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Limiti Compenso Amministratori

M

Marco

Ospite
Buongiorno a tutti,

il D.lgs. 6 17/01/2003 dispone ke i compensi agli amministratori sono stabiliti all'atto della nomina o dall'assemblea.

Ma esistono dei limiti fissati da qualke altra disposizione?
O può essere stabilito (ed incrementato) un compenso qualsiasi (addirittura E. 500.000,00)?

Grazie e buon lavoro.


Marco
 
Alcune sentenze della Corte di Cassazione hanno giudicato legittimo il giudizio dell'amministrazione finanziaria relativo alla congruità di alcuni costi, tra i quali quelli per i compensi agli amministratori.
 
Grazie,

esattamente una sentenza della Corte di Cassazione del 2001 ribadisce il concetto della possibilità di riprendere la deducibilità del compenso se non congruo all'attività svolta dall'amministratore.

Ma a parte questa parentesi fiscale, non esistono altri limiti civilistici?

Marco
 
il compenso degli amministratori viene stabilito nell'atto costitutivo o da successive delibere assembleari.

Anche per l’amministratore il mandato si presume oneroso e la misura del compenso, se non è stabilita dalle parti, è determinata in base alle tariffe professionali o agli usi; in mancanza è determinata dal giudice.
Qualora il compenso non sia stato determinato, parrebbe che gli amministratori vi abbiano comunque diritto e, nella determinazione di esso, non sono vincolati alle
successive deliberazioni dell’assemblea potendo adire le vie giurisdizionali per la
concreta determinazione.

É da considerare irrilevante, ai fini della successiva richiesta di determinazione del
compenso, l’assenza di precise indicazioni contenute dall’atto costitutivo ovvero fornite da deliberazioni successive da parte dell’assemblea.

omessa indicazione nell’atto costitutivo,
Cassaz. Sent. 19.03.1991 n. 2895
Il diritto al compenso degli amministratori delle società di capitali è implicitamente riconosciuto negli artt. 2364 e 2389 del Codice Civile, nei quali si prevede la sua eterminazione nell’atto costitutivo, nonché dall’art. 2392 che, in ordine all’adempimento dei loro doveri, richiama le norme del mandato (negozio che si presume oneroso).
Ove manchi una disposizione nell’atto costitutivo e l’Assemblea si rifiuti od ometta di stabilire il compenso all’amministratore o lo
determini in misura inadeguata, l’amministratore è abilitato a richiedere al giudice la determinazione del suo congruo compenso.

Mancate delibere assembleari, Trib. Milano
Sent. 18.05.1995

La circostanza che non abbiano fatto seguito delibere formali dell’assemblea sociale, non è di ostacolo alla determinazione giudiziale
del compenso, poiché la norma dell’art. 2389 Codice Civile, non preclude che, in mancanza di determinazione da parte dell’organo
societario, sia il giudice a determinare la misura degli emolumenti dovuti all’amministratore in virtù dell’espletamento del mandato da presumersi oneroso.

ciao...
 
Con la sentenza n. 6599 del 9 maggio 2002 la Cassazione cambia l'orientamento esposto nelle sentenze n. 13478 del 30 ottobre 2001 e n. 12813 del 27 settembre 2000, nelle quali aveva ritenuto che l'Amministrazione finanziaria può sindacare nel merito il compenso degli amministratori e, di conseguenza, può riprendere a tassazione la parte dei costi ritenuta non congrua.
 
"l'articolo 62 del T.U. n. 917/86 disciplina, nell'ambito delle regole da seguire per la determinazione del reddito d'impresa, la deducibilità delle spese per prestazioni di lavoro.

Il terzo comma di questa norma prevede che "I compensi spettanti agli amministratori delle società in nome collettivo e in accomandita semplice sono deducibili nell'esercizio in cui sono corrisposti; quelli erogati sotto forma di partecipazione agli utili sono deducibili anche se non imputati al conto dei profitti e delle perdite".

Né in questa norma, né in altre, esiste un riferimento a tabelle o ad altre indicazioni vincolanti, contenenti limiti massimi di spesa, oltre i quali tali compensi non possono essere deducibili. Si può dunque affermare che nel sistema la spettanza e la deducibilità dei compensi agli amministratori è determinata dal consenso che si forma o tra le parti o nell'ambito dell'ente sul punto, senza che all'Amministrazione sia riconosciuto un potere specifico di valutazione di congruità.

Peraltro, questa carenza di potere specifico emerge in tutta la sua evidenza se si fa riferimento alla norma in vigore prima del Tuir, e cioè all'art. 59 del D.P.R. n. 597/73 che era del seguente tenore: "I compensi corrisposti dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice ai soci amministratori sono deducibili nei limiti delle misure correnti per gli amministratori non soci". Questa norma, sapientemente, tendeva ad evitare le possibili manovre elusive che attraverso la maggiorazione dei compensi agli amministratori-soci può senz'altro essere posta in essere per non pagare nella misura dovuta l'imposta che fa capo alla società di persone. L'eliminazione (in sede di redazione del Tuir) del riferimento del limite delle "misure correnti per gli amministratori non soci" ha senza dubbio natura innovativa poiché ha tolto all'Amministrazione (verosimilmente in maniera immotivata e senza che ve ne fossero ragioni convincenti e condivisibili) il potere di ricondurre ai prezzi di mercato previsti per gli amministratori non soci (prezzi facilmente individuabili nel concreto) i compensi sproporzionati. La nuova disciplina ha, quindi, totalmente liberalizzato il concetto di spettanza ai fini della deducibilità.

ciao, buon lavoro......
 
aggiungerei cmq, che un limite da tener presente è la ragionevolezza, cioè di non attribuire compensi agli amministratori troppo elevati rispetto ai ricavi dell'impresa.

ciao..
 
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