Speciale Pubblicato il 11/10/2022

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Trust Onlus: quale futuro giuridico?

di Moroni Avv. Francesca

Accesso ai trust nel perimetro degli ETS: la Circolare n 9/2022 del Ministero del lavoro



Con Circolare n. 9 del 21 aprile 2022 il Ministero del lavoro si pronuncia sulla dibattuta questione dell’accesso ai trust nel perimetro degli ETS.

In precedenza, l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 38/E dell’1 agosto 2011, aveva ammesso l’iscrivibilità del trust all’Anagrafe delle ONLUS sulla base della soggettività passiva ai fini tributari e della conformità alle condizioni richieste dal citato articolo 10 del d.lgs. n. 460/1997.

Del resto, il D.Lgs. n. 460 del 1997 non richiedeva, per l’acquisizione della qualifica di ONLUS, l’appartenenza a particolari forme giuridiche. 

In particolare, ai sensi dell’art. 10, comma 1, del citato D. Lgs. n. 460 del 1997, possono assumere la qualifica di ONLUS, oltre alle associazioni, ai comitati, alle fondazioni e alle società cooperative, “gli altri enti di carattere privato” con o senza personalità giuridica.

Atteso che l’iscrizione nell’Anagrafe delle ONLUS comporta l’acquisizione di un’autonoma e distinta qualifica avente rilevanza fiscale che si traduce nella fruibilità di un regime tributario di favore, il riferimento agli “altri enti” di carattere privato recato dall’art. 10 del citato D. Lgs. n. 460/1997 doveva essere inteso come riferimento a tutte le organizzazioni aventi autonoma soggettività sotto il profilo tributario, a prescindere dalla forma giuridica assunta e dalla qualificazione delle stesse agli effetti civilistici.

L’autonoma soggettività passiva dei trust ai sensi dell’art. 73 del TUIR (così come modificato dalla legge finanziaria 2007) comportava dunque l’astratta riconducibilità dei trust tra gli “altri enti di carattere privato” di cui al citato art. 10, comma 1, del D. Lgs. n. 460/1997.

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Esclusione del Trust dal perimento del Terzo settore

In riferimento invece al Codice di Terzo settore, la nota ministeriale ricorda come l'articolo 4, comma 1 del d.lgs. n.117/2017, definisca il perimetro degli enti che possono essere ricompresi nel perimento del terzo settore. 

Dopo aver declinato le varie tipologie di ETS – ODV, APS, enti filantropici, etc…. - menziona, in via residuale, i cd. ETS atipici, ricompresi nella formulazione “gli altri enti di carattere privato diversi dalle società”. 

Tale formulazione deve essere letta alla luce della prospettiva radicalmente nuova e diversa assunta dal Codice del Terzo settore, che trae le mosse da una regolazione civilistica degli ETS, solo successivamente prendendone in considerazione il trattamento fiscale. 

È appunto la differenza di prospettiva a non consentire una pedissequa riproposizione del citato orientamento di prassi, maturato in un contesto regolatorio di matrice squisitamente fiscale. 

Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale (ex multis, Cass. civ, Sez. V, ordinanza n. 3986/2021), il trust non è un soggetto giuridico, ma piuttosto un insieme di beni e rapporti con effetto di segregazione patrimoniale, non rilevando ai fini della conformazione della soggettività giuridica l’attribuzione della soggettività tributaria. 

L’affermata inesistenza della soggettività giuridica del trust, ovvero la non configurabilità di esso come ente, ne preclude la possibilità di essere ricompreso all'interno del Terzo settore, tra gli enti individuabili ai sensi dell'articolo 4 comma 1 del Codice, difettando uno degli elementi essenziali della fattispecie "ETS" disciplinata in detta disposizione.

Quale destino per il tust onlus?

In mancanza di una specifica disposizione normativa, ci si interroga sul destino dei trust che possiedono la qualifica di ONLUS. Infatti con l’abrogazione della disciplina prevista da D.lgs. n. 460/1997, il trust sarebbe tenuto alla devoluzione del patrimonio, configurandosi come ente no profit non ricompreso tra gli ETS. 

Di contro, i trust potrebbero iscriversi al RUNTS modificando la propria struttura interna: la forma giuridica che più si addice al trust potrebbe essere la Fondazione dove l’elemento patrimoniale prevale su quello personalistico degli associati; sono sicuramente preferiti i trust opachi / di scopo

L’iscrizione al RUNTS comporta tuttavia tutta una serie di adempimenti tra cui l’adeguamento del proprio statuto alle clausole del CTS; inoltre l’assoggettamento alle norme che disciplinano l’amministrazione, il controllo degli ETS, nonché le disposizioni dettate ad hoc per le fondazioni ETS qualora si opti per questa forma giuridica. 

Sarebbe auspicabile un intervento legislativo volto magari a ricomprendere il trust tra gli enti di cui all’art. 4, D.lgs. n. 117/2017 per non perdere il potenziale che ha dimostrato di avere questo strumento giuridico anche nell’ambito del no profit (senza dimenticare la disciplina del trust contenuta nella legge n. 112/2016, cd. “Dopo di noi”).



TAG: Terzo Settore e non profit