Speciale Pubblicato il 26/02/2020

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La prova nell’accertamento “bancario”

di Dott. Roberto Bianchi

Accertamento presuntivo per prelievi e versamenti bancari: quale prova contraria ? La normativa sulle indagini finanziarie



In materia di accertamento, l’art. 32 del DPR 600/1973 contempla una “presunzione legale” in forza della quale sia i prelevamenti che i versamenti effettuati sui conti correnti bancari devono essere imputati a ricavi e rispetto alla quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto a individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell'ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative (sent. n. 25501/2011 e sent. n. 10102/2017). 

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Accertamento bancario: cosa significa?

La Suprema Corte  insiste  da tempo su questo concetto sebbene gli “accertamenti bancari” non esistano. Vediamo in dettaglio ad esempio la sentenza n. 16075/2017 .
L’art. 32, co. 1, n. 2), del DPR 600/1973 afferma che le informazioni afferenti alle relazioni con gli istituti di credito “sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articoli 38, 39, 40 e 41 del Dpr 600/1973, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito o che non hanno avuto rilevanza allo stesso fine”.

Questa prima parte della disciplina, che afferisce ai versamenti non giustificati, interessa tutti i contribuenti, in conseguenza del riferimento della norma al concetto di “reddito”, senza effettuare alcuna differenziazione.

La previsione afferente i prelevamenti non giustificati prevedeva che “alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni”.

Si trattava di una disposizione che intendeva significare che se un imprenditore o un professionista effettuava dei prelievi e non era in grado di indicare il beneficiario, si poteva ritenere che avesse acquistato senza fattura allo scopo di rivendere nella stessa maniera. Tuttavia la Corte Costituzionale, attraverso la sentenza 228/2014, ha sancito l’illegittimità della previsione afferente ai “compensi” e pertanto, l’inapplicabilità della previsione ai prelievi non giustificati dei professionisti.

In merito ai prelievi, che interessano unicamente gli imprenditori, sono stati definiti dei limiti quantitativi in forza dei quali, esclusivamente i prelevamenti eccedenti tali importi hanno la possibilità di essere reputati ricavi non dichiarati.

Tale previsione risulta confermativa della tesi per la quale, le norme sopra riportate nell’ambito delle indagini finanziarie, altro non sono che disposizione riguardanti l’attività istruttoria. Se si trattasse di presunzione legale, infatti, la prova contraria che il contribuente dovrebbe fornire, verterebbe sul fatto presunto. In merito ai prelievi la disciplina “chiede” al contribuente di fornire l’indicazione del beneficiario, ma ciò non può configurare il fatto presunto, considerato che quest’ultimo è rappresentato dall’eventuale ricavo non dichiarato.

Va ricordato inoltre che le disposizioni sulle presunzioni di evasione possono essere contenute soltanto in norme disciplinanti l’attività di accertamento. Ma quella riportata nell’art. 32 del DPR 600/1973 non è una norma di accertamento, in quanto rappresenta una disposizione finalizzata a disciplinare l’attività istruttoria che lo precede.
In sostanza, l’art. 32 del Dpr 600/1973 vuole stabilire semplicemente che i risultati dell’attività istruttoria vanno canalizzati, per imprenditori e professionisti, negli accertamenti di cui agli art. 39 e 40 del DPR 600/1973 e pertanto, sulla base di quest’ultima norma, o l’ufficio effettua una rettifica analitica in presenza di elementi certi, oppure siamo in presenza di presunzioni semplici, con onere probatorio in capo all’ufficio.

Ma la dimostrazione definitiva della circostanza che non si tratti di presunzione legale la si ottiene grazie ai novellati limiti quantitativi sui prelievi, dai quali si può facilmente evincere che non possono afferire a una presunzione di legge.


1 FILE ALLEGATO:
Cassazione 16075 2017 accertamento bancario

TAG: Accertamento e controlli Verifiche Fiscali Guardia di Finanza Giurisprudenza