Speciale Pubblicato il 28/07/2010

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La Sospensiva breve è sempre incostituzionale

di Avv. Maurizio Villani

La Corte Costituzionale, con l'importante sentenza n. 281 del 23 luglio 2010, ha stabilito il principio che la tutela cautelare in un processo non può mai essere limitata nel tempo (c.d. sospensiva breve).



In particolare, la Corte si è interessata del processo del lavoro ed ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma terzo, terzo periodo, del D.L. n. 59 dell'08 aprile 2008 (Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee), convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 101 del 06 giugno 2008, nella parte in cui stabilisce la perdita di efficacia del provvedimento di sospensione, adottato o confermato dal giudice.

In particolare, in base al succitato articolo, il giudice deve decidere la causa nel termine complessivo di 90 giorni dalla data della sospensione, con possibilità di conferma, ad istanza di parte, per ulteriori 60 giorni ( in totale, al massimo, 150 giorni) , col decorso dei quali la perdita di efficacia comunque si realizza.

La Consulta ha dichiarato incostituzionale la suddetta limitazione della tutela cautelare, perché in contrasto con gli artt. 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione.

In Allegato la Sentenza della Corte di Cassazione del 23 Luglio 2010 n. 281

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Motivazioni della Corte di Cassazione

Prima di esporre sinteticamente i motivi per i quali la Corte ha dichiarato fondate le eccezioni di incostituzionalità, è bene chiarire da subito che le considerazioni esposte non si limitano solo al processo del lavoro, ma riguardano tutti i processi, compreso quello tributario, per il quale, ultimamente, il legislatore ha tentato di inserire la sospensiva breve con il D.L. n. 78 del 31 maggio 2010, per fortuna soppresso dal Senato, con il maxi-emendamento in sede di conversione, ed in attesa della definitiva votazione alla Camera (dove peraltro il Governo ha preannunciato il voto di fiducia giovedì 29 luglio).

In particolare, è il caso di sottolineare che soltanto nel giudizio di opposizione alla cartella esattoriale (come nel caso sottoposto alla Corte) il destinatario di questa ha la possibilità di far accertare l'inesistenza, o la minore entità, del proprio debito; di qui, la centralità e la delicatezza di tale momento processuale, del quale la tutela cautelare esperibile soltanto con la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo costituisce profilo essenziale.

Nel processo, il legislatore stabilisce termini ordinatori (art. 152, secondo comma, c.p.c.) con finalità accelerativa, perché intende garantire alla categoria di controversie in esame una sorta di corsia preferenziale, tale da garantire e consentire l'esecuzione immediata ed effettiva di una decisione (nella fattispecie, della Commissione europea adottata l'11 maggio 1999).

La suddetta esigenza, però, pur se meritevole di tutela, deve sempre essere bilanciata con il diritto inviolabile di difesa assicurato alla parte in ogni stato e grado del procedimento (art. 24, secondo comma, Cost.).

La norma censurata, però, non realizza tale necessario bilanciamento e, dunque, si pone in contrasto con il succitato parametro costituzionale, perché prevede un termine che, pur se prorogato, è in ogni caso contenuto nella durata massima di 150 giorni (come peraltro intendeva fare il legislatore nel processo tributario con il D.L. n. 78/2010).

Secondo la Consulta, se è fuor di dubbio che il legislatore gode di ampia discrezionalità, è pur vero che il diritto di difesa, al pari di ogni altro diritto garantito dalla Costituzione, deve essere regolato dalla legge ordinaria in modo da assicurare il carattere effettivo.

Scrive, giustamente, la Corte Costituzionale:

“Pertanto, qualora per l'esercizio di esso, anche e tanto più sotto il profilo della tutela cautelare, siano stabiliti termini così ristretti da non realizzare tale risultato, il precetto costituzionale è violato.

La congruità di un termine in materia processuale, se da un lato va valutata in relazione alle esigenze di celerità cui il processo stesso deve ispirarsi, dall'altro deve tener conto anche dell'interesse del soggetto che ha l'onere di compiere un certo atto per salvaguardare i propri diritti.

In casi come quello in esame, in cui adempiere all'onere probatorio, ricadente sulla parte che ha promosso il giudizio, richiede di regola l'espletamento di un'attività istruttoria anche complessa, il termine di soli centocinquanta giorni (complessivi) per la conservazione dell'efficacia del provvedimento di sospensione si rileva non congruo, sulla base delle considerazioni dinanzi svolte”.

Infatti, l'opposizione alla cartella di pagamento postula l'esame dell'intero rapporto (sia nel processo del lavoro che in quello tributario) e, pur con la maggiore concentrazione garantita, richiede di regola lo svolgimento di attività istruttorie che possono rivelarsi anche molto complesse, con la necessità della nomina di un C.T.U.

Inoltre, sempre secondo la Corte Costituzionale, la sospensiva breve si pone anche in netto contrasto con l'art. 111, secondo comma, Cost.

Scrive, infatti, la Consulta:

“In primo luogo, essa rende asimmetrica la posizione delle parti, con conseguente lesione del principio costituzionale di parità, in quanto la perdita di efficacia del provvedimento di sospensione del titolo, collegata al mero decorso di un breve arco di tempo, consente all'ente, che ha proceduto ad iscrivere a ruolo il presunto credito, di azionarlo in via esecutiva pur in presenza delle condizioni che avevano condotto il giudice a disporre la sospensione stessa, così attribuendogli una ingiustificata posizione di vantaggio.

In secondo luogo, il principio di durata ragionevole del processo, ribadito dall'art. 111, secondo comma, Cost., in coerenza con l'art. 6, primo comma, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (firmata a Roma il 04 novembre 1950, ratificata con legge 04 agosto 1955, n. 848), se è diretto a disporre che il processo stesso non si protragga oltre certi limiti temporali, assicura anche che esso duri per il tempo necessario a consentire un adeguato spiegamento del contraddittorio e l'esercizio del diritto di difesa, di cui il diritto di avvalersi di una sufficiente tutela cautelare è componente essenziale.

Infatti, anche questo aspetto è compreso nel canone della ragionevole durata affermato dal suddetto parametro.

Pertanto, l'automatica cessazione del provvedimento di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo, in assenza di qualsiasi verifica circa la permanenza delle ragioni che ne avevano determinato l'adozione, si risolve in un deficit di garanzie che rende la norma censurata non conforme al modello costituzionale .

In definitiva, è da accogliere con soddisfazione ed entusiasmo la succitata sentenza n. 281/2010 della Corte Costituzionale, con la speranza che il legislatore, anche quello tributario, non tenti più in futuro di limitare nel tempo la tutela cautelare, con grave lesione del diritto di difesa.

Invece, proprio alla luce delle suddette considerazioni costituzionali, de iure condendo, è da auspicare che nel processo tributario la tutela cautelare non sia limitata in grado di appello solo alle sanzioni, ma si estenda anche alle imposte, tasse ed interessi.

Questo, però, è un argomento che rientra nella generale e necessaria riforma della giustizia tributaria, che potrà realmente verificarsi solo se il Ministero dell'Economia e delle Finanze non gestirà più questo ganglio delicato della giustizia.

Lecce, 26 luglio 2010

AVV. MAURIZIO VILLANI
Avvocato Tributarista in Lecce
PATROCINANTE IN CASSAZIONE


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Sentenza Cassazione del 23/07/2010 n. 281

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