Speciale Pubblicato il 20/03/2020

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La BCE interviene con 750 miliardi contro la pandemia COVID-19

di Dott. Mauro Martini

QE - Quantitaive easing pandemico da 750 miliardi - La politica monetaria per contrastare gli effetti negativi del Covid-19



Si chiama PEPP, Pandemic emergency purchase programme. Ha un gettito programmato di almeno 750 miliardi e durerà almeno fino la fine dell’anno, pensato nottetempo dalla Banca Centrale Europea per far sì che il rischio della pandemia del coronavirus non abbia effetti negativi sulla politica monetaria e il futuro dell’euro zona.

Per esplicitare meglio il concetto del criptico PEPP, possiamo dire che esso rappresenta il nuovo programma di acquisto di attività, temporaneo, lanciato dalla Bce per contrastare i rischi della pandemia del coronavirus sulla politica monetaria europea, così da evitare una implosione della galassia degli Stati dell’Unione.

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In cosa consiste il PEPP

Nella notte tra il 18 ed il 19 di Marzo dell’anno pandemico, si tiene un riparatore ed urgente Consiglio direttivo convocato dalla Presidente Christine Lagarde; la Bce ha deciso di intervenire tempestivamente, e in via straordinaria, con un nuovo strumento mirato a contenere l’impatto della pandemia sui mercati e sui bond.

 Tutti gli assets attualmente acquistati nel programma già in corso potranno essere acquistati nel nuovo PEPP, al quale vengono aggiunti i titoli di Stati greci, anche se con qualche accortezza.

 La vecchia Europa, in questi tempi moderni è un Giano Bifronte, le cui due facce guardano su lati completamente opposti: rappresentanti italiani e spagnoli da una parte, che si affacciano sul fronte opposto con i burocrati e politici tedeschi, francesi ed olandesi. Ma il contrasto di idee e rappresentazioni teatrali diverse, in questi giorni ha una durezza con pochi precedenti, mentre l’intera architettura europea finisce sotto la pressione immensa dell’epidemia.

Quando il rigore cieco è diventato un pericolo per l’Europa intera, allora anche la Presidente Ursula von der Leyen ha negato il proprio appoggio politico alle rigide nazioni nord europee.

L’Europa è una Italia a due velocità

L’Europa è lo specchio dell’Italia, quella che viaggia da 159 anni a due velocità. E così è l’anima europea, a due velocità.

I burocrati di Bruxelles volevano che l’Italia ricorresse al fondo salva Stati, così avrebbero avuto facile ingresso ed ingerenza nelle riforme italiane, a quel punto obbligatorie, con la contestuale estromissione del Governo italiano legittimato da libere elezioni. Una seconda Grecia.

Ma per fortuna lo shock virale di questi giorni è politicamente socialista di orientamento redistributivo e mette tutti sullo stesso piano economico.

L’Italia si salva dai truculenti macellai europei perché il C19 è geometricamente rispettoso di principi cartesiani. È uno shock simmetrico! Non esiste nessun Paese che, in questo momento, in Europa sia immune da C19 e dalle sue conseguenze finanziarie.

Ha ragione il governatore di Vienna Robert Holzmann, quando definisce questa crisi una “purificazione”. Tutti i virus e le crisi economiche sono una occasione per eliminare i più deboli. In Italia questa purificazione ha un duplice effetto perché cancella maggiore popolazione vivente, a causa di una età media statisticamente elevata e tenta di cancellarci economicamente. Ma quando gli ipocriti europei si accorgono che ridurre l’Italia ad una seconda Grecia, significa cancellare loro stessi, ecco che la Cenerentola Christine Lagarde effettua una strambata, così da tornare velocemente sulla giusta rotta e riconvertirsi all’orientamento monetario più ortodosso, quello alla Mario Draghi.

Tempi straordinari richiedono azioni straordinarie. Non ci sono limiti al nostro impegno per l'euro”, ha scritto via Twitter la Lagarde.

Come funziona il PEPP

Il requisito della chiave capitale consiste in acquisti di titoli di ciascuno Stato in proporzione alla partecipazione al capitale della BCE. Esso viene alleggerito nel PEPP perchè diventa un test valutativo in itinere, per l’allocazione degli acquisti, dando al programma PEPP maggiore flessibilità, cioè “fluttuazioni nella distribuzione degli acquisti durante il periodo del programma, attraverso le varie tipologie di attività e giurisdizioni”.

Il PEPP non ha un importo mensile prestabilito. Ha però una scadenza indicativa che è la fine della crisi della pandemia che al momento viene indicata per la fine di quest’anno, con riserva della facoltà di allungare la scadenza del programma e di aumentarne l’importo se necessario.

Il Consiglio direttivo, ha ribadito “il suo impegno a dare sostegno a tutti i cittadini dell’area dell’euro nel corso di questi tempi così estremamente duri” che siano famiglie, imprese, banche e Governi, anche tramite un ampliamento del prestito alle famiglie ed alle imprese: “La Bce non tollererà nessun rischio” che possa compromettere la trasmissione della politica monetaria in qualsiasi Paese dell’area dell’euro.

Perché è così importante l’intervento della BCE in campo monetario?

Una veccia conoscenza del FMI ’ex capoeconomista Olivier Blanchard evidenzia come prima dell’inizio della crisi da Covid-19, il debito italiano era pari al 135% del Pil, e il rendimento dei nostri titoli decennali era inferiore all’1%. I mercati evidentemente non si preoccupavano né di un possibile default, né del rischio di un crollo dell’euro. Il Governo italiano doveva fare attenzione a mantenere stabile il rapporto debito/Pil producendo un saldo primario, cioè un avanzo di bilancio al netto degli interessi, intorno all’1% del Pil. Un obiettivo che la maggior parte degli osservatori ritiene economicamente e politicamente fattibile e che corrisponde a quanto scritto nell’ultima legge di Bilancio italiana.

Che cosa è cambiato questa settimana?

Supponiamo che le misure adottate lunedì dal governo per affrontare l’emergenza Covid-19, e la recessione che essa provocherà, comportino un aumento di 20 punti nel rapporto debito/Pil, dal 135% al 155%. Per stabilizzare il debito a quel livello sarebbe necessario un aumento del saldo primario dello 0,2 per cento del Pil, circa 4 miliardi di euro. L’obiettivo, a queste condizioni sembra essere ancora sostenibile.

Ma che cosa accadrebbe se i risparmiatori che acquistano i nostri titoli non condividessero questa analisi e cautelativamente chiedessero tassi più alti come hanno fatto nelle ultime aste dei titoli di Stato?

Ci sarebbe il default dello Stato per manifesta incapacità a rimborsare i titoli emessi e giunti a scadenza, a causa della carenza di liquidità.

A cosa servono i 750 miliardi stanziati dalla BCE? Proviamo a semplificare.

Se il mercato dei titoli fosse affidato solo ed esclusivamente al rapporto Stato-consumatore, i prezzi di equilibrio verrebbero fissati dal naturale andamento del rapporto domanda ed offerta di quel mercato. Quando questi due aspetti della offerta e della richiesta di titoli di stato trova un proprio equilibrio, allora si riesce a determinare il prezzo di vendita dei titoli.

In questo mercato specifico la traduzione del prezzo di vendita del bene generico corrisponde a quello che conosciamo come tasso di interesse, che niente altro è che il prezzo al quale il consumatore-investitore acconsente a vendere il proprio denaro, dandolo in prestito temporaneo allo Stato, ottenendo in contropartita la promessa di restituzione a tempo debito.

L’effetto leva del tasso di interesse è proporzionale al tempo del prestito effettuato; più è lontana la data di restituzione del denaro all’investitore e maggiore sarà la somma di interesse da riconoscergli.

Se la trattativa del mercato dei titoli rimane circoscritta ai due attori sopra citati, il consumatore di titoli di Stato non comprerà finché non gli sarà offerto un prezzo appetibile, cioè un tasso di interesse elevato. Se lo Stato vuole collocare titoli sul mercato per autofinanziare la spesa pubblica, dovrà cedere alle richieste del mercato. Ma questo nel tempo comporterà un aumento del debito pubblico generato non solo dalla “sorte”, ma soprattutto dagli interessi che maturano su di essa.

Se in questa trattativa interviene un terzo attore esterno, con il quale lo Stato può “concordare” la vendita controllata de propri titoli, allora il prezzo verrà calmierato, le vendite degli stessi assicurata e la spesa pubblica tornerà ad essere sostenibile senza rischio di default.

Il consumatore privato di titoli di Stato dovrà adeguarsi ai tassi di interesse proposti dallo Stato, senza innescare una dinamica inflazionistica dei tassi di interessi sui titoli, rendendo così (semi)sostenibile il famigerato debito pubblico italiano.

Quella della Banca Centrale Europea non è una fraterna operazione di salvataggio di una consorella in difficoltà. Quella della BCE è una risposta autoimmune agli effetti finanziari del Covid-19.

Questo meccanismo fino a qualche anno fa, in Italia era garantito dal rapporto Stato-Banca centrale italiana. Infatti era proprio la Banca d’Italia che garantiva l’acquisto di BOT et similia per garantirne un prezzo calmierato e sostenibile dal bilancio pubblico. Poi con un accordo extra parlamentare il meccanismo fu abolito, entrammo in Europa e fummo preda di interessi extra nazionali.
 



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