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<HTML>leggi questo.....
"ACQUISTO DI BEVANDE PER I DIPENDENTI
Art. 19, 19-bis1, lett. f), D.P.R. 26.10.1972 n. 633 - Artt. 50, 65 D.P.R. 22.12.1986 n. 917 - C.M. 24.12.1997 n. 328/E - R.M. 17.09.1998 n. 148/E - C.T.P. di Milano, Sez. I, sent. 31.03.1999 n. 579/1/99
SOMMARIO

SCHEMA RIEPILOGATIVO
ASPETTI IVA
DEDUZIONE AI FINI IMPOSTE DIRETTE
Nell’esercizio dell’attività economica gli imprenditori e gli artisti o professionisti sostengono normalmente le spese per l’acquisto di bevande – ad esempio acqua minerale, bibite, caffè, tè - che sono consumate gratuitamente dai dipendenti nel corso della loro giornata lavorativa all’interno dei locali di lavoro.
L’erogazione delle bevande ai dipendenti dell’azienda, o dello studio artistico o professionale, può avvenire sia in forma libera, sia attraverso l’utilizzo di appositi distributori automatici collocati all’interno dei locali.
A tale riguardo ci si domanda se il soggetto passivo possa esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA pagata in via di rivalsa sulle fatture emesse dal fornitore delle bevande e se sia consentito ammettere in deduzione dal reddito imponibile il costo
sostenuto.
SCHEMA RIEPILOGATIVO
ACQUISTO DI BEVANDE DA FORNIRE GRATUITAMENTE AI DIPENDENTI
Trattamento IVA
Somministrazione in forma libera Somministrazione
tramite distributori automatici, Indetraibilità oggettiva dell’IVA

Deduzione ai fini delle imposte dirette
Imprenditore Nei limiti del 5 per mille delle spese per lavoro
dipendente
Artista o professionista Nei limiti dell’1% dei compensi

PROFILI NORMATIVI •
Al soggetto passivo è consentito detrarre, dall’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni effettuate, l’imposta assolta o dovuta, o a lui addebitata a titolo di rivalsa, in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione.
Il diritto alla detrazione dell’imposta è stato collegato - più strettamente di quanto non accadesse in passato - alla natura delle operazioni nelle quali sono impiegati i beni ed i servizi acquistati o importati dal contribuente - C.M. 24.12.1997 n. 328/E.

SOMMINISTRAZIONE IN FORMA LIBERA
• La somministrazione in forma libera di bevande configura un’ipotesi di acquisto di beni impiegati per utilizzo estraneo all’esercizio dell’impresa, arte o professione.
• L’IVA assolta in via di rivalsa sulle fatture emesse dal fornitore e ricevute per l’acquisto delle bevande, non risulta detraibile in aderenza ai principi guida del tributo.

SOMMINISTRAZIONE MEDIANTE APPARECCHI AUTOMATICI
• Il Legislatore nega la detrazione dell’IVA relativa agli acquisti o all’importazione di alimenti e bevande salvo che i medesimi formino oggetto:
.. dell’attività propria dell’impresa ovvero,
.. di somministrazione in mense scolastiche, aziendali o interaziendali mediante distributori automatici collocati nei locali dell’impresa.
Interpretazione della norma
• Si ritiene che il passaggio normativo riferito alla detrazione IVA per gli acquisti di bevande erogate “… mediante distributori automatici collocati in qualsiasi locale dell’impresa…” vada necessariamente collegato al servizio di mensa fornito dal soggetto passivo - Art. 19-bis1, lett. f), D.P.R. 633/1972.
• Diversamente, l’indetraibilità assumerebbe un significato di segno opposto alle intenzioni perseguite dal Legislatore, finendo per legittimare la detrazione IVA sugli acquisti di bevande per qualsiasi datore di lavoro che installi un distributore automatico in un qualunque locale all’interno della struttura aziendale o professionale.

DEDUZIONE AI FINI DELLE IMPOSTE DIRETTE ARTISTI O PROFESSIONISTI
• Va rilevata l’assenza di una disposizione analoga a quella contenuta, per i titolari di reddito d’impresa, all’interno articolo 65 del D.P.R. n. 917/1986.
• In assenza di precisazioni ufficiali, si ritiene che le cessioni di beni (le bevande) effettuate a favore dei dipendenti degli studi artistici o professionali possano essere ricondotte nell’ambito delle spese di rappresentanza e, come tali, deducibili nei limiti dell’1 per cento dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo d’imposta - Art. 50 D.P.R. 917/1986.
• Trattasi infatti di spese sostenute per l’acquisto di beni destinati ad essere ceduti in assenza di corrispettivo o specifica controprestazione da parte dei destinatari. - R.M. 17.09.1998 n. 148/IMPRESE • Gli acquisti di bevande per il consumo gratuito da parte dei dipendenti possono essere qualificati quali spese per servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti, sostenute per specifiche finalità di ricreazione, deducibili dal reddito d’impresa per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi.
Art. 65, D.P.R. 917/1986,
C.T.P. Milano n. 579/1999"


ciao...</HTML>
 
<HTML>facciamo così va, andiamo tutti assieme a prenderci un caffè, ma non al distributore automatico.</HTML>
 
<HTML>grazie Alberto ma la fonte di queste informazioni è Guida al Bilancio di Italia Oggi anno 2003?</HTML>
 
<HTML>l'ultima no, è banca dati centro studi castelli.... (RATIO)

ciao...</HTML>
 
<HTML>ma io mi chiedo: se la somministrazione è gratuita e avviene in locali ove solo i dipendenti possono accedere quindi trattasi di omaggi a dipendenti.... l'iva non è indeducibile per tali acquisti?

"L'acquisto dei beni destinati ad essere omaggiati ai dipendenti non solo rientrano nella tipologia delle "spese di rappresentanza", ma anche tra le "spese per prestazioni di lavoro"regolate dall'art. 62, comma 1 del D.P.R. n. 917/1986.

In tal caso, dal combinato disposto delle norme di cui sopra, si evince che l'imposta relativa a tali spese è detraibile.

Tuttavia si evidenzia quanto precisato dagli esperti del Ministero delle finanze, i quali hanno precisato, senza peraltro fornire alcun chiarimento in proposito, che l'Iva assolta per l'acquisto di beni destinati ad essere omaggiati ai dipendenti non è detraibile."</HTML>
 
<HTML>vedi la rm 666305 16/10/1990 per indetraibilità iva omaggi a dipendenti.</HTML>
 
<HTML>"Adempimenti & Obblighi Iva - Somministrazione di alimenti e bevande mediante distributori automatici: conseguenze fiscali

di Fanelli Roberto in Azienda & Fisco n. 13/2000, pag. 656



Una società deve installare nella propria sede amministrativa macchine di distribuzione automatica di bevande e alimenti. Si chiede di conoscere quali siano le implicazioni fiscali, tenendo presente che la società pagherà alla ditta fornitrice, proprietaria dell'apparecchio, il prezzo dei beni e tratterrà le somme che i dipendenti spenderanno per l'acquisto degli alimenti e delle bevande.



Al fine di delineare il trattamento fiscale degli acquisti di alimenti e bevande somministrate mediante apparecchi di distribuzione automatica, è necessario preliminarmente configurare il rapporto giuridico intercorrente tra il fornitore dei beni e l'impresa nei cui locali sono posti gli apparecchi.

In linea generale, nei rapporti della specie intervengono tre soggetti:

a) l'impresa proprietaria dei distributori automatici (gestore);

b) l'impresa nei cui locali sono collocati gli apparecchi (impresa ospitante);

c) i consumatori finali dei prodotti (clienti), cioè (generalmente ma non esclusivamente) i dipendenti dell'impresa ospitante.

Secondo un primo schema contrattuale, il "gestore", dopo aver collocato gli apparecchi automatici nei locali dell'impresa ospitante, provvede autonomamente alla gestione del servizio (caricamento delle macchine, manutenzione) e alla riscossione dei proventi. In tal caso, viene a configurarsi un rapporto diretto tra gestore e clienti finali, senza alcun coinvolgimento dell'impresa ospitante (salva la possibilità che questa richieda un corrispettivo per consentire al gestore la collocazione degli apparecchi nei propri locali, nel qual caso si verrebbe ad instaurare un ulteriore rapporto tra il gestore e l'impresa ospitante, collegato ma distinto da quello di somministrazione).

Il secondo schema contrattuale, che è poi quello riscontrabile nel caso di specie, prevede che la somministrazione di alimenti e bevande venga effettuata direttamente dall'azienda ospitante, la quale, quindi, provvede all'acquisto dei beni presso il gestore.

In tale caso vengono a realizzarsi i seguenti rapporti giuridici:

a) cessione di beni del gestore nei confronti dell'azienda ospitante;

b) somministrazione di alimenti e bevande da parte di quest'ultima impresa, nei confronti dei propri dipendenti consumatori.

In ordine al primo di tali rapporti, si evidenzia, anzitutto, la inapplicabilità dell'aliquota Iva del 4 per cento prevista dalla Tabella A, Parte II, n. 38) per le "somministrazioni di alimenti e bevande effettuate mediante distributori automatici collocati in stabilimenti, ospedali, case di cura, uffici e scuole, caserme e altri edifici destinati a collettività", trattandosi, come si è già detto, non di somministrazione ma di cessione di beni.

Pertanto, sulla cessione troverà applicazione l'aliquota propria per ogni singolo bene venduto. Ad esempio, si applicherà l'aliquota del 20% per la cessione di bicchieri di plastica, di acqua minerale, per la fornitura di cialde o capsule a terzi, di caffè, di zucchero, ecc. Si applicherà l'aliquota del 10% per la cessione di acqua diversa da quella minerale, di tè e matè, di estratti o essenze di caffè, di cioccolato, di prodotti della panetteria, della pasticceria e della biscotteria, ecc.

Generalmente, nei casi di specie il contratto tra il gestore e l'impresa ospitante prevede in capo al primo l'obbligo di effettuare il caricamento e la manutenzione dell'apparecchio.

Se per tali operazioni non è previsto alcun corrispettivo, non si pongono particolari problemi di natura fiscale, potendosi ritenere che le parti abbiano inteso considerare tali prestazioni quali "oneri" gravanti sul gestore, retribuiti nell'ambito del corrispettivo dovuto per la cessione di prodotti alimentari.

Nel caso in cui per tali prestazioni sia dovuto un corrispettivo autonomamente pattuito, è necessario considerare se tali prestazioni possano considerarsi di natura "accessoria" rispetto alla cessione dei beni.

Al riguardo, si osserva che l'art. 12 del D.P.R. n. 633/1972 prevede che le cessioni o prestazioni accessorie ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, effettuate direttamente dal cedente o prestatore ovvero per suo conto e a sue spese, non sono soggette autonomamente all'imposta nei rapporti fra le parti dell'operazione principale, ma i relativi corrispettivi concorrono a formare la base imponibile della cessione o prestazione principale.

La norma elenca una serie di operazioni accessorie "tipiche", quali il trasporto, la posa in opera, l'imballaggio, il confezionamento e la fornitura di recipienti e contenitori; l'elenco non deve, tuttavia, intendersi esaustivo, in quanto il legislatore ha opportunamente previsto, in via residuale le "altre cessioni o prestazioni accessorie", che devono essere, di volta in volta, individuate nella pratica operativa. Le operazioni diverse da quelle tipiche possono ritenersi accessorie quando le parti hanno voluto obbligarsi alla loro cessione o prestazione, solo nel presupposto di conseguire gli effetti derivanti dall'obbligazione principale; in mancanza di tale presupposto, le parti non si sarebbero, infatti, altrimenti determinate alla relativa stipula.

La norma precisa, altresì, che, ai presenti fini, è necessario che la cessione o prestazione accessoria sia eseguita direttamente dal fornitore del bene o servizio principale, o da altri per suo conto.

Inoltre, l'Amministrazione finanziaria ha sottolineato che l'operazione non può essere considerata accessoria a quella principale quando il bene o servizio accessorio non perde la propria individualità e non si pone in un rapporto di funzionalità necessaria con il bene o servizio principale (R.M. n. 333652 del 3 dicembre 1981).

Lo stesso Ministero delle finanze, con la R.M. n. 6/E dell'11 febbraio 1998, ha ulteriormente chiarito che per la sussistenza del rapporto di accessorietà è necessaria (anche se non sufficiente) la convergenza di tutte le prestazioni nella direzione della realizzazione di un unico obiettivo e che le prestazioni accessorie siano effettuate proprio per il fatto che esiste una prestazione principale, in combinazione con la quale possono portare ad un determinato risultato perseguito. Pertanto, qualora nei casi di specie il rapporto contrattuale intercorrente tra il gestore e l'impresa ospitante abbia ad oggetto la cessione dei beni da somministrare mediante apparecchi automatici, le eventuali prestazioni di manutenzione e di caricamento, ricorrendo le condizioni di cui sopra, possono essere considerate accessorie. A tal fine, è quindi necessario che dai relativi contratti emerga con precisione che l'oggetto del medesimo è costituito dalla fornitura dei prodotti. In tal caso, i corrispettivi dovuti per tali prestazioni sono soggetti alla stessa aliquota prevista per l'operazione principale, costituita dalla cessione dei prodotti alimentari. Nell'ipotesi di fatture emesse per cessioni di beni soggette ad aliquote Iva diverse, il corrispettivo riferibile alle suddette prestazioni accessorie, secondo le indicazioni ministeriali (R.M n. 331171 del 12 aprile 1980), "dovrà necessariamente essere scomposto ed attribuito in proporzione ai prezzi di ciascuna operazione principale, assumendone il relativo trattamento di aliquota".

Per l'impresa ospitante l'Iva afferente le cessioni dei prodotti inseriti nel distributore automatico è detraibile. Infatti, l'art. 19-bis1, comma 1, lett. f), del D.P.R. n. 633/1972, stabilisce che non è ammessa in detrazione l'imposta relativa all'acquisto o all'importazione di alimenti e bevande ad eccezione di quelli che formano oggetto dell'attività propria dell'impresa o di somministrazione in mense scolastiche, aziendali o interaziendali o "mediante distributori automatici collocati nei locali dell'impresa". Ne consegue, quindi, che l'Iva gravante sui predetti acquisti può essere sicuramente portata in detrazione dall'azienda ospitante. Per quanto concerne il rapporto intercorrente tra l'azienda ospitante ed i clienti consumatori (generalmente, i dipendenti dell'azienda stessa), viene a configurarsi una somministrazione di alimenti e bevande effettuata mediante apparecchi automatici ubicati nei locali dell'impresa. Pertanto:

- le operazioni non sono soggette a fatturazione (tranne che il cliente non richieda l'emissione del documento, non oltre il momento di effettuazione dell'operazione - cfr. art. 22, primo comma, n. 1 del D.P.R. n. 633/1972) né all'emissione dello scontrino/ricevuta fiscale (art. 2, comma 1, lett. g del D.P.R. n. 696/1996);

- i relativi corrispettivi devono essere annotati nel registro dei corrispettivi e sono soggetti all'aliquota del 4% (Tab. A, Parte II, n. 38, allegata al D.P.R. n. 633/1972);

gli incassi costituiscono ricavi e devono essere annotati anche nel libro giornale.

Fonti normative

D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 12, 19 bis1, 22 "

come si vede, le interpretazioni vanno da A a B...

la legge, art. 19 bis1 dpr 633/72 si esprime per la detraibilità...
che dici... si potrà instaurare un bel contenzioso per 4 cialde da caffè?? mah.... beh, spero che alla fine sia in omaggio....eheehe

ciao....</HTML>
 
<HTML>Fate come me, accetto le interpretazioni ministeriali solo quando concordano con le mie o, quando (come nel caso in oggetto) sono più favorevoli al contribuente!
A proposito della preparazione dei dipendenti min. finanze vado a contestare un avviso bonario per un acconto irpef ritenuto inferiore al dovuto.
Faccio rilevare alla gentile impiegata che se ci riferivamo all'imposta dovuta per l'anno in corso l'acconto versato era più che congruo.Mi risponde che questa possibilità non esiste e che l'acconto si può commisurare solo all'imposta precedente.Le chiedo nome e cognome e me li segno dicendo che nel ricorso avrei citato le sue generalità ed il suo operato,al che lei cambia idea e annulla tutto. In mano a chi siamo!</HTML>
 
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