Scopri il nostro network Home Business Center Blog Site Center

L'inganno dell'evasione fiscale.-

Gio.

Utente
Fresco da un convegno su accertamento fiscale, vale la pena soffermarsi ed analizzare, questo articolo comparso sulla "La Stampa" di alcuni mesi indietro:yes2:

Da un po’ di mesi a questa parte il tema dell’evasione fiscale è tornato alla ribalta. Ma è un ritorno strano. A differenza di un tempo, neanche poi tanto remoto, in cui la lotta all’evasione fiscale era una bandiera della sinistra, mentre la destra mostrava una certa indulgenza, oggi il tema dei miliardi (circa 130) sottratti ogni anno al fisco è diventato uno strumento di agitazione politica universale. Lo usa come sempre l’opposizione di sinistra, ma lo usa anche la Chiesa per impartirci lezioni di moralità, lo usano gli indignati di ogni colore politico, lo usa la destra di governo alla disperata ricerca di soldi per tappare le falle dei conti pubblici.

Accade così che, poco per volta, alle preoccupazioni per i sacrifici che la manovra ci impone, si mescoli e si sovrapponga un malessere sordo, una specie di risentimento, che alimenta un clima vagamente maccartista, di moderna caccia alle streghe. Gli evasori sono visti sempre più come la causa di tutti i nostri mali, la loro individuazione diventa una missione morale, e ci capita persino vedere un governo di destra - che ha sempre strizzato l’occhio all’evasione - accarezzare l’idea di fare gettito mediante la delazione.

Meno male, verrebbe da dire. Era ora, finalmente ci decidiamo a combattere questa piaga. Quando avremo vinto questa battaglia, l’Italia sarà finalmente un Paese civile e prospero.

E invece, su questa visione dei nostri problemi, vorrei insinuare qualche dubbio. Se quello che vogliamo è solo sentirci migliori del nostro vicino, la caccia alle streghe va benissimo. Ma se per caso il nostro sogno fosse anche di rimettere in carreggiata l’Italia, quella medesima caccia andrebbe reimpostata radicalmente. Perché l’evasione è un fenomeno che va innanzitutto spiegato e compreso, prima di combatterlo a testa bassa. Altrimenti la testa rischiamo di rompercela noi, anziché romperla (metaforicamente) agli evasori.

In Italia l’evasione fiscale ha due facce. La prima è quella che fa imbestialire i lavoratori dipendenti in regola: c’è chi potrebbe benissimo pagare le tasse, e non lo fa semplicemente perché vuole guadagnare di più. Questo tipo di evasione, da mancanza di spirito civico, si combatte con due strumenti: più controlli e aliquote ragionevoli. Se la si combatte solo con più controlli, il risultato è prevalentemente un aumento dei prezzi, come sa chiunque abbia a che fare con idraulici e ristoratori. Detto per inciso, è il ragionamento che - implicitamente fanno milioni di cittadini di fronte alla domanda: preferisci pagare 100 senza fattura o 140 con fattura?

C’è poi un secondo tipo di evasione fiscale, di sopravvivenza o di autodifesa. È l’evasione di quanti, se facessero interamente il loro dovere fiscale, andrebbero in perdita o dovrebbero lavorare a condizioni così poco remunerative da rendere preferibile chiudere l’attività. In questo caso quel che serve è innanzitutto una drastica riduzione delle aliquote che gravano sui produttori, altrimenti il risultato della lotta all’evasione è semplicemente la distruzione sistematica di posti di lavoro, un’eventualità che peraltro si sta già verificando: le regioni in cui Equitalia ha ottenuto i maggiori successi, sono le stesse in cui ci sono stati più fallimenti (vedi il dramma recente della Sardegna).

Immagino l’obiezione a questo ragionamento: «It’s the market, stupid!». Detto altrimenti: è un bene che nei periodi di crisi ci siano fallimenti, perché questo significa che il mercato riesce a far uscire le imprese meno efficienti, e a sostituirle con altre più dinamiche e competitive. Ma questa obiezione, che si basa sul concetto schumpeteriano di «distruzione creativa», vale solo se i regimi fiscali sono comparabili e ragionevoli. Oggi in Italia ci sono aziende in crisi che starebbero tranquillamente sul mercato se il nostro Ttr (Totale Tax Rate) fosse quello dei Paesi scandinavi, e simmetricamente ci sono floride aziende scandinave che uscirebbero dal mercato se le aliquote fossero quelle dell’Italia. Il mercato è un buon giudice dell’efficienza solo se le condizioni in cui le imprese operano sono comparabili. E in Italia le condizioni in cui le imprese sono costrette ad operare sono così sfavorevoli per tasse, adempimenti e infrastrutture, che la domanda vera non è «perché le imprese italiane arrancano?», bensì «perché ne sopravvivono ancora così tante?».

Ecco perché l’idea di risolvere i nostri problemi intensificando la lotta all’evasione fiscale andrebbe maneggiata con cura. Quello di far pagare gli evasori non è solo il sogno degli onesti, ma è l’ultima zattera con cui un ceto politico che non sa più che pesci pigliare cerca di salvare sé stesso e sfuggire alle proprie responsabilità. Incapaci di varare le riforme promesse, inadatti a prendere qualsiasi vera decisione, irresoluti a tutto, i nostri politici, di governo e di opposizione, hanno trovato nell’evasore fiscale il capro espiatorio con il quale distrarre l’opinione pubblica.

Ma è un grande inganno. Se la lotta all’evasione viene condotta unicamente per aumentare le entrate è inevitabile che essa produca effetti recessivi: disoccupazione (specie al Sud), aumenti di prezzo, contrazione dei consumi. Non solo, ma nulla assicura che l’obiettivo di far cassa venga raggiunto: quando la pressione fiscale sui produttori è già altissima (e quella italiana lo è: nessun Paese avanzato ha un Ttr più elevato), non è detto che il gettito che si recupera grazie a nuovi balzelli e più controlli superi il gettito che si perde a causa dei fallimenti e dei passaggi all’economia sommersa. Tanto più in un periodo come questo, in cui è già in corso una drammatica riduzione della base produttiva.

Se però ogni euro recuperato dall’evasione fosse destinato - per legge - a rendere meno difficile la vita a lavoratori e imprese, allora otterremmo almeno due risultati, uno economico e uno morale. Il risultato economico è che, poco per volta, i produttori di ricchezza che le tasse le pagano potrebbero finalmente rialzare la testa, consentendo all’Italia di tornare a crescere. Il secondo è che, con aliquote via via più ragionevoli, l’evasione fiscale non solo diverrebbe meno conveniente, ma perderebbe ogni giustificazione morale. Il «mostro» dell’evasione fiscale non ha un solo genitore, ma ne ha due. Ed è solo quando la mancanza di cultura civica (la madre) si sposa ad un fisco oppressivo (il padre) che il ragazzaccio diventa un mostro.

:yes2:
 

Nicoletta

Utente
Riporto due esempi a mia conoscenza piccoli ma significativi del clima in atto.
Il primo: barista scopre la domenica mattina che il registratore di cassa non funziona e non potendo chiamare l'assistenza in un giorno festivo procede all'annotazione sul registro appositamente predisposto. Entra un cliente e chiede lo scontrino, il barista spiega perchè non può emetterglielo, gli mostra il registro che sta compilando e il cliente quasi gli sfascia il bar gridando: "se l'Italia va male è colpa vostra ... siete tutti dei grandi evasori e vi inventate un sacco di frottole per non pagare le tasse!".
Il secondo: alla cassa della ASL chiamano gli utenti col numerino. Chiamano un numero e questo non risponde e dopo qualche secondo chiamano il successivo che appartiene a una donna incinta. Il signore col numero precedente si fionda allo sportello strattonando la donna incinta e inizia ad inveire con l'impiegata che sta alla cassa: "voi rubate lo stipendio, fate finta di lavorare, l'Italia sta andando in rovina per colpa vostra ... " e nessuna spiegazione è riuscita a calmarlo ... insomma hanno dovuto chiamare i carabinieri.
Gli italiani è con questa forma mentale che vogliono combattere l'evasione fiscale?
Scagliarsi gli uni contro gli altri quasi perdendo la ragione?
Le telefonate anonime al 117 sono aumentate a livello esponenziale ma mi chiedo: sono tutte fondate o sono figlie dell'invidia, del sospetto o peggio del dispetto?
Sono convinta che non è unicamente la nostra classe dirigente ad aver provocato il disastro ... i primi siamo noi.
Ciao a tutti.
Nicoletta
 

Drackey

Utente
Il fatto è che, da una parte, siamo tutti convinti di essere più onesti del vicino. Dall'altra, abbiamo una gran paura che ci portino via qualcosa, anche se non ci spetterebbe, perchè siamo fermamente convinti che il nostro vicino - o lontano - sia più disonesto di noi e che sarebbe più giusto portarla via prima a lui.
Magari da un certo punto di vista abbiamo pure ragione, ma è sempre la solita guerra fra poveri, della quale si avvantaggiano i soliti noti. Ricchi.
 

prostaf

Utente
Sono d'accordo con tutti, perchè in ogni risposta e nell'articolo riportato ci sono grandi verità. Per questo io sostengo da anni che l'italia è fatta da persone "doppie" che ragionano la metà!!! E' un mix infernale non se ne esce. Io sono un fautore dell'abbattimento drastico delle imposte dirette (più YD in mano alle persone) con aumento selettivo delle indirette (tutelando ferocemente i consumi primari dei più deboli) eliminazione dei passaggi iva tra varie imprese con incasso della stessa direttamente ogni sera telematicamente dai corrispettivi battuti dalla grande e piccola distribuzione, creando il conflitto d'interessi con scarico totale delle spese sostenute (iva esclusa perche già incassata) dal consumatore finale. CHE SUCCEDEREBBE!!!! Io una risposta l'avrei e voi?
 
Alto