News Pubblicata il 15/10/2021

Tempo di lettura: 3 minuti

Brexit: addio Europa, benvenuta America

di Dott. Salvo Carollo

Il Regno Unito tratta un accordo di libero scambio che rafforzerebbe l’asse finanziario tra New York e Londra



Nei giorni scorsi sono saltati alla ribalta televisiva le immagini di un Regno Unito senza benzina, con evidenti difficoltà di approvvigionamento di alcune materie prime.

Se non fossimo in Europa, qualcuno potrebbe anche pensare che questo tipo di comunicazione serva ad assopire le spinte indipendentiste presenti in molto angoli dell’Unione Europea.

Ma quella della brexit è un’altra storia.

Quando il Regno Unito faceva parte dell’Unione Europea, costituiva l’anello di congiunzione finanziario tra Europa ed America; realizzata la brexit, i più hanno pronosticato un futuro difficoltoso per l’economia britannica, le cui prime avvisaglie sarebbero le problematiche attuali; ma non è affatto detto che, osservando la questione in un’ottica di medio periodo, quella che trarrà le peggiori conseguenze dal divorzio non sia invece, alla fine, l’Unione Europea.

Abbandonata l’Europa, il Regno Unito ha avviato tavoli di dialogo bilaterali con le principali economie mondiali; è notizia recente che nel novero dei possibili partner commerciali futuri ci sia anche l’Italia.

Quindi sul tavolo ci sono tanti accordi commerciali; ma sul tavolo, a quanto sembra, c’è anche l’Accordo commerciale, quello che, per la sua importanza, renderebbe gli altri degli accessori.

Abbandonata l’Europa, il Regno Unito potrebbe aderire all’USMCA, l’accordo di libero scambio, esistente dal 2018, tra USA, Messico e Canada. Non c’è nulla di ufficiale, ma importanti quotidiani finanziari britannici riportano di trattative già avviate tra Joe Biden e Boris Johnson: trattative difficili, complesse, ma che potrebbero davvero realizzarsi, perché conviene a entrambe le parti.

L’USMCA costituisce già oggi la più grande potenza economica mondiale, in termini di PIL, e con l’ingresso del Regno Unito arriverebbe a contare quasi quanto l’Unione Europea e la Cina insieme.

Ma, al di là dei numeri, le motivazioni alla base dell’abbandono dell’Unione Europea prima, e dell’accordo di libero scambio con l’America poi, trovano giustificazione nelle caratteristiche strutturali delle economie interessate.

Se l’economia cinese è basata sull’industria, e quella europea sui cavilli e i balzelli, il cuore pulsante di quella nordamericana è la finanza, come quella inglese; partendo da questa semplice considerazione l’integrazione del Regno Unito è quasi naturale.

Tra l’altro, l’ipotizzato allargamento dell’accordo di libero scambio nordamericano aumenterebbe la centralità americana nell’economia mondiale, e rafforzerebbe tutte le economie interessate.

Superando la ristrettezza dei singoli aspetti dell’USMCA, che è solo un accordo commerciale di libero scambio, quel che più importa è che l’allargamento al Regno Unito permetterebbe anche di rafforzare lo storico asse finanziario tra New York e Londra.

La coppia valutaria GBP USD (sterlina scambiata contro dollaro), che prende il nome di cable, dal cavo sottomarino che, passando sotto l’atlantico, nel XIX secolo collegava Londra con New York per trasmettere i tassi di cambio, rappresenta la coppia valutaria più liquida al mondo, con le rispettive piazze che costituiscono i centri finanziari più importanti a livello globale.

Un rapporto più che privilegiato tra New York e Londra rafforzerebbe due economie che non vivono solo di finanza, ma per le quali la finanza assume una importanza strategica. 

Per contro l’Unione Europea, anche per effetto della brexit, si ritrova in rapporti rinnovati ma estranei con il nuovo corso dell’amministrazione americana, e implicata con un’economia, quella cinese, grazie alla sua via della seta, che ogni giorno trasmette segnali di instabilità economica.

In un contesto di venti di crisi finanziaria che spirano da oriente, in occidente si sta formando un solido muro pronto a resistere ad un mare in tempesta, i cui flutti, alla fine, potrebbero abbattersi sull’Europa.




TAG: Fiscalità Internazionale PMI Imprese e Lavoro nel Mondo