Speciale Pubblicato il 24/01/2020

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Chi materialmente distrugge le scritture contabili risponde penalmente.

di Dott. Giuseppe Di Franco

La Cassazione stabilisce che omettere la contabilità non basta a configurare il reato di distruzione della stessa.



Con riferimento al reato tributario di “Occultamento o distruzione di documenti contabili”, (di cui all' art. 10 del D.Lgs. n. 74/2000), la Corte di Cassazione ha stabilito che il delitto si configura solo se la documentazione contabile, di cui si ritiene vi sia stato l’occultamento o la distruzione, sia stata previamente istituita. Ciò in quanto non risulta possibile distruggere o occultare ciò che materialmente non esiste.

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Il principio espresso dalla Corte

In merito alla configurabilità del reato di “Occultamento o distruzione di documenti contabili”, previsto dall’art. 10 del D.Lgs. n. 74/2000, la Corte di Cassazione Sez. III, ha stabilito con la sentenza n. 26247 del 08.06.2018 che il delitto in questione può configurarsi solo se la documentazione contabile, di cui si ritiene vi sia stato l’occultamento o la distruzione, sia stata previamente istituita, posto che non può distruggersi o occultarsi ciò che materialmente non esiste.

Nel 2018 i giudici di Piazza Cavour ha reso noto il principio di diritto secondo il quale la condotta punita dall’art. 10 del D.Lgs. n. 74/2000 è soltanto quella afferente l’occultamento o la distruzione di scritture contabili e non anche quella relativa alla loro mancata tenuta.

La vicenda esaminata

Il caso attenzionato dalla Corte è quello di un titolare di una ditta individuale che era stato condannato ad 1 anno di reclusione per il reato, tra gli altri, di “Occultamento e distruzione di documenti contabili”.

La difesa dell’imputato verteva, con riguardo al delitto previsto dall’art. 10, sul fatto che tale reato non poteva configurarsi in presenza di una condotta meramente omissiva, dato che gli elementi costitutivi erano rappresentati dalla materiale istituzione della contabilità, dall’effettiva produzione di reddito e volume d’affari, dalla prova circa l’istituzione delle scritture e la loro successiva distruzione o occultamento.

In sostanza non era possibile stabilire se il mancato rinvenimento dei documenti contabili fosse dovuto ad un’omissione originaria ovvero ad una sopravvenuta eliminazione.

Secondo la Corte, che partiva dall’assunto che il delitto di occultamento e distruzione di scritture contabili esclude la sussistenza del reato in presenza di una condotta meramente omissiva, il reato previsto dall’art. 10 del D.Lgs. n. 74/2000 presuppone l’istituzione della documentazione contabile e la produzione di un reddito, ma non contempla la condotta di omessa tenuta delle scritture contabili, anche perché questa viene già prevista e sanzionata amministrativamente dall’art. 9, comma 1 del D.Lgs. n. 471/1997.

La decisione del giudice di legittimità

Con riferimento a quanto detto, il giudice supremo ha quindi affermato che la fattispecie delittuosa di cui all’art. 10 può configurarsi solo se la documentazione contabile, di cui si ritiene vi sia stato l’occultamento o la distruzione, sia stata previamente istituita ed in tal senso gli ermellini hanno sottolineato: “[…] non potendo occultarsi o distruggersi ciò che evidentemente neppure esiste”.

La Corte ha quindi concluso affermando che il reato previsto dall’art. 10 è “a condotta vincolata commissiva  con un evento di danno, rappresentato dalla perdita della funzione descrittiva della documentazione contabile”.

Pertanto un comportamento omissivo, ossia il non avere tenuto le scritture in modo da rendere obiettivamente più difficoltosa, se non impossibile, la ricostruzione aliunde ai fini fiscali della situazione contabile, non è sufficiente per la realizzazione del delitto, visto che per l’integrazione della fattispecie penale in argomento viene richiesto un quid pluris a contenuto commissivo consistente nell’occultamento ovvero nella distruzione di tali scritture.1

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1. Così pure Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 19106 del 02.03.2016



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