News Pubblicata il 29/08/2023

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Contributi commercianti: iscrizione a ruolo valida malgrado la conciliazione

di Redazione Fisco e Tasse

Per la Cassazione la conciliazione fiscale non sana l'obbligo contributivo calcolato a seguito di accertamento per maggior reddito. Il giudice deve vagliare nel merito



Nell'ordinanza 22832 del 27  luglio 2023 la Cassazione si occupa della contribuzione previdenziale a carico dei commercianti a seguito di accertamento per maggior reddito.

 In particolare chiarisce che la definizione di una lite fiscale   attraverso la conciliazione art 39 dl 98 2022 non incide sull'obbligo di sanare il debito contributivo perseguito con la cartella esattoriale. La contestazione dell'accertamento dell'Agenzia richiede infatti precise prove in senso contrario.

Il caso riguardava l' opposizione contro una  cartella esattoriale per l'importo 11.375,13  euro e concernente la contribuzione dovuta alla gestione commercianti per gli anni 2006 e 2010

Il contribuente sosteneva che l'iscrizione a ruolo era illegittima per il contestuale ricorso al giudice tributario contro l'avviso di accertamento fiscale e, in secondo luogo, la nullita' della cartella, in quanto carente della motivazione prescritta dall'articolo 7 della L. 27 luglio 2000, n. 212.

La controversia fiscale è stata definita con la conciliazione  prevista dall'articolo 39, comma 12, del Decreto Legge 6 luglio 2011, n. 98 e il tribunale di Cagliari ha annullato la cartella 

 affermando che la definizione della controversia fiscale priverebbe di fondamento anche la pretesa contributiva.

 La Corte d'appello di Cagliari a seguito del ricorso dell'INPS ha  invece  riformato la pronuncia  di primo grado:

  1.   annullando parzialmente  la cartella esattoriale  ritenendo  comunque dovuti  i contributi fissi per il secondo trimestre del 2010, non compresi  nella procedura di conciliazione 
  2. evidenziando che in ogni caso che la definizione della lite fiscale non incide sulla pretesa contributiva, che dovra' essere soddisfatta in una misura pari al 30% dell'importo rivendicato dall'Istituto, cosi come  previsto per l'obbligazione tributaria, in conseguenza della conciliazione fiscale.

Nel rigettare il ricorso del contribuente la Cassazione  precisa che 

  1. correttamente la sentenza di appello ha applicato l'orientamento consolidato  per cui  "il giudice dell'opposizione alla cartella esattoriale, allorche' ritenga illegittima l'iscrizione a ruolo, e' tenuto a esaminare nel merito la fondatezza della domanda di pagamento dell'Istituto previdenziale ( Cass. 6 luglio 2018, n. 17858)", in modo non dissimile dal  caso di opposizione a decreto ingiuntivo.
  2. anche  riguardo la  definizione concordata della lite fiscale, prevista dall'articolo 39, comma 12, del Decreto Legge n. 98 del 2011 e dall'articolo 16 della L. n. 289 del 2002, si ribadisca che  tale istituto  non incide in alcun modo sul contenuto e sulla portata presuntiva dell'atto di accertamento dell'Agenzia delle entrate. Tale atto  conserva la  sua efficacia ai fini extrafiscali del calcolo dei contributi INPS  (Cass., sez. lav., 20 agosto 2019, n. 21541)  in quanto la definitivita' dell'accertamento ai fini contributivi può  essere contestato solo con prove di segno contrario. (Cass., sez. lav., 3 ottobre 2019, n. 24774), cosa che non è avvenuta nella controversia  in oggetto.
  3. Viene respinta  anche la richiesta  di assumere eventualmente come parametro  per  la contribuzione  l'importo fissato nella definizione agevolata. La pronuncia ricorda infatti che la giurisprudenza costante di  legittimità  consente di superare il valore dell'accertamento solo in presenza di critiche pertinenti e di contestazioni mirate, mai attraverso la  conclusione della contesa tributaria.

Infine,  in merito alla discussione delle spese processuali la Cassazione  afferma che il parziale accoglimento della domanda dell'INPS  non consente di  ravvisare una posizione di soccombenza dell'Istituto  per cui la suddivisione delle spese  effettuata dai giudici di seconde cure risulta assolutamente corretta .


Fonte: Corte di Cassazione



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