Speciale Pubblicato il 28/01/2020

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Le ritenute vanno versate anche se l’impresa è in crisi irreversibile

di Dott. Giuseppe Di Franco

L’impossibilità dell’impresa in crisi di versare al fisco le imposte dovute non può essere rappresentata genericamente per escludere la punibilità.



La Corte di  Cassazione ha recentemente affermato che la situazione di impossibilità ad effettuare i versamenti di ritenute a causa di crisi di impresa non può escludere il reato di “Omesso versamento di ritenute dovute o certificate” soprattutto se la rappresentazione di tale situazione avviene in modo generico e non puntuale.

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Omesso versamento e crisi d'impresa.

Con la sentenza n. 238 del 08.01.2020 la Corte di Cassazione, Sez. III ha affermato che la situazione di impossibilità ad effettuare i versamenti di ritenute a causa di crisi di impresa non può essere ritenuta una scriminante alla configurazione del reato di “Omesso versamento di ritenute dovute o certificate” di cui all’art. 10-bis del D.Lgs. n. 74/2000, soprattutto se la rappresentazione di tale situazione avviene in modo generico e non puntuale.

Con un arresto dei primi del 2020 gli ermellini hanno statuito che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, diretta e per equivalente, disposto per la commissione del reato di cui all’art. 10-bis del D.Lgs. n. 74/2000, è giustificato dalla manifestazione del dolo generico quale elemento psicologico del delitto commesso e per far sì che eventuali situazioni di dissesto finanziario possano essere ritenute idonee a scriminare l’omesso versamento, le stesse vanno dimostrate con evidenze fattuali.

La vicenda.

Nel caso di specie la Corte ha esaminato il ricorso presentato dal rappresentante legale di una Srl, il quale era stato destinatario di un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, diretta e per equivalente, disposta in relazione al reato di “Omesso versamento di ritenute dovute e certificate” per gli anni d’imposta 2015 e 2016.
Tra i motivi del ricorso, l’imputato deduceva l’inosservanza o erronea applicazione dell’art. 10-bis per non essere stato escluso il dolo richiesto per la configurazione del reato omissivo in questione, evidenziando in tal senso che a causa di un disavanzo di oltre 4,8 milioni di euro tra ricavi e costi nel quadriennio 2014-2018, era stato impossibilitato a pagare le imposte dovute per la situazione di illiquidità e per l’estrema crisi in cui verteva l’impresa.

La decisione della Corte.

Sul punto la Suprema Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza e genericità. Gli ermellini hanno affermato, seguendo un consolidato orientamento giurisprudenziale, che in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, viene demandata al giudice una valutazione sommaria in ordine al “fumus” del reato ipotizzato relativamente a tutti gli elementi del delitto stesso. Cosicché è lo stesso giudice che può rilevare anche la carenza dell’elemento soggettivo, ma a condizione che ciò emerga con immediata evidenza.

La Cassazione ha inoltre osservato che “E' parimenti pacifico che il reato di omesso versamento, da parte del sostituto d'imposta, delle ritenute operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti si consuma alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione annuale, in quanto è solo con il maturare di tale termine che si verifica l'evento dannoso per l'erario, previsto dalla fattispecie penale, ed è punibile a titolo di dolo generico, richiedendo la mera consapevolezza della condotta omissivo1 aggiungendo che laddove si tratti di reato punito a titolo di dolo generico, per giustificare l’adozione di una misura cautelare reale come il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, diretta e per equivalente, disposta in relazione al reato di “Omesso versamento di ritenute dovute e certificate” qui in rassegna, è sufficiente dare atto dei dati di fatto che non permettono di escludere nell’immediato la sussistenza di tale elemento2, mentre rimane un onere di chi voglia dedurre la violazione di legge specificare le ragioni dell’erroneità di tale valutazione.

Con riguardo, poi, al ricorso all’attenzione della Cassazione, i giudici, seguendo il percorso argomentativo già espresso dal Tribunale di Roma, hanno osservato come di fatto non fosse possibile ravvisare la difficoltà idonea a scriminare l’omesso versamento, trattandosi tra l’altro di ritenute certificate, ovvero di somme non versate ma che dovevano considerarsi già in possesso dell’imprenditore.

Oltre a ciò la Corte ha altresì osservato che la situazione di impossibilità ad effettuare i versamenti era stata rappresentata in sede di riesame e dinanzi ai giudici della Cassazione in modo del tutto generico, avendo fatto riferimento soltanto al Conto Economico ed al relativo disavanzo in un periodo, complessivamente considerato, ben più ampio di quello in cui sono state poste in essere le condotte omissive illecite. Situazione che, ad avviso dei giudici di legittimità, non può essere considerata idonea a far emergere l’assenza del dolo.



1. Così Corte di Cassazione, Sez. III, Sentenza n. 25875 del 26.05.2010. L'orientamento ha trovato autorevole conferma nella decisione delle Sezioni Unite con la Sentenza n. 37425 del 28.03.2013.

2. Cfr. Corte di Cassazione, Sez. III, Sentenza n. 26007 del 05.04.2019.



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