Speciale Pubblicato il 18/10/2021

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Rientro dei cervelli in Italia: le agevolazioni fiscali

di Rag. Rodella Luigi

Aumentano i benefici fiscali nei confronti degli italiani residenti all’estero che rimpatriano: il punto dopo il decreto fiscale



Il decreto legge 34 del 2019, in vigore dal 1/5/2019, ha incrementato i benefici fiscali nei confronti di quei soggetti residenti all’estero che rientrano in Italia, trasferendo la residenza fiscale, dal 2020.  

Il decreto legge,  ha modificato le disposizioni fiscali    che riguardano le agevolazioni previste per:

Per dare maggiore concretezza al "Decreto crescita", successivamente è intervenuto il "Decreto fiscale" (D.L. 124 del 26/10/2019) dove, all'articolo 13/ter ha chiarito la decorrenza delle agevolazioni fiscali per gli impatriati.

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Modifiche apportate all’art.16 del dlgsv 147/2015 per i lavoratori impatriati

La quota di reddito imponibile scende dal 50% al 30%. 

Rimane inalterata la previsione sulla durata dei benefici,  contenuta nell’articolo 16  comma 3 del D.Lgs. 147/2015 (lo sgravio fiscale decorre dal periodo d’imposta in cui si acquisisce la residenza fiscale in Italia,  più i successivi  quattro periodi d’imposta).

Queste nuove misure agevolative verranno applicate nei confronti di tutti quei lavoratori non residenti in Italia nei due periodi d’imposta precedenti l’impatrio,  che si impegnano a rimanere in Italia per almeno due anni. La nuova previsione normativa, conferma quanto già precedentemente disposto per il rientro dei laureati (articolo 16 coma 2 D.Lgs. 147/2015): 24 mesi;  però riduce il tempo di permanenza all’estero,  richiesto per l’impatrio dei lavoratori direttivi, specializzati, qualificati, dove in precedenza venivano richiesti cinque  periodi d’imposta di residenza all’estero precedente l’impatrio (Art. 16 comma 1, D.Lgs. 147/2015).

L’attività lavorativa deve essere prestata prevalentemente nel territorio italiano, ma non più necessariamente a favore di una impresa residente o da una sua controllata: questo lascia dedurre che l’impresa può essere anche straniera.

In precedenza i lavoratori dovevano rivestire ruoli direttivi o altamente qualificati/specializzati, oggi questa nuova norma viene rivolta a tutti i lavoratori, ai ricercatori ed ai docenti. Il comma 2 dell’articolo 16 del D.LGS 147/2015,  che disciplina il rientro dei laureati,  rimane invariato nella sua precedente formulazione (Essere laureati, aver svolto continuativamente attività di lavoro dipendente o autonomo o d’impresa all’estero per 24 mesi, oppure aver studiato per 24 mesi conseguendo un titolo accademico; trasferire la residenza fiscale in Italia, impegnarsi a permanere in Italia per due anni).

Nei confronti dei lavoratori impatriati vengono potenziati i benefici in talune circostanze:

Modifiche apportate all’art.44 del D.L. 78/2010 – rientro ricercatori/docenti

Nei confronti dei ricercatori/docenti,  vengono previste modifiche all’articolo 44 del D.L. 78/2010; rimane invariata la percentuale di detassazione già oggi al 90%,  mentre viene esteso l’ambito temporale sulla fruizione dei benefici; in precedenza decorreva dal periodo d’imposta in cui il docente diventava residente fiscale in Italia più i successivi tre periodi d’imposta; ora la rinnovata norma prevede la decorrenza dal periodo d’imposta in cui diventa residente fiscale in Italia,  più i cinque periodi d’imposta successivi.

Anche in questo caso sono previsti benefici potenziati, qualora ricorrano particolari situazioni:

Il regime di favore può trovare oggi applicazione anche alle persone fisiche che avviano una attività d’impresa dal periodo d’imposta successivo al 2019.

Mancata iscrizione all’AIRE

Questo decreto, cerca di superare un problema critico per molti impatriati che, nonostante avendo lavorato in modo continuativo all’estero, acquisendo di fatto la residenza estera, non si erano iscritti all’Aire (anagrafe italiani residenti all’estero).

Ora, alla luce della nuova normativa, per accedere al regime agevolato non è più necessaria la pregressa iscrizione all’Aire, purchè abbiano avuto la residenza fiscale in un altro Stato con cui è in essere una convenzione contro le doppie imposizioni, nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento in Italia. Il criterio valutativo sulla residenza fiscale (a prescindere dall’iscrizione nella anagrafe degli italiani residenti all’estero), viene dunque demandata alla normativa contenuta nell’articolo 4 della convenzione OCSE, che stabilisce le modalità di definizione della residenza fiscale in base ai parametri  cd. “tie break rules” (criteri a cascata) che puntano ad individuare l’unicità della residenza fiscale,  definendola in capo ad uno dei due Stati.

La convenzione  contiene regole che consentono di risolvere i cosiddetti conflitti di residenza. 

Se,  in base alla norma italiana e quella dell’altro Stato contrente, il soggetto si considera residente in entrambi gli Stati, per stabilire in quale Stato sia effettivamente residente si devono applicare le cosiddette tie break rules contenute nel trattato, secondo le quali – di norma – la persona si considera residente:
 a) nello Stato in cui dispone di un’abitazione permanente;
 b) se ha l’abitazione permanente in entrambi gli Stati, in quello in cui le sue relazioni personali ed economiche sono più strette;
 c) se non si può individuare tale Stato, in quello in cui «soggiorna abitualmente»;
 d) se soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati, in quello della cittadinanza;
 e) in caso di doppia cittadinanza: accordo fra le autorità competenti.

Questa nuova norma supera l’interpretazione in precedenza fornita dal Fisco e soprattutto dalla Cassazione (16634/2018; 21970/2015; 1215/1998),  secondo cui,  l’iscrizione o la mancata iscrizione alle liste della popolazione residente all’estero,  aveva valore di presunzione assoluta di residenza nel territorio dello Stato ed era preclusiva di ogni ulteriore accertamento.

Oggi questa norma  si riferisce nello specifico ai soggetti impatriati, però, è destinata a produrre effetti anche oltre l’ambito applicativo  degli specifici regimi agevolati.

Queste nuove condizioni sono rivolte sia ai lavoratori “impatriati” (art. 16 Dlgs 147/2015) che al rimpatrio dei ricercatori/docenti (articolo 44 del D.L, 78/2010), rientrati in Italia dal periodo d’imposta successivo al  31/12/2019. Questo,  lascerebbe intendere  che per fruire nei benefici potenziati,  il soggetto rientri il prossimo periodo d’imposta.

Il decreto prevede inoltre che,  i soggetti non iscritti all’Aire, che rientrano nel corso del 2019, hanno diritto alla fruizione degli sgravi fiscali nella misura prevista al 31.12.2018. Questo fatto comporta una discriminazione temporale che potrebbe essere corretta in fase di conversione del decreto. Il beneficio (non potenziato) viene inoltre esteso a quei soggetti non iscritti all’Aire destinatari di atti impositivi ancora impugnabili (o in contenzioso); non è in ogni caso previsto il rimborso delle imposte già versate precedentemente, in caso di adempimento spontaneo.

Per una panoramica completa, dello stesso Autore vedi “Incentivi per il rientro dei lavoratori dall’estero” con risposte a casi concreti 

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Modifiche apportate dal "Decreto Fiscale" (art. 13/ter D.L. 124 del 26/10/2019)

In merito alle modifiche apportate dal "Decreto fiscale", riporto quanto evidenziato nella circolare dell'Agenzia delle entrate n. 33/E del 28/12/2020 ai paragrafo 2 e 2.1: 

"Misura, durata ed ambito temporale dell'agevolazione" - "Fondo controesodo".

Per effetto delle modifiche apportate dal Decreto Crescita, i redditi agevolabili concorrono alla formazione dell’imponibile complessivo nella misura del 30 per cento. Rispetto alla normativa previgente, la percentuale di esenzione del reddito prodotto è stata innalzata dal 50 al 70 per cento.

Sotto il profilo temporale, si evidenzia che dapprima il Decreto Crescita e successivamente il Decreto Fiscale hanno disciplinato la decorrenza delle nuove misure di detassazione.

In particolare, il Decreto Crescita nella versione in vigore dal 1° maggio 2019, prevedeva la decorrenza delle modifiche «a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto», con la conseguenza che le nuove disposizioni si sarebbero dovute applicare nei confronti dei soli soggetti che acquisivano la residenza fiscale in Italia a partire dal periodo di imposta 2020 e, dunque, nei confronti dei soggetti che si fossero trasferiti in Italia dopo il 2 luglio 2019.

Successivamente, il Decreto Fiscale ha ridefinito la decorrenza della novella, prevedendo che le nuove misure agevolative si applicano «a decorrere dal periodo d’imposta in corso, ai soggetti che a decorrere dal 30 aprile 2019 trasferiscono la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre

1986, n. 917, e risultano beneficiari del regime previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147».

Al riguardo, su parere conforme del Ministero dell’Economia e delle finanze - Dipartimento delle Finanze (Registro Ufficiale prot. 352447 del 12 novembre 2020), si ritiene che con tale modifica il legislatore ha inteso estendere le maggiori agevolazioni già disposte nei confronti dei lavoratori che trasferiscono la residenza nel Paese dal periodo di imposta 2020, anche nei confronti dei lavoratori rientrati in Italia a partire dal 30 aprile 2019 i quali in assenza della suddetta previsione normativa, avrebbero comunque goduto dell’agevolazione in parola ma nella versione meno favorevole (detassazione del 50% e non del 70% del reddito prodotto in Italia), correggendo una evidente disparità di trattamento tra i soggetti che sarebbero rientrati dal 2020 e quelli già rientrati a decorrere dal 30 aprile 2019.

Ne consegue che, in presenza dei requisiti e delle condizioni previste dalla normativa in commento, i contribuenti che hanno trasferito la residenza fiscale in Italia a partire dal 30 aprile 2019 possono beneficiare del regime agevolativo in questione, secondo le novellate disposizioni in vigore dal 1° maggio 2019:

− a partire dal periodo di imposta 2019, laddove abbiano trasferito la residenza fiscale in Italia a partire dal 30 aprile ed entro il 2 luglio 2019;

ovvero

− dal periodo di imposta 2020, laddove abbiano trasferito la residenza fiscale in Italia a decorrere dal 3 luglio 2019.

Per l’operatività della norma nei confronti di coloro che hanno trasferito la residenza fiscale in Italia dal 30 aprile al 2 luglio 2019, si rinvia al paragrafo successivo.

Ad esempio, in presenza di tutti i requisiti richiesti dalla norma, un soggetto che ha trasferito la residenza fiscale in Italia:

− il 5 febbraio 2019, potrà beneficiare del regime agevolato nella versione in vigore fino al 30 aprile 2019 (con detassazione del reddito nella misura del 50 per cento per tutto il quinquennio);

− il 5 maggio 2019, potrà beneficiare del regime agevolato nella versione in vigore dal 1° maggio 2019 (con detassazione del reddito nella misura del 70 per cento per tutto il quinquennio), a decorrere dal periodo di imposta 2019;

− il 5 luglio 2019, potrà beneficiare del regime agevolato nella versione in vigore dal 1° maggio 2019 (con detassazione del reddito nella misura del 70 per cento per tutto il quinquennio), a decorrere dal periodo di imposta 2020.

Tenuto conto della formulazione del disposto normativo, si ritiene che la misura di detassazione del reddito deve essere applicata uniformemente per l’intero arco temporale e, dunque, la richiamata percentuale di detassazione dei redditi agevolati deve essere applicata in maniera costante per i cinque periodi di imposta di riferimento.

Ne consegue che, se il contribuente usufruiva del regime di detassazione del reddito nella misura del 50 per cento (in quanto, ad esempio, rientrato fiscalmente in Italia nel periodo di imposta 2018), non può usufruire del maggior regime di vantaggio (detassazione del 70 per cento) per i residui periodi di imposta del quinquennio agevolabile.

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Fondo Controesodo

Il comma 2 dell’articolo 13 ter del Decreto Fiscale prevede che «Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un fondo, denominato "Fondo Controesodo", con la dotazione di 3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze sono stabiliti i criteri per la richiesta di accesso alle prestazioni del fondo di cui al presente comma. I soggetti di cui al comma 2 dell'articolo 5 del decreto-legge 30

aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, possono accedere alle risorse del fondo fino ad esaurimento dello stesso».

La richiamata disposizione deve essere interpretata nel senso che possono accedere alle risorse del citato «Fondo Controesodo» solo i soggetti che abbiano trasferito la residenza fiscale in Italia dal 30 aprile 2019 al 2 luglio 2019, per i quali - ai fini dell’aumento dell’agevolazione dal 50 al 70 per cento - è necessario che venga emanato il relativo decreto da parte del richiamato dicastero, al quale si rinvia per l’individuazione dei criteri per la richiesta di accesso alle relative prestazioni.

Pertanto, nelle more dell’emanazione di tale decreto si ritiene, su parere conforme del Ministero dell’Economia e delle finanze - Dipartimento delle Finanze (Registro Ufficiale prot. 324497 del 9 ottobre 2020), che i soggetti che abbiano trasferito la residenza fiscale in Italia dal 30 aprile 2019 al 2 luglio 2019, in presenza di tutti i requisiti previsti dalla norma, possono avvalersi dell’agevolazione nella minore misura del 50 per cento.

Resta inteso che, invece, per i soggetti rientrati a decorrere dal periodo di imposta 2020, il regime agevolato in esame è operativo indipendentemente dall’emanazione del citato decreto.


Articolo originale del 18/5/2019 proveniente dal Blog di Fiscoetasse rivisto e aggiornato nel mese di ottobre 2021




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