 300/1970, per cui la disposizione di cui al comma 1 (che per l’appunto vieta il ricorso a sistemi di video sorveglianza e di altri sistemi quali strumenti di controllo a distanza dei lavoratori) non si  applica:
a) agli  strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere  la  prestazione  lavorativa;
b) agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
 

Il Garante in un successivo intervento a luglio 2016  ha operato una distinzione tra:

  • gli “strumenti di lavoro”, rispetto ai quali non sono necessari accordi con le rappresentanze dei lavoratori né, in subordine, le autorizzazioni amministrative;
  • e altri strumenti che non possono essere ascritti alla categoria degli strumenti di lavoro, sic et simpliciter, per cui rientrano nella categoria degli strumenti di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.

Pertanto, appartengono alla prima categoria:

  • il servizio di posta elettronica (con attribuzione di un account personale) e internet,
  • i vari software finalizzati alla tutela del patrimonio della rete telematica dell’impresa (si pensi ai sistemi di logging, ai programmi antivirus, ecc.).

Rientrano, invece, nella seconda categoria gli strumenti che consentono di svolgere un’attività di controllo, in background, ed in modo del tutto indipendente rispetto alla normale attività dell’utilizzatore, attraverso il ricorso ad operazioni di filtraggio, blocco, controllo e tracciatura costanti. Per tali strumenti si rientra nella fattispecie normata dall’art. 4, legge 300/1970, con la conseguente applicazione delle regole limitative ivi previste.

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