Speciale Pubblicato il 18/12/2020

Tempo di lettura: 4 minuti

Operazioni inesistenti: il costo è deducibile a certe condizioni

di Dott. Giuseppe Di Franco

Fatture per operazioni soggettivamente inesistenti: il costo è deducibile… a precise condizioni



Nel ribadire principi già espressi nella recente giurisprudenza, la Corte di Cassazione ha recentemente riconosciuto il diritto del contribuente a dedurre i costi indicati in fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, a condizione però che tali costi non siano in contrasto con i generali principi di effettività, inerenza, competenza, certezza e determinatezza o determinabilità oppure che gli stessi non risultino relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo.

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Fatture per operazioni soggettivamente inesistenti: definizione

Nel nostro ordinamento il legislatore ha fornito la definizione di fatture emesse per operazioni inesistenti nel corpo del D.Lgs. n. 74/2000 e più precisamente alla lett. a) dell’art. 1 di questo decreto: “Per "fatture o altri documenti per operazioni inesistenti" si intendono le fatture o gli altri documenti aventi rilievo   probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di  operazioni non realmente effettuate in  tutto   o  in  parte   o  che  indicano   i corrispettivi o l'imposta sul valore aggiunto in misura  superiore   a quella reale, ovvero che riferiscono l'operazione a soggetti  diversi da quelli effettivi”.

Come è facile desumere dalla specificazione dell’inesistenza delle operazioni riferite ai documenti fiscali in argomento, la stessa può essere oggettiva nel caso in cui le operazioni descritte in fattura non sono state realmente effettuate (in tutto o in parte), mentre l’inesistenza si considera soggettiva quando pur essendo genuina l’operazione descritta nel documento fiscale, i soggetti ivi indicati non sono in realtà quelli tra i quali l’operazione è avvenuta.

Oggetto del ricorso in Cassazione

Con l’ordinanza n. 21706 del 08 ottobre 2020 la Corte di Cassazione ha affrontato il caso di una società di capitali che ha presentato ricorso per l’essersi vista contestare, da parte dell’Agenzia delle Entrate, il diritto a portare in deduzione costi pagati a fronte di fatture soggettivamente false, ovverosia fatture emesse da soggetti differenti rispetto a quelli che avevano realmente ceduto i beni o fornito i servizi ottenuti dalla società ricorrente. 

Sul fatto che le operazioni descritte nei documenti fiscali fossero state ritenute soggettivamente false, in quanto come detto effettuate da soggetti giuridici differenti rispetto a quelli indicati nei documenti stessi, secondo la tesi difensiva della società ricorrente era già stata fornita la prova che le aziende ritenute falsamente indicate nelle fatture erano in realtà gli effettivi destinatari delle operazioni contestate e pertanto non poteva essere negato il diritto della ricorrente a dedurre i costi indicati nelle fatture in questione. 

Decisione dei giudici

Sul punto oggetto di ricorso i giudici di Piazza Cavour hanno preliminarmente affermato che nel caso di operazioni soggettivamente false è onere dell’Amministrazione finanziaria fornire la prova che il contribuente a cui si contesta la deduzione dei costi indicati nei documenti fiscali o la detrazione dell’IVA indicata nelle fatture ritenute false, sapesse o potesse sapere (con l’uso della diligenza media), nel momento in cui procedeva all’acquistato di un dato bene o di un certo servizio, che le operazioni descritte in fattura rientravano in un’evasione o in una frode.

Va pertanto provato, a cura del Fisco, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in un’evasione dell’imposta. Prova che può essere fornita anche in via presuntiva, dimostrando, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza dell’inesistenza del contraente.

Qualora l’Amministrazione finanziaria riesca a provare tale consapevolezza del contribuente, l’onere della prova viene ribaltato sul contribuente stesso, che deve quindi dimostrare la sua estraneità nel coinvolgimento in operazioni volte ad evadere l’imposta.

Con particolare riguardo al tema delle imposte sui redditi, in questo arresto la Cassazione ha stabilito che i costi effettivamente sostenuti e riferiti ad operazioni soggettivamente false sono deducibili anche nell’ipotesi in cui l’acquirente risulti consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, a condizione però che tali costi non risultino essere stati dedotti in contrasto con i generali principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità previsti in via generale dall’art. 109 del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 (T.U.I.R.), ovvero relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo.

In riferimento, invece, all’ambito IVA, mantenendo il crinale di un percorso giurisprudenziale precedente (Corte di Cassazione sentenza n. 20060 del 07.10.2015 e sentenza n. 7672 del 16.05.2012), nell’ordinanza in rassegna gli ermellini hanno affermato che va ritenuto precluso il diritto alla detrazione dell’imposta nel caso di emissione di fatture per operazioni inesistenti anche se solo sotto il profilo soggettivo, in quanto la falsa indicazione di uno dei soggetti intervenuti nell’operazione determina l’evasione del tributo relativo alla diversa operazione effettivamente realizzata tra altri soggetti.



TAG: Riforma Giustizia Tributaria e Processo Telematico 2024