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lavoro all'estero ma proprietario di casa in italia... e le tasse?

zia ross

Utente
lavoro in inghilterra da circa un anno per una societa' inglese e non mi sono ancora iscritta all'AIRE.
l'anno scorso ho versato i contributi qui in UK come lavoratore dipendente e poi "saldato" la differenza in italia.
quest'anno volevo evitare di dover pagare la doppia tassazione spostando la residenza qui, ma un paio di mesi fa ho co-ereditato una casa in italia (attualmente e' disabitata ma verra' messa in affitto dal 2012) per la quale dovro' pagare delle tasse.
sapete dirmi se questa proprieta' in italia mi si somma al reddito estero e quindi comunque dovro' pagare tutte le tasse (comprese quelle di reddito da lavoro dipendente) in italia? posso pagare solo la casa in italia (irpef ici...) e non dichiarare quello che gia' dichiaro in UK?
nel caso in cui non dovessi pagare in italia le tasse sullo stipendio... se mi iscrivo ora all'aire anche se risiedo e lavoro all'estero gia' dall'inizio dell'anno fiscale italiano (e anche inglese), devo comunque pagare le tasse italiane da gennaio ad oggi o riesco a far valere l'intero anno fiscale all'estero?
grazie mille!
\\ zia ross
 

Luigia

Amministratore
I redditi degli immobili vanno sempre dichiarati nel luogo dove sono e quindi in questo caso in italia anche se Lei ha la residenza all'estero.
La problematica dei redditi conseguiti all'estero è staccata dal fatto che Lei ha un immobile, anche se deve approfondire non solo qual'è la sua residenza ma anche qual'è il suo centro di interessi.
 

Luigia

Amministratore
Le riporto un estratto della circolare della Guardia di Finanza che detta istruzioni ai finanzieri su come fare le verifiche e come intendono la residenza.

"In tale contesto, va in primo luogo evidenziato che la circolare ministeriale del 2 dicembre 1997, n. 304/E, ha a suo tempo chiarito che la cancellazione dall'anagrafe della popolazione residente e l'iscrizione all'AIRE, non costituiscono elementi determinati per escludere il domicilio o la residenza nello Stato, ben potendo questi ultimi essere desunti con ogni mezzo di prova anche in contrasto con le risultanze dei registri anagrafici.
Mentre, pertanto, l'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente rappresenta, da sola, presupposto per essere considerati residenti in Italia, quella nell'AIRE costituisce condizione necessaria ma non sufficiente per essere considerati non residenti, dovendo comunque farsi riferimento al citato art. 43 c.c., che, come si è accennato, definisce il domicilio di una persona come il luogo in cui essa ha stabilito la sede dei suoi affari e interessi e la residenza come il luogo in cui la persona ha la dimora abituale; ai sensi dell'art. 2, comma 2, del TUIR, tali nozioni sono alternativamente rilevanti, nel senso che, per stabilire la residenza fiscale, è sufficiente la ricorrenza di una soltanto.
La citata circolare n. 304/E, sulla base delle indicazioni giurisprudenziali, ha precisato che la dimora abituale è caratterizzata dal dato oggettivo della permanenza in un dato luogo e dall'elemento soggettivo di volersi stabilire in quel luogo stesso, integrando una situazione giuridica qualificata dalla volontà di stabilire e conservare in un certo luogo la sede principale dei propri affari ed interessi, che, pertanto, prescinde dall'effettiva presenza fisica del soggetto; ne consegue che la locuzione "affari ed interessi" di cui al citato art. 43 c.c. va intesa in senso ampio, comprensivo, come successivamente ribadito anche dalla risoluzione dell'Agenzia delle Entrate 7 agosto 2008, n. 351/E, non solo di rapporti di natura patrimoniale ed economica, ma anche morali, sociali e familiari."
 
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