News Pubblicata il 16/11/2018

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Indennità di licenziamento: pubblicata la sentenza della Consulta

Le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale, già annunciata, sui criteri per determinare l’indennità per licenziamento illegittimo



E' stata pubblicata la sentenza della Corte Costituzionale n. 194 dell' 8 novembre 2018, le cui conclusioni  erano state diffuse qualche settimana fa, in cui si dichiara incostituzionale il criterio di determinazione dell’indennità spettante al lavoratore ingiustamente licenziato ancorato solo all’anzianità di servizio – previsto dall’articolo 3, comma 1, del d.lgs. 23/2015 e confermato dal cosiddetto “decreto dignità”.

Il meccanismo di quantificazione – un “importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio” – afferma la Consulta, rende infatti l’indennità “rigida” e “uniforme” per tutti i lavoratori con la stessa anzianità, così da farle assumere i connotati di una liquidazione “forfetizzata e standardizzata” del danno derivante al lavoratore dall’ingiustificata estromissione dal posto di lavoro a tempo indeterminato.

Pertanto, il giudice, nell’esercitare la propria discrezionalità nel rispetto dei limiti, minimo (4, ora 6 mensilità) e massimo (24, ora 36 mensilità), dell’intervallo in cui va quantificata l’indennità, dovrà tener conto non solo dell’anzianità di servizio – criterio che ispira il disegno riformatore del 2015 – ma anche degli altri criteri “desumibili in chiave sistematica dall’evoluzione della disciplina limitativa dei licenziamenti (numero dei dipendenti occupati, dimensioni dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti)”.

Secondo i giudici delle leggi  la disposizione  "contrasta anzitutto con il principio di eguaglianza, sotto il profilo dell’ingiustificata omologazione di situazioni diverse (...)  l’esperienza mostra che il pregiudizio prodotto dal licenziamento ingiustificato dipende da una pluralità di fattori – e che questa pluralità è stata sempre valorizzata dal legislatore. La tutela risarcitoria prevista dalla disposizione denunciata si discosta, però, da questa impostazione perché ancora l’indennità all’unico parametro dell’anzianità di servizio. Così facendo, finisce col prevedere una misura risarcitoria uniforme, indipendente dalle peculiarità e dalla diversità delle vicende dei licenziamenti intimati dal datore di lavoro, venendo meno all’esigenza di personalizzazione del danno subito dal lavoratore, anch’essa imposta dal principio di eguaglianza.

L’articolo 3 contrasta anche con il principio di ragionevolezza,  nel senso che non costituisce "adeguato ristoro del concreto pregiudizio subito dal lavoratore a causa del licenziamento illegittimo e un’adeguata dissuasione del datore di lavoro dal licenziare illegittimamente (..) e mostra la sua incongruenza soprattutto nei casi di anzianità di servizio non elevata, come nel giudizio principale. In tali casi, appare ancor più inadeguato il ristoro del pregiudizio causato dal licenziamento illegittimo, senza che a ciò possa sempre ovviare la previsione della misura minima dell’indennità di 4 mensilità (6 con il decreto Dignità)  .

Pertanto, l’articolo 3, comma 1, del d.lgs. n. 23/2015 non realizza un equilibrato componimento degli interessi in gioco: la libertà di organizzazione dell’impresa da un lato e la tutela del lavoratore ingiustamente licenziato dall’altro.

La Corte afferma infine che : “Il forte coinvolgimento della persona umana (…) qualifica il diritto al lavoro come diritto fondamentale, cui il legislatore deve guardare per apprestare specifiche tutele“. La disposizione censurata viola, infine, gli articoli 76 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’articolo 24 della Carta sociale europea, secondo cui, per assicurare l’effettivo esercizio del diritto a una tutela in caso di licenziamento, le parti contraenti si impegnano a riconoscere “il diritto dei lavoratori, licenziati senza un valido motivo, a un congruo indennizzo o altra adeguata riparazione“.

Fonte: Corte Costituzionale



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