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CHIUSURA CONTI CORRENTI BANCARI, L'AUTORITÀ RICONOSCE L'ABUSO DEL DIRITTO

Chiusura conti correnti bancari, l'autorità riconosce l'abuso del diritto

La risoluzione delle problematiche in tema di tenuta e gestione del rapporto di conto corrente arriva dalle sedi giudiziarie competenti

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Con specifica ordinanza, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha sospeso l’efficacia esecutiva del recesso unilaterale dal rapporto di conto corrente esercitato, da un primario Istituto bancario, nei confronti di un operatore dedito al commercio di oggetti preziosi usati. Tanto, si è verificato nell’ambito di un procedimento d’urgenza, a fronte del ricorso avanzato dal medesimo operatore che, in assenza di un conto corrente, sarebbe stato impossibilitato ad esercitare la propria attività.

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1) E' abuso di diritto la chiusura di un conto corrente deciso unilateralmente dalla Banca

L’ordinanza in esame ha evidenziato come l’istituto resistente abbia agito ponendo in essere un sostanziale abuso del diritto, nonché in spregio alle normative in materia antiriciclaggio oltre che a disposizioni di natura costituzionale e ad indirizzi comunitari. Il tutto, altresì, considerando che il commercio di oggetti preziosi usati c.d. “attività di compro oro” necessita, ai sensi del Decreto Legislativo n° 92/2017, di un conto corrente dedicato la cui sottrazione rappresenterebbe una limitazione all’esercizio della libera iniziativa economica di cui all’art. 41 della Costituzione.

In particolare, l’Operatore ricorrente, dimostrando un’oggettiva assenza di valide e fondate motivazioni ai fini dell’interruzione del servizio bancario, ha reso possibile l’accertamento di una condotta adottata dall’Istituto volta alla sottrazione dagli obblighi in materia antiriciclaggio contenuti nel Decreto Legislativo n° 231/07, integrando così una casistica di “de-risking”; termine che indica l’interruzione o la limitazione dei rapporti commerciali con interi paesi o classi di clienti (tipicamente classificati ad alto rischio di riciclaggio come ad esempio gli Operatori del comparto oro) al fine di eliminare, invece di gestire, i relativi rischi di riciclaggio/finanziamento del terrorismo. Fenomeno sempre più diffuso che, da ultimo, è stato attenzionato dalle Istituzioni primarie del settore bancario sia a livello nazionale che a livello comunitario.

Recentemente, infatti, l’Autorità Bancaria Europea (EBA – European Banking Authority), ha condotto un’accurata analisi sul fenomeno del de-risking e sui relativi impatti in termini di inclusione finanziaria. Da tali analisi è emerso che l’accesso a prodotti e servizi finanziari di base, come il rapporto di conto corrente, rappresenta un prerequisito fondamentale per la partecipazione alla vita economica e sociale moderna, nel cui contesto il “de-risking”, quando ingiustificato, può causare l’esclusione finanziaria.

Tutto questo rafforza quanto già denunciato dalla richiamata Autorità Bancaria Europea con le linee guida in materia di fattori di rischio di riciclaggio, recepite da Banca d’Italia e rese attuative a partire dal 26 Ottobre 2021, con le quali viene sottolineato che non vi è alcun obbligo per gli Istituti Bancari a interrompere servizi a intere categorie di clienti associate a un rischio di riciclaggio più elevato (de-risking), nonché l’esigenza di bilanciare la necessità di inclusione finanziaria con la necessità di mitigare e gestire il rischio di riciclaggio e/o finanziamento del terrorismo.

In altri termini, le banche dovrebbero mettere in atto politiche e procedure appropriate, in funzione del rischio, per assicurare che il loro approccio all’applicazione delle misure di adeguata verifica della clientela non si traduca nel rifiutare ingiustamente a clienti che ne avrebbero legittimamente diritto, l’accesso ai servizi finanziari.

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La normativa antiriciclaggio contenuta nel Decreto Legislativo n° 231/07 prevede, infatti, che determinati soggetti, tra cui gli Istituti bancari, adottino i presidi e attuino i controlli e le procedure, adeguati alla propria natura e dimensione, necessari a mitigare e gestire i rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo (art. 16 co.1 del d.lgs. 231/2007). I successivi articoli, inoltre, stabiliscono dettagliatamente le tipologie di controlli che i soggetti obbligati sono tenuti ad effettuare e, in particolare, l’art. 24, prevede specifici “obblighi di adeguata verifica rafforzata della clientela” che trovano applicazione in situazioni di elevato rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

Alla luce delle suddette disposizioni normative e tenuto conto della lineare operatività del titolare del rapporto di conto corrente ricorso al Tribunale di riferimento, risulta, quindi, che il recesso sia stato disposto, non per evitare concreti rischi di riciclaggio, bensì al fine di sottrarsi dagli oneri derivanti dall’obbligo di intensificare le verifiche sulle operazioni compiute da un operatore rientrante in una categoria sensibile e cioè ad alto rischio.

Or dunque, la sottrazione del rapporto di conto corrente, collegata al concreto, ingiustificato e oggettivo impedimento al commercio di oggetti preziosi usati, integra una violazione del diritto al libero esercizio dell’attività economica costituzionalmente garantita (art. 41 della Costituzione). Tanto, è più grave se si considera che l’accesso ai servizi finanziari e bancari, in un Paese economicamente, socialmente e finanziariamente evoluto, rappresenta un diritto soggettivo imprescindibile dove il suo eventuale impedimento pretestuoso e/o preconcetto può risultare discriminatorio e in violazione dei diritti dell’uomo.

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