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phone center

R

remigio

Ospite
sarei grato se qualcuno mi indicasse le modalità di gestione ai fini fiscali di un centro telefonico così costituito:

centro in cui si gestiscono telefonate sia nazionali che internazionali in cui il gestore è la telecom che mensilmente fattura con iva il servizio fornito al centro(best Way).
Si chiede in particolare se gli incassi relativi alla "rivendita" del servizio è soggetto a iva (e con quale aliquota ? 20% - o 10% di cui all'art.123-bis tabella A parte III) oppure l'iva è assolta all'rigine così come prevista dal DM 366 del 24/10/2000 articolo 4
 
P

Pagliuca

Ospite
Le attività eseguite dall’impresa individuale rappresentano prestazioni di intermediazione
realizzate nell’ambito del settore dei servizi di telecomunicazioni. In sostanza, il soggetto
residente consente agli utenti l’utilizzazione degli apparati di telecomunicazione fissa, attraverso la trasmissione di suoni o informazioni di qualsiasi natura tramite cavo telefonico.
Come esposto nel quesito, l’impresa nazionale effettua il servizio di “phone center” attraverso “traffici telefonici prepagati” venduti da società di telecomunicazione domiciliate fuori dalla UE
Ad avviso di chi scrive, le prestazioni in oggetto rilevano ai fini IVA in quanto si verifica il presupposto territoriale (oltre a quello soggettivo ed oggettivo). Infatti, ai sensi della lett. d), c. 4, art. 7 del D.P.R. 26.10.1972, n. 633, le prestazioni di servizi di telecomunicazioni si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese (da chiunque, cioè da soggetti passivi ITA, CEE o extraCee):
• a soggetti domiciliati nel territorio stesso (il domicilio di una persona è nel luogo in cui è
stabilita la sede principale dei suoi affari e interessi, ai sensi dell’art. 43 del Codice Civile);
• a soggetti ivi residenti che non hanno stabilito il domicilio all’estero;
• quando sono rese a stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati o residenti all’estero, a meno che non siano utilizzate fuori dalla Comunità Europea.
La deroga al principio formalizzata nel testo di legge (a meno che non siano utilizzate fuori
dalla Comunità Europea), impone di analizzare il concetto di utilizzo del servizio di telecomunicazioni in Italia, tenuto conto che è stato precisato, altresì, che le chiamate riguardano prevalentemente Paesi extracomunitari.
A tale riguardo, appare risolutivo il richiamo al secondo capoverso della lett. f-bis), c. 4
dell’art. 7, D.P.R. n. 633 del 1972, che considera i servizi di telecomunicazione “utilizzati nel
territorio dello Stato, se in partenza dallo stesso”, anche se sotto forma di chiamata di ritorno, oppure ivi richiesti o pagati (C.M. 24.12.1997, n. 328, par. 10.1 - Ambito soggettivo).
Da quanto emerge dalla ricostruzione normativa testé operata, il servizio di “phone center” eseguito dall’impresa italiana, attraverso società di gestione di comunicazioni domiciliate fuori
dalla CEE, a favore di utenti domiciliati nel territorio dello Stato è rilevante, ai fini IVA, in
Italia.
Esaurita tale premessa, si osserva quanto segue.
In primo luogo, si chiede se i corrispettivi addebitati dall’impresa italiana agli utenti del
servizio sono soggetti ad IVA, ovvero esclusi.
La lett. d), c. 1, dell’art. 74, D.P.R. 633/1972, prevede, in deroga alle disposizioni dei titoli
I e II del decreto, l’assoggettamento ad imposta “per le prestazioni dei gestori di telefoni posti a disposizione del pubblico dal titolare della concessione o autorizzazione ad esercitare i servizi, sulla base del corrispettivo dovuto dall’utente”.
Soggetto passivo nel regime monofase, di cui all’art. 74 del D.P.R. n. 633/1973, è dunque il
titolare della concessione o autorizzazione o licenza ad esercitare la fornitura del servizio di
telecomunicazione.
Nel caso in esame, la società di telecomunicazioni estera dovrà
assolvere l’imposta tramite rappresentante fiscale, sulla base di registrazioni automatizzate
appositamente predisposte su supporti magnetici o di immagini, riportanti le risultanze fornite
periodicamente dagli appositi organi di rilevazione del traffico e recanti l’indicazione dell’ammontare
dei corrispettivi e della relativa IVA. Il titolare della concessione o dell’autorizzazione,
con il pagamento dell’imposta sulla base del corrispettivo dovuto dall’utente, assolve
altresì l’IVA, afferente i compensi comunque denominati riconosciuti dal titolare stesso ai
soggetti terzi, per i servizi relativi alla gestione dei posti ed apparati pubblici di telecomunicazioni
e per le operazioni connesse, nonché quelli relativi alla distribuzione, vendita,
abilitazione e riabilitazione dei mezzi tecnici (Cfr. C.M. n. 328 del 1997).
Per l’impresa individuale italiana, a fronte dei servizi resi attraverso i telefoni messi a
disposizione del pubblico, l’imposta dovuta non deve essere evidenziata nei documenti eventualmente rilasciati agli utenti, separatamente dal corrispettivo, in considerazione dell’indetraibilità
dell’IVA nel sistema monofase, basato sull’obbligo di assolvimento del tributo che grava
unicamente sul titolare della concessione o soggetto autorizzato (C.M. n. 328 del 1997, par.
10.1.3.).
In definitiva, per gli introiti provenienti dai clienti che fruiscono dei servizi di telecomunicazione
fissa, l’impresa italiana dovrà emettere una semplice ricevuta commerciale o, in alternativa, una
fattura esclusa dal campo IVA, ai sensi dell’art. 74, c. 1, lett. d), valide unicamente per la
certificazione del costo ai fini reddituali.
Ai fini dell’imposta di bollo, restano esenti le ricevute emesse anche per un importo superiore
a Lit. 150.000, se contengono l’esplicita indicazione che trattasi di operazione assoggettata
ad imposta monofase, ai sensi dell’art. 6, c. 2 della Tabella, allegato B, al D.P.R. 26.10.1972,
n. 642 (R.M. 11.04.1990, n. 390206).
Relativamente alla seconda parte del quesito, si chiede di valutare se l’assoggettamento ad IVA
dipenda dalla nazionalità del fornitore dei servizi di telecomunicazioni.
Come già anticipato, le prestazioni di servizi di telecomunicazione si considerano effettuate
nel territorio dello Stato quando sono rese (da chiunque, cioè da soggetti passivi italiani, Cee
o extraCee) a soggetti domiciliati nel territorio stesso.
Le stesse prestazioni sono attratte nel regime IVA monofase, di cui all’art. 74, c. 1, lett. d)
del D.P.R. 633/1972, secondo cui il soggetto passivo dell’imposta (italiano, comunitario o
extra comunitario) è il titolare della concessione che permette l’utilizzazione degli apparati di
telecomunicazione fissa da parte degli utenti, ed assolve l’imposta secondo le modalità di cui
agli artt. 4, 5 e 6 del D.M. 366/2000.
Conseguentemente, nessun adempimento ai fini IVA è richiesto all’intermediario, al negoziante
o al distributore, venditori dei cosiddetti “mezzi tecnici” necessari all’utente per fruire dei
servizi.
Per completezza si segnala che, in forza di quanto stabilito dal c. 6 dell’art. 4 del D.M. 366/
2000, qualora il titolare della concessione, autorizzazione o licenza individuale o, comunque,
l’esercente dei servizi di telecomunicazioni domiciliato o residente nei territori esclusi a norma
del c. 1, lett. a) dell’art. 7 del D.P.R. 633/1972, privo di stabile organizzazione in Italia, non
abbia nominato un rappresentante, ai sensi del c. 2 dell’art. 17 del medesimo decreto, gli
obblighi relativi all’applicazione dell’imposta sono assolti dai soggetti terzi che provvedono
alla vendita o distribuzione dei mezzi tecnici in Italia, definiti servizi di telecomunicazioni.
Si è dell’avviso, pertanto, coerentemente con l’analogo orientamento espresso dalla C.M. 328/
1997, par. 10.1.1, che in caso di mancata nomina del rappresentante fiscale da parte della
società di telecomunicazioni non residente, gli obblighi d’imposta (registrazioni, liquidazioni
e versamenti), posti, di regola, a carico del titolare della concessione o del soggetto
autorizzato, dovranno essere eseguiti dall’impresa individuale italiana, con le modalità
ed i termini di cui all’art. 74, c. 4, del D.P.R. 633/1972 e degli artt. 4, 5 e 6 del D.M. 366/
2000.
Relativamente alla terza parte del quesito, si conferma che l’impresa italiana esercente attività
di “phone center” non è obbligata a certificare il servizio reso attraverso l’emissione di
scontrino o ricevuta fiscale, essendo sufficiente unicamente una ricevuta commerciale che,
tuttavia, non distingua il corrispettivo dall’imposta dovuta.
La fattura commerciale, in ogni caso, non deve essere emessa, così come previsto dall’art. 4,
c. 4 del D.M. 366/2000.
Le attività eseguite dall’impresa individuale rappresentano prestazioni di intermediazione
realizzate nell’ambito del settore dei servizi di telecomunicazioni. In sostanza, il soggetto
residente consente agli utenti l’utilizzazione degli apparati di telecomunicazione fissa, attraverso
la trasmissione di suoni o informazioni di qualsiasi natura tramite cavo telefonico.
Come esposto nel quesito, l’impresa nazionale effettua il servizio di “phone center” attraverso
“traffici telefonici prepagati” venduti da società di telecomunicazione domiciliate fuori dalla
UE (in particolare, nella Repubblica di San Marino).
Ad avviso di chi scrive, le prestazioni in oggetto rilevano ai fini IVA in quanto si verifica il
presupposto territoriale (oltre a quello soggettivo ed oggettivo). Infatti, ai sensi della lett. d),
c. 4, art. 7 del D.P.R. 26.10.1972, n. 633, le prestazioni di servizi di telecomunicazioni si
considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese (da chiunque, cioè da soggetti
passivi ITA, CEE o extraCee):
• a soggetti domiciliati nel territorio stesso (il domicilio di una persona è nel luogo in cui è
stabilita la sede principale dei suoi affari e interessi, ai sensi dell’art. 43 del Codice Civile);
• a soggetti ivi residenti che non hanno stabilito il domicilio all’estero;
• quando sono rese a stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati o residenti all’estero,
a meno che non siano utilizzate fuori dalla Comunità Europea.
La deroga al principio formalizzata nel testo di legge (a meno che non siano utilizzate fuori
dalla Comunità Europea), impone di analizzare il concetto di utilizzo del servizio di telecomunicazioni
in Italia, tenuto conto che è stato precisato, altresì, che le chiamate riguardano
prevalentemente Paesi extracomunitari.
A tale riguardo, appare risolutivo il richiamo al secondo capoverso della lett. f-bis), c. 4
dell’art. 7, D.P.R. n. 633 del 1972, che considera i servizi di telecomunicazione “utilizzati nel
territorio dello Stato, se in partenza dallo stesso”, anche se sotto forma di chiamata di ritorno,
oppure ivi richiesti o pagati (C.M. 24.12.1997, n. 328, par. 10.1 - Ambito soggettivo).
Da quanto emerge dalla ricostruzione normativa testé operata, il servizio di “phone center”
eseguito dall’impresa italiana, attraverso società di gestione di comunicazioni domiciliate fuori
dalla CEE, a favore di utenti domiciliati nel territorio dello Stato è rilevante, ai fini IVA, in
Italia.
Esaurita tale premessa, si osserva quanto segue.
In primo luogo, si chiede se i corrispettivi addebitati dall’impresa italiana agli utenti del
servizio sono soggetti ad IVA, ovvero esclusi.
La lett. d), c. 1, dell’art. 74, D.P.R. 633/1972, prevede, in deroga alle disposizioni dei titoli
I e II del decreto, l’assoggettamento ad imposta “per le prestazioni dei gestori di telefoni posti
a disposizione del pubblico dal titolare della concessione o autorizzazione ad esercitare i
servizi, sulla base del corrispettivo dovuto dall’utente”.
UESITO rubriche
Soggetto passivo nel regime monofase, di cui all’art. 74 del D.P.R. n. 633/1973, è dunque il
titolare della concessione o autorizzazione o licenza ad esercitare la fornitura del servizio di
telecomunicazione.
Nel caso in esame, la società di telecomunicazioni estera (Repubblica di San Marino) dovrà
assolvere l’imposta tramite rappresentante fiscale, sulla base di registrazioni automatizzate
appositamente predisposte su supporti magnetici o di immagini, riportanti le risultanze fornite
periodicamente dagli appositi organi di rilevazione del traffico e recanti l’indicazione dell’ammontare
dei corrispettivi e della relativa IVA. Il titolare della concessione o dell’autorizzazione,
con il pagamento dell’imposta sulla base del corrispettivo dovuto dall’utente, assolve
altresì l’IVA, afferente i compensi comunque denominati riconosciuti dal titolare stesso ai
soggetti terzi, per i servizi relativi alla gestione dei posti ed apparati pubblici di telecomunicazioni
e per le operazioni connesse, nonché quelli relativi alla distribuzione, vendita,
abilitazione e riabilitazione dei mezzi tecnici (Cfr. C.M. n. 328 del 1997).
Per l’impresa individuale italiana, a fronte dei servizi resi attraverso i telefoni messi a
disposizione del pubblico, l’imposta dovuta non deve essere evidenziata nei documenti eventualmente
rilasciati agli utenti, separatamente dal corrispettivo, in considerazione dell’indetraibilità
dell’IVA nel sistema monofase, basato sull’obbligo di assolvimento del tributo che grava
unicamente sul titolare della concessione o soggetto autorizzato (C.M. n. 328 del 1997, par.
10.1.3.).
In definitiva, per gli introiti provenienti dai clienti che fruiscono dei servizi di telecomunicazione
fissa, l’impresa italiana dovrà emettere una semplice ricevuta commerciale o, in alternativa, una
fattura esclusa dal campo IVA, ai sensi dell’art. 74, c. 1, lett. d), valide unicamente per la
certificazione del costo ai fini reddituali.
Ai fini dell’imposta di bollo, restano esenti le ricevute emesse anche per un importo superiore
a Lit. 150.000, se contengono l’esplicita indicazione che trattasi di operazione assoggettata
ad imposta monofase, ai sensi dell’art. 6, c. 2 della Tabella, allegato B, al D.P.R. 26.10.1972,
n. 642 (R.M. 11.04.1990, n. 390206).
Relativamente alla seconda parte del quesito, si chiede di valutare se l’assoggettamento ad IVA
dipenda dalla nazionalità del fornitore dei servizi di telecomunicazioni.
Come già anticipato, le prestazioni di servizi di telecomunicazione si considerano effettuate
nel territorio dello Stato quando sono rese (da chiunque, cioè da soggetti passivi italiani, Cee
o extraCee) a soggetti domiciliati nel territorio stesso.
Le stesse prestazioni sono attratte nel regime IVA monofase, di cui all’art. 74, c. 1, lett. d)
del D.P.R. 633/1972, secondo cui il soggetto passivo dell’imposta (italiano, comunitario o
extra comunitario) è il titolare della concessione che permette l’utilizzazione degli apparati di
telecomunicazione fissa da parte degli utenti, ed assolve l’imposta secondo le modalità di cui
agli artt. 4, 5 e 6 del D.M. 366/2000.
Conseguentemente, nessun adempimento ai fini IVA è richiesto all’intermediario, al negoziante
o al distributore, venditori dei cosiddetti “mezzi tecnici” necessari all’utente per fruire dei
servizi.
Per completezza si segnala che, in forza di quanto stabilito dal c. 6 dell’art. 4 del D.M. 366/
2000, qualora il titolare della concessione, autorizzazione o licenza individuale o, comunque,
l’esercente dei servizi di telecomunicazioni domiciliato o residente nei territori esclusi a norma
del c. 1, lett. a) dell’art. 7 del D.P.R. 633/1972, privo di stabile organizzazione in Italia, non
abbia nominato un rappresentante, ai sensi del c. 2 dell’art. 17 del medesimo decreto, gli
obblighi relativi all’applicazione dell’imposta sono assolti dai soggetti terzi che provvedono
alla vendita o distribuzione dei mezzi tecnici in Italia, definiti servizi di telecomunicazioni.
Si è dell’avviso, pertanto, coerentemente con l’analogo orientamento espresso dalla C.M. 328/
1997, par. 10.1.1, che in caso di mancata nomina del rappresentante fiscale da parte della
società di telecomunicazioni non residente, gli obblighi d’imposta (registrazioni, liquidazioni
e versamenti), posti, di regola, a carico del titolare della concessione o del soggetto
autorizzato, dovranno essere eseguiti dall’impresa individuale italiana, con le modalità
ed i termini di cui all’art. 74, c. 4, del D.P.R. 633/1972 e degli artt. 4, 5 e 6 del D.M. 366/
2000.
Relativamente alla terza parte del quesito, si conferma che l’impresa italiana esercente attività
di “phone center” non è obbligata a certificare il servizio reso attraverso l’emissione di
scontrino o ricevuta fiscale, essendo sufficiente unicamente una ricevuta commerciale che,
tuttavia, non distingua il corrispettivo dall’imposta dovuta.
La fattura commerciale, in ogni caso, non deve essere emessa, così come previsto dall’art. 4,
c. 4 del D.M. 366/2000.
 
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