Speciale Pubblicato il 26/09/2015

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Il credito d’imposta IRPEF non decade

di Dott. Camurri Matteo

La decadenza del credito di imposta IRPEF non coincide con il mancato riporto nella dichiarazione successiva ma solo con la prescrizione del diritto



Il mancato riporto del credito IRPEF nell’esercizio successivo in conseguenza all’omessa presentazione del modello Unico non comporta, a carico del contribuente, il mancato riconoscimento del credito medesimo. Tale credito si può considerare estinto esclusivamente con l’intervenuta prescrizione dello stesso.

Nel nostro ordinamento la prescrizione ordinaria è normativamente prevista nell’articolo 2946 del Codice civile il quale stabilisce che, salvo i casi in cui la legge non disponga diversamente, interviene decorso il termine di dieci anni dal giorno in cui tale diritto può essere fatto valere.

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La divergenza tra normativa e prassi sul credito di imposta IRPEF

Il testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. 917/86) nel Capo I all’art.11 c.4,  non prevede alcuna prescrizione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche difforme rispetto a quella del dettato generale dell’art. 2946 del Codice Civile, pertanto, il termine previsto da quest’ultimo deve ritenersi valido ed efficace.

È tuttavia prassi diffusa da parte degli Uffici dell’Agenzia delle Entrate ritenere che se il credito IRPEF maturato in un determinato esercizio e destinato all’utilizzo in compensazione non viene riportato nella dichiarazione riferita all’esercizio successivo, a fronte dell’omissione della stessa, diviene inutilizzabile. Come unica possibilità rimasta al contribuente, sempre secondo l’avviso dell’Agenzia, è la presentazione di un’istanza di rimborso ai sensi dell’art.38 DPR 602/73 entro il termine di decadenza di quarantotto mesi previsto dalla stessa norma.


Si tratta tuttavia di un'opinione non condivisibile poiché la norma in oggetto fa riferimento esclusivo ai rimborsi diretti e come conseguenza al decorso di tale termine vi è l’impossibilità di ottenerne il rimborso non sicuramente il venir meno del diritto all’utilizzo dello stesso in compensazione o al riporto in una dichiarazione successiva.

Un’accettazione in tal senso arriva dalla stessa Agenzia Entrate, la quale esegue ogni anno i cosiddetti controlli automatizzati sulle dichiarazioni fiscali presentate al fine di verificare che i dati in esse contenuti siano corretti e i versamenti effettuati esattamente e nei termini previsti. Nel caso in cui dal suddetto controllo l’Agenzia delle Entrate evidenziasse, ad esempio, il mancato riporto del credito dell’esercizio precedente, lo porta a conoscenza del contribuente segnalando la presenza di un maggior credito.


La giurisprudenza formatasi in proposito, sebbene piuttosto limitata, smentisce chiaramente la posizione dell’Agenzia delle Entrate.
In particolare la sentenza della Corte di Cassazione del 18 gennaio 2002 n.523, esaminando un caso analogo (differisce esclusivamente il tributo, nel caso di specie si tratta d’imposta sul valore aggiunto) ha espressamente ammesso che mancando il riporto di un’eccedenza nell’anno successivo a quello di formazione, non ne comporta la perdita proprio perché la legge non commina alcuna decadenza specifica a riguardo.


Nel caso, ad esempio, in cui un contribuente abbia omesso la presentazione del modello Unico 2007, l’eventuale credito IRPEF sorto nell’anno d’imposta 2005 ed esposto nella relativa dichiarazione annuale, potrà essere riportato nella prima dichiarazione utile finché non interviene, dopo dieci anni, la prescrizione dello stesso.