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Stipula di contratto a canone concordato

pino72

Utente
Salve a tutti,
per sapere il canone massimo richiedibile per un appartamento da locare, in regime di canone concordato:
1) Quale è l'organizzazione più autorevole alla quale mi posso rivolgere?
2) Il calcolo che verrà fatto è ufficiale oppure opinabile da parte dell'inquilino o di altri enti?
3) Il calcolo stesso è a pagamento?
4) Per la stipula del contratto mi dovrò rivolgere alla stessa organizzazione, oppure potrò andare a registrarlo direttamente all'agenzia delle entrate come i contratti a canone libero?
Grazie
 
1) L’Associazione della Proprietà Edilizia, presente in tutti i capoluoghi con organizzazioni subprovinciali o delegazioni.

2) Il canone è contestabile in qualunque momento del rapporto: non basta la firma sul contratto.

Il canone concordato non risulta predeterminato in una somma fissa, come risultante di un freddo calcolo aritmetico, ma è indicato in fasce di oscillazione variabili che vanno da un minimo ad un massimo: spetta sempre alle parti contraenti, nella loro autonomia contrattuale, stabilire il canone di locazione. Supponendo un canone oscillante ad esempio da un minimo di € 5,20 e un valore massimo di € 5,90 al mq/mese, pino72 potrà stabilire un importo base di € 5,50, perciò, se il tuo alloggio è di 80 mq, il canone mensile ammonterà a € 440,00 (5,50 x 80).

Tutto quanto sopra precisato, a patto che i presupposti del calcolo rispondano a verità. Le organizzazioni di categoria non possono controllare tutti gli elementi oggettivi per il calcolo: prendono per buono quanto tu dici loro. Non hanno alcun obbligo di verifica o di controllo delle dichiarazioni del richiedente. Se tu dici che il tuo appartamento dispone dell’impianto fisso di condizionamento dell’aria o di allarme ed è falso ovvero che presenta cinque accessori, quando invece ne ha soltanto due, tu capisci bene che la valutazione finale cambia, con ricadute anche sul canone. Lo stesso vale per la superficie, con in genere un minimo margine di tolleranza percentuale che varia da Comune a Comune.

Le bugie hanno le gambe corte. L’Agenzia potrebbe contestarti un libero in luogo di un concordato, con riliquidazione di maggiore imposte dirette ed indirette. Idem il Comune (come già capitato in passato). Addio aliquota agevolata per i contratti 3+2. Versante conduttore: costui può richiedere al SUNIA o al SICET una verifica dei parametri, e, in caso di discrepanza, una ricalibratura del canone. In prima battuta in Commissione di negoziazione paritetica e di conciliazione oppure in altre sedi e ciò può determinare un’azione di indebito arricchimento da parte dell’inquilino contro di te per la restituzione delle somme versate in eccedenza rispetto al canone legale, cioè quello stabilito nell’accordo del tuo Comune, ai sensi del nuovo comma 4 dell’articolo 13 della legge di riforma del 1998.

3) La risposta è affermativa.

4) Le organizzazioni di categoria registrano tutti i contratti di locazione, anche quelli abitativi in regime di libero mercato. Puoi rivolgerti a loro sia per il calcolo che per la vidimazione e registrazione telematica del contratto oppure anche solo per il calcolo del canone, andando tu stessa direttamente a farlo registrare in Agenzia, salvo che tu non possegga più di dieci immobili ovunque ubicati in Italia: in questo caso, la via cartacea ti è preclusa e dovrai utilizzare obbligatoriamente il canale telematico.

Ultima osservazione: se la convenzione del tuo Comune si basa sul nuovo decreto ministeriale del 16 gennaio 2017, che ha istituito la nuova convenzione nazionale, e non sul vecchio decreto 30 dicembre 2002, in caso di contratto non assistito, il tuo contratto dovrà essere obbligatoriamente asseverato da una organizzazione di categoria (ottavo comma): in questo caso, è possibile che il rilascio sia a pagamento.
 

pino72

Utente
Intanto grazie per le puntualissime e chiarissime risposte.

Ne approfitto anche per sapere:

1) Leggo da Internet che le agevolazioni fiscali in caso di canone concordato prevedono una deduzione del 33,5% dall'imponibile e lo sconto del 25% su IMU e TASI (mi riferisco al Comune di Napoli). Vorrei sapere se anche in caso di cedolare secca (con tassazione al 15%) si applica qualche deduzione (30%?) e se quali sono le condizioni per beneficiare dello sconto su IMU e TASI.

2) A Napoli il contratto dovrà essere obbligatoriamente asseverato da una organizzazione di categoria (ottavo comma) ?

Grazie ancora
 
1) Premesso che l’aliquota della cedolare secca sui concordati è il 10% fino alla fine di quest’anno (15% a regime dal 2018, salvo proroghe dell’ultim’ora), l’imposta sostitutiva dell’IRPEF va applicata all’intero canone di locazione se questo è superiore alla rendita catastale rivalutata del 5%. In questo caso – a differenza del regime ordinario – non opera alcuna deduzione forfetaria (5, 25, 35, 5+30 per cento).

Il contratto di locazione concordato comporta per il proprietario la possibilità di applicare un'aliquota IMU agevolata (8 per mille ovvero 6,6 per mille a giovani coppie sotto i 35 anni di età). A Napoli il Comune impone però che il conduttore dimori abitualmente e risieda anagraficamente all’interno dell’alloggio (vedi l’art.9 del Regolamento IUC del Comune di Napoli integrato con deliberazione comunale n°13 del 30 marzo 2017), pena eventuale perdita del bonus fiscale in capo al locatore.

2) No. L’accordo di Napoli, sottoscritto il 19 maggio 2015, si basa ancora sul vecchio decreto 30 dicembre 2002 che attua la vecchia convenzione nazionale.
 

STUDIOCEL

Utente
La riduzione del 25% di imu e tasi è indipendente da regole comunali...
...l'imposta calcolata seguendo le regole comunali, viene poi ridotta del 25%...
Nessuna regola comunale può impedire la riduzione del 25% dell'imposta dovuta..
 

pino72

Utente
1) Premesso che l’aliquota della cedolare secca sui concordati è il 10% fino alla fine di quest’anno (15% a regime dal 2018, salvo proroghe dell’ultim’ora), l’imposta sostitutiva dell’IRPEF va applicata all’intero canone di locazione se questo è superiore alla rendita catastale rivalutata del 5%. In questo caso – a differenza del regime ordinario – non opera alcuna deduzione forfetaria (5, 25, 35, 5+30 per cento).

Il contratto di locazione concordato comporta per il proprietario la possibilità di applicare un'aliquota IMU agevolata (8 per mille ovvero 6,6 per mille a giovani coppie sotto i 35 anni di età). A Napoli il Comune impone però che il conduttore dimori abitualmente e risieda anagraficamente all’interno dell’alloggio (vedi l’art.9 del Regolamento IUC del Comune di Napoli integrato con deliberazione comunale n°13 del 30 marzo 2017), pena eventuale perdita del bonus fiscale in capo al locatore.

2) No. L’accordo di Napoli, sottoscritto il 19 maggio 2015, si basa ancora sul vecchio decreto 30 dicembre 2002 che attua la vecchia convenzione nazionale.
Ok. Perdonami se approfitto ancora della tua competenza per chiarirmi ancora dei dubbi.

1) Le agevolazioni fiscali in regime ordinario (deduzione 5+30 per cento, scontistica IUC) sono applicate anche qualora il contratto a canone concordato sia di durata 6+2 anni anzichè 3+2 ? Secondo un banale ragionamento logico la risposta non può che essere affermativa, ma meglio esserne sicuri.

2) Il canone concordato in regime ordinario è soggetto alle rivalutazioni ISTAT come quello a canone libero?

3) Il contratto a canone concordato va redatto necessariamente secondo determinati prestampati oppure si possono aggiungere altre clausole particolari in accordo tra locatore e conduttore ?

4) Mi sembra di capire che il conduttore potrebbe sempre contestare i parametri applicati per il calcolo del canone concordato, anche dopo la firma del contratto e anche in caso di veridicità delle dichiarazioni contenute nel contratto stesso... e non si tratta di un aspetto simpatico. Comunque vorrei sapere se il contratto a canone concordato possa nascondere per il locatore qualche altra insidia che il contratto a canone libero non ha.
 
1) Le agevolazioni fiscali in regime ordinario (deduzione 5+30 per cento, scontistica IUC) sono applicate anche qualora il contratto a canone concordato sia di durata 6+2 anni anzichè 3+2 ? Secondo un banale ragionamento logico la risposta non può che essere affermativa, ma meglio esserne sicuri.

2) Il canone concordato in regime ordinario è soggetto alle rivalutazioni ISTAT come quello a canone libero?

3) Il contratto a canone concordato va redatto necessariamente secondo determinati prestampati oppure si possono aggiungere altre clausole particolari in accordo tra locatore e conduttore ?

4) Mi sembra di capire che il conduttore potrebbe sempre contestare i parametri applicati per il calcolo del canone concordato, anche dopo la firma del contratto e anche in caso di veridicità delle dichiarazioni contenute nel contratto stesso... e non si tratta di un aspetto simpatico. Comunque vorrei sapere se il contratto a canone concordato possa nascondere per il locatore qualche altra insidia che il contratto a canone libero non ha.

1) Le aliquote d’imposta (ordinarie o ridotte), previa adozione di apposita delibera, si applicano a determinate tipologie contrattuali a prescindere dalla loro durata. Pertanto, che il primo “round” di contratto art.2, co.3 della 431 sia superiore alla durata minima (3 anni) prevista dalla legge citata è ininfluente ai fini fiscali. Tra l’altro alcuni accordi territoriali possono stabilire, per durate contrattuali superiori a quelle minime fissate dalla legge, non solo misure di aumento del valore delle fasce dei canoni, ma anche particolari e vantaggiose forme di garanzia.

2) La risposta è affermativa. La possibilità dell’aggiornamento è consentita però solo se l’accordo locale lo prevede: è sempre la convenzione locale ad avere l’ultima parola. Inoltre la variazione nei 3+2 è limitato nella misura massima del 75%, ormai anacronistica (siamo nel 2017, non nel 1978).

E’ una facoltà (non un obbligo) che l’accordo concede alle parti: l’art.24 (Aggiornamento del canone) della legge 392 è stato abrogato dall’art.14 della 431, quindi non vi è più una specifica disposizione normativa. Nulla vieta, quindi, di reinserirlo o meno nei contratti sia liberi che convenzionati, tanto che è addirittura previsto per legge nel tipo di contratto 3+2 allegato al vecchio decreto ministeriale 30 dicembre 2002 e a quello nuovo del 16 gennaio di quest’anno all’articolo 2 (Canone) ed è praticamente sempre pari al 75% di quello specifico indice ISTAT previsto dalla citata legge 392 nei soli 3+2 (nei transitori ordinari e per studenti universitari fuori sede l’aggiornamento ISTAT non è previsto), mentre nei liberi abitativi e nei commerciali di durata superiore ai 6 anni può essere anche fino al 100% della variazione ISTAT (nei liberi abitativi le variazioni mensili possono addirittura basarsi su indici diversi liberamente individuabili dalle parti: tasso di interesse legale, variazioni relative a beni o valute, soia, caffè, oro, alluminio, dollaro australiano ecc.). Ti ricordo però che l’opzione per il regime della cedolare secca congela ogni aggiornamento del canone di locazione peraltro non in via definitiva, ma solo per il periodo di durata dell’opzione.

3) e 4) Il contratto 3+2 è un contratto regolamentato: deve riprodurre il tipo di contratto predisposto dal Ministero e depositato in Comune, quindi i margini di derogabilità sono quasi pari a zero. L’autonomia contrattuale è molto limitata: non posso aggiungere clausole penali di nessun tipo, condizioni sospensive, alterare la ripartizione degli oneri condominiali ecc. In sostanza, è un contratto “blindato”: la formula “altre clausole”, previsto nella parte finale del modello contrattuale, non significa che io possa aggiungere articoli di contenuto rispetto al tipo di contratto predisposto del Ministero oppure alterare parti di questo.

Devianze di contenuto allo schema dato non sono ammesse. Pertanto, in tali casi, è da escludersi che le associazioni di categoria della locazione assistita possano asseverare un contratto 3+2 di fantasia, e l’utilità dell’attestazione della rispondenza del contenuto del contratto all’accordo locale e al tipo di contratto ministeriale (allegato G compreso) può prospettarsi appunto nei casi in cui essa fosse richiesta in futuro (vedi l’ottavo comma dell’articolo 1 del nuovo decreto ministeriale 2017) dai Comuni per l’applicazione di aliquote IMU ridotte per gli immobili locati on contratti stipulati ai sensi del 3° terzo dell’articolo 2 della 431.

Vuoi addebitare tutte le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria all’inquilino? Vuoi derogare alle disposizioni codicistiche degli articoli 1575 (Obbligazioni principali del locatore), 1576 (Mantenimento della cosa in buono stato locativo) e 1609 (Piccole riparazioni a carico dell’inquilino)? Allora, devi spostarti su un contratto abitativo libero. Per i contratti liberi non esiste alcun testo depositato in Comune, alcun tipo di contratto ministeriale con claussole preinserite. Ma la libertà ha un prezzo, anche in termini tributari.
 

pino72

Utente
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Vuoi addebitare tutte le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria all’inquilino? Vuoi derogare alle disposizioni codicistiche degli articoli 1575 (Obbligazioni principali del locatore), 1576 (Mantenimento della cosa in buono stato locativo) e 1609 (Piccole riparazioni a carico dell’inquilino)? Allora, devi spostarti su un contratto abitativo libero. Per i contratti liberi non esiste alcun testo depositato in Comune, alcun tipo di contratto ministeriale con claussole preinserite. Ma la libertà ha un prezzo, anche in termini tributari.
Siccome la casa è da ristrutturare, avevo pensato di addebitare parte delle spese di ristrutturazione all'inquilino, però secondo il seguente criterio: premettendo di fissare un canone compatibile con quello stabilito dagli accordi territoriali, avevo pensato di applicare a tale canone uno sconto in modo tale che l'inquilino potesse recuperare, nei 6+2 anni di durata del contratto, tutte le spese effettuate nella ristrutturazione. E' possibile in un contratto a canone concordato?
Sarebbe interessante anche sapere se, al termine di un contratto a canone concordato, si possa passare per lo stesso inquilino ad uno a canone libero.
Ti ringrazio veramente tanto per il grande apporto che stai fornendo a me e a tutto il forum.
 
Siccome la casa è da ristrutturare, avevo pensato di addebitare parte delle spese di ristrutturazione all'inquilino, però secondo il seguente criterio: premettendo di fissare un canone compatibile con quello stabilito dagli accordi territoriali, avevo pensato di applicare a tale canone uno sconto in modo tale che l'inquilino potesse recuperare, nei 6+2 anni di durata del contratto, tutte le spese effettuate nella ristrutturazione. E' possibile in un contratto a canone concordato? Sarebbe interessante anche sapere se, al termine di un contratto a canone concordato, si possa passare per lo stesso inquilino ad uno a canone libero.

Da quello che mi pare di capire tu mi chiedi se sia possibile prevedere un corrispettivo in aumento, a fronte di un sistema frazionato di sconti iniziali, in un contratto regolamentato.

La possibilità di convenire aumenti predeterminati e frazionati nel tempo (c.d. contratto “scalettato”) costituisce - nel settore abitativo - una novità ipotizzabile solo per i contratti stipulati dopo la legge di riforma del 1998 (prima sussisteva il blocco dei canoni). La fattispecie che tu ipotizzi è, però, molto particolare, e, dunque, c’è da chiedersi se un divieto possa sussistere per i concordati scalettati.

Perché dubbi su un abitativo scalettato in libera determinazione del canone non ce ne sono più. Il Tribunale di Milano quattro anni fa si è posto il problema e ha ritenuto legittimi i canoni differenziati anche nell’abitativo se è rispettato l’equilibrio del contratto e se lo sconto progressivo riconosciuto al conduttore sia effettivamente giustificato da specifici presupposti risultanti chiaramente dalla convenzione locativa.

Nel caso posto all’attenzione del giudice milanese, le parti – esattamente come nel caso ipotizzato nel quesito – avevano negoziato un canone minore sin dall’inizio del rapporto in considerazione del fatto che l’inquilino si era assunto l’onere di provvedere ad ingenti spese di ristrutturazione del bene locato gravanti sul locatore.

Il problema è di stabilire se il medesimo principio, onde pervenire alla conclusione adottata dal giudice milanese, sia estensibile anche alle locazioni del secondo canale, ossia quelle assistite a canone concordato. Pare a chi scrive che la risposta non possa essere che affermativa, a patto, però, che si resti nella forbice della fascia di oscillazione minimo/massimo prevista dalla convenzione locale.

Anche il contratto art.2, co.3 è un contratto in cui i contraenti godono di un piccolo margine di autonomia, in quanto sono liberi di pattuire la misura del canone all’interno di una determinata forchetta, tra un minimo e un massimo, in base agli accordi assunti in sede locale, sulla base di parametri di riferimento esterni.

Nei contratti concordati, art. 2, co.3 della suindicata legge, gli unici limiti ai quali fare riferimento in proposito sono quelli di cui al co.4 dell’art.13 (Patti contrari alla legge), che dispone che “per i contratti di cui al comma 3 dell’articolo 2 è nulla ogni pattuizione volta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello massimo definito, per immobili aventi le medesime caratteristiche e appartenenti alle medesime tipologie, dagli accordi definiti in sede locale”. Una disposizione a tutela dell’inquilino, che mira a garantire che la misura (anche variabile, per l’appunto) del canone di locazione, desumibile dallo statuto locativo redatto per iscritto e registrato, non venga elevata, in corso di rapporto, oltre la fascia di oscillazione massima, fatto salvo l’aggiornamento.

Va tenuto presente, però, che le clausole di questo contratto devono uniformarsi, come si è detto, ad un modello-tipo stabilito da un decreto ministeriale ed integrato con appositi accordi territoriali in sede locale tra le associazioni di categoria. Qualche dubbio potrebbe sorgere dalla lettura dell’art.2 (Canone), il quale dispone di indicare il canone annuo di locazione, secondo quanto stabilito dall’accordo locale: la difficoltà è peraltro superabile con una formulazione che lasci inalterata la struttura della clausola. Un’eventuale difformità formale (non di contenuto) non produce l’invalidità del contratto, sempre che siano rispettati i vincoli fissati in tema di misura massima del canone.

Atteso l’intento di rendere non eccessivamente gravoso il vincolo locativo in capo al conduttore, a fronte delle spese di ristrutturazione da lui affrontate - posto ad esempio un canone che oscilli tra un valore minimo di € 5,40 e un valore massimo di € 6,20 al mq/mese, con superficie dell’appartamento ad esempio pari a 100 mq, - stabilendo tre importi base rispettivamente € 5,40 per il primo anno, € 5,60 per il secondo anno e € 5,80 per il terzo anno della prima tornata contrattuale - il canone di locazione mensile per il primo anno sarebbe pari a € 540,00, € 560,00 per il secondo anno, € 580,00 per il terzo. Al fine di scongiurare possibili contestazioni da parte delle associazioni di categoria riguardo il canone, per togliersi da ogni impaccio, sarebbe bene indicare anche il canone mensile ed annuo medio entro il range disposto dall’accordo (nell’esempio esposto: rispettivamente € 560,00 e € 6.720,00, desumibili dal calcolo [(5,40 + 5,60 + 5,80) : 3)] x 100.

All’interno dello stesso articolo è inoltre importante anche specificare il canone annuo sul quale calcolare l’aggiornamento ISTAT oppure rinunciare al recupero dell’inflazione. A scanso di complicazioni, si consiglia, nell’articolo successivo (Deposito cauzionale) di specificare il canone mensile sul quale parametrare la somma concessa in garanzia per l’adempimento delle obbligazioni scaturenti dal contratto.

Nel caso di specie, l’Amministrazione finanziaria è l’ultimo dei miei problemi: la locazione con canoni differenti è perfino prevista nella casella CASI PARTICOLARI del quadro A (codice 1) del modello di registrazione RLI (che tra una settimana esatta cambierà volto, presentando un nuovo quadro, il quadro E, appositamente dedicato alla locazione con canoni differenti per una o più annualità) e in questo caso – ulteriore dato che rafforza le mie convinzioni - nella casella TIPOLOGIA DI CONTRATTO io posso indicare sia il codice L1 (Locazione abitativa a canone libero) sia il codice L2 (Locazione abitativa agevolata in Comune ad alta tensione abitativa): la presenza del codice 2 – se mi avvalgo del canale telematico - non comporta alcun warning di incongruità, né tantomeno lo scarto in fase di accettazione e di controllo del file.

A me non preoccupa l’Agenzia delle Entrate, preoccupano molto di più le associazioni dei proprietari e degli inquilini che in futuro (nuovo accordo che si basasse sul nuovo decreto ministeriale 2017) potrebbero contestarmi la convenzione locativa concordata che io gli sottopongo, ma al momento a Napoli nessuno mi impone di passare da loro a fare vidimare il contratto.

Quasi dimenticavo. All’ultima domanda, la risposta è affermativa: lasci spirare il tuo vecchio contratto oppure lo risolvi consensualmente con il tuo inquilino, poi ne stipuli un altro libero a nuove condizioni.
 

pino72

Utente
Ok, sempre precisa ed esauriente, comunque vorrei entrare più nel dettaglio per inquadrare una situazione pratica.

L'appartamento da affittare necessiterebbe di lavori di ristrutturazione e in particolare:
A) realizzazione di impianto di riscaldamento autonomo (costo: 5000€);
B) realizzazione di impianto elettrico a norma (costo: 3000€);
C) sostituzione dei pavimenti in alcune stanze (costo: 4000€);
D) imbiancata generale (costo: 2000€).
Supponiamo che il regime di canone concordato consenta di applicare un canone di 8000€ annui, tenendo conto delle condizioni in cui l'appartamento si troverà dopo (attenzione: dico "dopo") la ristrutturazione.

I suddetti lavori di ristrutturazione saranno realizzati in un'unica "sessione", che però con un precontratto (oppure già nel contratto di canone concordato), locatore e conduttore si impegnano a pagare entrambi e in particolare:
il locatore pagherà i lavori A e B (quindi impianti di riscaldamento ed elettrico);
il conduttore pagherà i lavori C e D (quindi pavimenti ed imbiancata) per un totale di 6000€.
A fronte dell'esborso da parte del conduttore, il locatore si impegna ad applicare al canone annuo di 8000€, uno sconto di 6000€/8 = 750€ a fronte di un contratto in canone concordato di durata 6+2, quindi un in definitiva un canone di 7250€.

Credo che una situazione di questo tipo sia pienamente lecita sia sul versante agenzia delle entrate, sia sul versante organizzazioni dei conduttori, semmai sarebbe da capire la modalità migliore per "mettere nero su bianco" la distribuzione di spesa dei lavori: scrittura privata separata o clausola del contratto a canone concordato con decorrenza a fine lavori ?

Ma se il locatore utilizzasse il suddetto sconto per abbassare un canone che altrimenti sforerebbe la forbice della fascia di oscillazione minimo/massimo prevista dalla convenzione locale, sarebbe lecito?
 
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