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libro inventari

Jo-Vinco

Utente
Riferimento: libro inventari

cit:
"
Per consolidato orientamento della Cassazione, in caso di omessa redazione dell'inventario di inizio e
fine esercizio, ovvero anche in assenza delle scritture ausiliarie sui reali movimenti di beni per la
rivendita nell'anno, comprovanti costi e prezzi di vendita delle merci, l'ufficio può procedere ad
accertamento induttivo del reddito d'impresa, ai sensi del secondo comma dell'art. 39 del D.P.R. 29
settembre 1973, n. 600, ricorrendo a presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e
concordanza di cui all'art. 2729 cod. civ. e a fatti noti all'ufficio, come i ricarichi medi per categorie
omogenee di merci vendute nell'anno.
Analogamente, spostandosi sul versante delle imprese in regime di contabilità semplificata, deve ritenersi
legittimo il recupero a tassazione dei ricavi, induttivamente ricostruiti, per la vendita di merci indicate
come rimanenze di magazzino, qualora il contribuente si sia limitato ad enunciare il valore globale di
esse, non ottemperando all'onere della loro specificazione distinta per categorie omogenee di beni.
Ad esempio, nella sentenza n. 15863 del 14.12.2001, la Cassazione ha sancito che​
l'inventario di inizio
e fine esercizio è uno strumento essenziale per ricostruire il movimento delle merci nell'arco dell'anno,
al pari, se non più, delle altre scritture contabili. Quando non sia possibile ricostruire tale movimento o
perché manchi, come nella specie, l'inventario di inizio e quello di fine anno, o anche "in assenza delle
scritture ausiliarie sui reali movimenti di beni per la rivendita nell'anno, comprovanti costi e prezzi di

vendita delle merci", l'ufficio può procedere ad accertamento induttivo del reddito di impresa
. …. Resta
escluso​
che possa ritenersi sufficiente, al fine di ritenere osservato il dovere di tenuta di scritture
ausiliarie, la registrazione di sintesi del libro degli inventari" (Cass. Civ. Sez. I, 11.2.2000, n. 1511).

Le conseguenze sopra esposte, tra l’altro, debbono essere interpretate nel senso che la ricostruzione
induttiva è ammissibile anche qualora l’ufficio disponga di tutti gli elementi necessari per la
determinazione analitica degli imponibili.
Più di recente, la Cassazione è tornata ad occuparsi della questione con la​
[FONT=Tahoma,Bold][FONT=Tahoma,Bold]sentenza n. 8273 del 26
maggio 2003
, ove è stato ribadito il principio ormai noto, con una ulteriore riflessione in merito alla
impossibilità del bilancio di esercizio di surrogarsi alla funzione dell’inventario.
Secondo la ricorrente, infatti,
non può condividersi la tesi dell'Ufficio circa l'omessa tenuta
dell'inventario, in quanto la stesura del bilancio nel libro degli inventari sana - o rende meramente
formale - la violazione cui fa riferimento il processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza,
dal momento che nel bilancio si trovano ricomprese le stesse indicazioni e valutazioni che per legge
devono risultare dal libro degli inventari.
Al riguardo, il parere della Corte è tranciante: la
prospettazione è del tutto inattendibile alla luce della disciplina dettata dall'art. 15 (intitolato
"inventario e bilancio") del D.P.R. n. 600/73 e dall'art. 2217 c.c.. Inventario e bilancio sono scritture
contabili, alla cui redazione la società era tenuta in forza dell'art. 13 D.P.R. n. 600/73. Ma sono due
scritture distinte. In particolare, il bilancio, secondo il codice civile, deve essere redatto all'inizio
dell'esercizio dell'impresa e successivamente ogni anno e "deve contenere l'indicazione e la
valutazione delle attività e delle passività relative all'impresa" (nonché delle attività e passività
dell'imprenditore estranee alla medesima); secondo la norma transitoria citata, deve indicare la
consistenza dei beni raggruppati in categorie omogenee per natura e valore e il valore attribuito a
ciascun gruppo". L'inventario, ai sensi dell'art. 2217 c.c., si chiude con il bilancio e con il conto dei
profitti e delle perdite, il quale deve dimostrare con evidenza e verità gli utili conseguiti o le perdite
subite". Ne consegue che il diverso contenuto e la diversa finalità non consente alcuna

sovrapposizione tra le due scritture.

L’inventario e le distinte di dettaglio svolgono due importanti funzioni a tutela del credito erariale:
1. indicano le quantità dei beni e servizi in rimanenza;
2. indicano il criterio di valorizzazione delle rimanenze, applicato alle quantità fisiche dichiarate.
Le distinte divengono obbligatorie nel momento stesso in cui il contribuente decide di non indicare il
dettaglio specifico sul libro degli inventari oppure sul registro degli acquisti; in tal senso dispone la
stessa norma con uno spirito di agevolazione ed anche – probabilmente - in quanto ipotizzava la
compilazione manuale di un registro, con le ovvie ripercussioni di ordine pratico amministrativo.
Le due funzioni sopra ascritte alle distinte, comportano inevitabilmente che l’incapacità di soddisfarle
(assenza o carenza di indicazione dei criteri di valutazione) portino alle medesime conseguenze
tributarie che si generano nell’ipotesi di mancanza dell’inventario: esperibilità dell’accertamento​
induttivo puro da articolo 39, comma 2 del DPR 600/73.

L’inventario, autonomamente considerato oppure completato dalle distinte di dettaglio, non solo deve
essere presente, ma deve poter essere imputabile all’imprenditore o alla società, aspetto che si ottiene
solamente mediante l’esistenza della sottoscrizione del soggetto abilitato.
La mancanza della firma (sull’inventario e sulle distinte) può, infatti, essere equiparata alla inesistenza
del documento, per carenza della formale assunzione di responsabilità del contenuto dello stesso; si
potrebbe in tal senso evocare, ma il percorso non è piano, l’applicazione dei medesimi criteri già noti
per la dichiarazione annuale dei redditi, ove la mancanza della sottoscrizione viene ad essere sanata
se la firma viene apposta a seguito di formale richiesta degli uffici.
Peraltro, la medesima posizione rigida è stata assunta dalla Cassazione (sentenza n. 2250 del
14.02.2003) anche in relazione alla mancata sottoscrizione delle schede di mastro, evocando un​
adempimento che nemmeno è richiesto dalla normativa"

ciao
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rob62

Utente
Riferimento: libro inventari

ciao,
in effetti il problema del mancato rispetto di queste norme formali è che metti su un piatto d'argento ai verificatori la possibilità di farsi forti senza bisogno di andare a cercare reali riscontri, col rischio di dargli in mano un fattore di "contrattazione", che può divenire pericoloso se hai la sfortuna di capitare in mano ad uno dei rari - ma esistenti come dimostrano le cronache - verificatori non particolarmente cristallini :rolleyes:
Detto questo, la prassi in effetti è quella di sottovalutare molto la questione, tanto che ho recentemente scoperto una divertente contraddizione; un autore di un articolo pubblicato anche in internet, che sosteneva la necessità di massima cura nel dettagliare il bilancio, aveva come cliente un'azienda che da qualche anno seguo io; ebbene, gli inventari erano formati praticamente solo dal bilancio e dalla situazione contabile :dead: (così siamo passati da 12 pagine all'anno a 50)
 

prostaf

Utente
Riferimento: libro inventari

Ciao, ma io non voglio dire che le regole siaano o dicano cose diverse da ciò che dite voi.
L'esempo della sentenza che porti,alberto, mi sembra che si riferisca all'omissione della redazione, poi la corte dice altre cose che bla, bla,bla nn avrebbe potuto dire se l'accertatore non avesse elevato la violazione per non aver trovato l'incombenza quantomeno espletata.
Per poi controbattere la tua giusta evidenziazione che ogni tipo di scrittura ha il suo compito, sono d'accordo, le schede, il libro cespiti ecc. non possono svolgere un ruolo sussidiario all'inventario.
 

prostaf

Utente
Riferimento: libro inventari

Vi ricordo, però, che vi sono sentenze di cassazione del passato, che ahimè io ricordo xchè ho più di venti anni di professione sotto i tacchi, che non hanno consentito l'accertamento induttivo anche nei casi di scritture contabili riportate su carta non bollata, al tempo delle vidimazioni e bollature, purchè dalle stesse fosse possibile agevolmente ricostruire i fatti amministartivi aziendali.

Fermo restando che la mia risposta non voleva essre una disquisizione di diritto tributario o commerciale, per i quali ciò che voi avete detto è assolutamente, e sottolineo assolutamente, giusto, io ritengo che i comportamenti dei più, essendo di ordine pratico, giustifichino l'assoluta e insulsa valenza di un lavoro di 50pagine che non cambia la sostanza.
 

prostaf

Utente
Riferimento: libro inventari

Sono ben altri i motivi che sottendono a un accertamento induttivo, non certo la incompleta o discutibile, sempre discutibile in contenzioso, completezza o carenza di informazioni su di un libro, che solo la miopia o il disinteresse del legislatore non ha ancora eliminato.

Dimenticavo che in alcuni paesi d'europa di questo libro, borbonico, non esiste traccia.

Ciao è sempre un piacere discutere e confrontarsi con tutti voi, colgo l'ccasione per formularvi i migliori e sinceri auguri di buona fine 2008 e meraviglioso 2009

Maurizio
 

rob62

Utente
Riferimento: libro inventari

Ciao Maurizio, purtroppo in Italia ci sono tanti obblighi stupidi ed inutili per cui siamo rinomati in Europa :p
In effetti l'unico vantaggio che si può avere dall'inventario è che hai una motivazione "esterna" per costringere gli impiegati dei clienti a dettagliare i conti patrimoniali. Quante volte il conto debiti diversi, crediti diversi ecc. contengono in realtà "rottami" o partite tipo "non sapevo dove si metteva e allora...", per non parlare di clienti e fornitori, di ratei e risconti lasciati "appesi" ecc.
Se li chiedi direttamente sembra che non ti fidi del loro lavoro :rolleyes: e allora -con la scusa che è necessario per l'inventario - ti fai elencare il dettaglio del contenuto dei conti "a rischio" su dei fogli excel, che poi, messi in fila, fanno 50 pagine da sbattere sotto il muso ai verificatori, fai bella figura col cliente che crede che quelle carte siano indicazione di tanto lavoro fatto (e sai bene che il nostro lavoro è ben altro) e lasci che gli impiegati mandino gli accidenti per le 50 pagine non a te ma all'amministrazione finanziaria (che tanto se li merita "per definizione"); invece se ti contestano la questione formale, seppure senza consistenza, stai tranquillo che il cliente cerca subito di buttarti la croce addosso del tipo "eh, però, anche lei insomma ...") :mad:
Purtroppo spesso bisogna fare di necessità (formale) virtù, anche se - appena posso - seguo anch'io la tua tesi che l'importante sono i contenuti e non le forme.
buon anno anche a te
Roberto
 

Jo-Vinco

Utente
Riferimento: libro inventari

cmq sia, se uno pensa che basta l'omessa indicazione in inventario del metodo utilizzato per valorizzare le rimanenze..

ciao, buon anno a tutti..
 

prostaf

Utente
Riferimento: libro inventari

E' tutto vero, purtroppo, ma in qualche modo bisogna difendersi dai lavori ottusi, per le rimanenze hai ragione, ma molto spesso i clienti non tengono il magazzino e quelli sono cavoli loro, dove è tenuto si può sempre dimostrare come sono stati fatti i calcoli e le valutazioni, è magra consolazione, ma è sopravvivenza.....

Di nuovo auguri a tutti e sempre ok per il confronto

Ciao
 
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