Speciale Pubblicato il 30/11/2018

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Indagini Fiscali:possibile estendere i controllo ai conti dei familiari

di Dott. Giuseppe Di Franco

Verifica fiscale: in caso di accertamenti bancari, le indagini possono allargarsi ai conti dei congiunti del verificato di cui ha la disponibilità



Come noto, nel corso delle attività ispettive il Fisco può ricostruire la base imponibile dei contribuenti anche attraverso gli accertamenti bancari e finanziari. Ma questi accertamenti possono non limitarsi ai rapporti intestati al soggetto interessato dalla verifica, potendosi estendere anche ai rapporti o ai conti cointestati o sui quali il contribuente abbia delega ad operare.

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Le indagini finanziarie. Cenni.

Nel nostro ordinamento il legislatore ha riconosciuto all’Amministrazione Finanziaria il potere di procedere con indagini finanziarie sui conti e sui rapporti del contribuente.

Nello specifico, come evidenziato nella circolare n. 32/E del 19/10/2006 della Direzione Centrale Accertamento dell’Agenzia delle Entrate, il Fisco può ottenere i dati finanziari di un dato soggetto oggetto di controllo sia dalle banche e da Poste Italiane S.p.A., ma anche dalle società appartenenti al cosiddetto settore parabancario (leasing, factoring, credito al consumo), dalle società finanziarie, dalle società di intermediazione mobiliare, dalle società fiduciarie, dalle società di gestione del risparmio, nonché, le informazioni riferite alle varie forme di gestione e partecipazione in organismi di investimento collettivo del risparmio.

Dal punto di vista normativo, i riferimenti sono i seguenti:

- D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art 32 (con riguardo alle imposte dirette),
- D.P.R. 26 ottobre 1972, N. 633 (con riguardo all’IVA).

Nelle norme qui richiamate vengono delineate le procedure riguardanti le indagini finanziarie, che prevedono un particolare regime probatorio, di tipo presuntivo, attribuito ai dati ed alle notizie rilevabili nella documentazione bancaria e finanziaria acquisita.

Come ricordato nel documento di prassi operativa della Guardia di Finanza in vigore dal 1° gennaio di quest’anno (circolare n. 1/2018 intitolata “Manuale operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali”), la documentazione bancaria e finanziaria utilizzata per la ricostruzione della base imponibile di un contribuente rappresenta indubbiamente un riferimento probatorio di rilevanza prioritaria, visto che proprio i dati contenuti in questi documenti consentono di palesare l’effettiva disponibilità di risorse finanziarie o la reale natura di determinate operazioni e visto inoltre l’attendibilità della fonte da cui i documenti in questione scaturiscono.

Indagini finanziarie estendibili a terzi

Questi particolari tipi di accertamenti interessano, come previsto dalla norma, tutti i rapporti “intrattenuti” dal contribuente con i soggetti elencati in precedenza (quindi banche o altri soggetti giuridici finanziari).  Ne consegue che il contribuente viene chiamato a rispondere delle operazioni di cui lo stesso risulta esserne l’autore.

Accade però che il soggetto controllato possa avere delega ad operare su conti intestati a terze persone o che abbia uno o più rapporti o conti correnti cointestati.

In questi casi, oltre al contribuente interessato dall’attività ispettiva, può essere interpellato dall’Agenzia delle Entrate o dalla Guardia di Finanza (a seconda di chi sta eseguendo il controllo) anche il titolare del conto sul quale il contribuente ha una delega ad operare, oppure il cointestatario del conto.

Il Manuale operativo della Guardia di Finanza ricorda come secondo giurisprudenza di legittimità, l’obbligo del contribuente di fornire la prova liberatoria durante il contraddittorio col Fisco vale per tutti i rapporti finanziari intrattenuti dallo stesso, anche se cointestati con terzi soggetti e soprattutto nel caso si tratti di congiunti, dal momento che il vincolo familiare è da ritenersi sufficiente per suffragare l’attribuzione delle operazioni rilevate dalla documentazione all’attività del soggetto sottoposto ad attività ispettiva.

Ciò a meno che il soggetto ispezionato non riesca a fornire la prova documentale che le movimentazioni contestate dall’Ufficio devono riferirsi esclusivamente all’altro cointestatario del conto corrente (in tal senso l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 18125 del 15/09/2015).

Rimanendo sul medesimo solco, la Cassazione si è parimenti espressa con riferimento ad indagini finanziarie che hanno interessato il conto corrente di un soggetto, cointestato con la propria consorte. In questo caso i giudici di piazza Cavour hanno stabilito che non è sufficiente a superare la presunzione normativamente prevista nelle indagini finanziarie l’affermazione secondo cui nel conto corrente erano affluiti solo i proventi dell’attività esercitata dalla moglie.

Stessa cosa anche in casi in cui il contribuente si è trovato ad essere delegato ad operare sul conto corrente di un familiare e non è stato dimostrato che il potere di disposizione del rapporto finanziario fosse stato conferito per circostanze specifiche e giustificabili (ex multis Corte di Cassazione sentenze nn. 23861/2007 e 7957/2007).
Recentemente gli ermellini hanno ribadito questo concetto con la sentenza n. 22089 del 11/09/2018.

Questa volta il contribuente interessato da un’attività di verifica della Guardia di Finanza era un libero professionista al quale sono stati contestati maggiori ricavi, basati su documentazione extracontabile rinvenuta durante l’accesso presso gli uffici del contribuente e su movimentazioni bancarie e finanziarie verificate sia sul conto corrente cointestato al professionista e alla moglie, sia al conto corrente dei genitori del contribuente, sul quale quest’ultimo aveva delega ad operare.

Nell’arresto in rassegna la Corte, ribadendo un consolidato orientamento giurisprudenziale, ha affermato che “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 (in virtù della quale i prelevamenti ed i versamenti operati su conto corrente bancario vanno imputati a ricavi conseguiti nell’esercizio dell’attività d’impresa), non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività”.



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