Speciale Pubblicato il 08/04/2021

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La prescrizione dei Contributi INPS da dichiarazione

di Dott. Salvo Carollo

Anche i contributi INPS non dichiarati, oltre che omessi, godono del termine di prescrizione quinquennale a partire dalla data dell’omesso versamento



La prescrizione dei contributi INPS da dichiarazione, i cui termini sono i medesimi per tutte le gestioni previdenziali a cui è obbligato il contribuente, rappresenta una questione sempre di viva attualità.

La motivazione risiede nel fatto che l’istituto, per questa tipologia di debito previdenziale, ha l’abitudine di mandare ai contribuenti gli avvisi di pagamento, per l’omissione dei versamenti dovuti, a ridosso della loro prescrizione. Difficile stabilire il motivo di questo comportamento, ma di certo ciò comporta che il contribuente sentirà la necessità di verificare se il suo debito sia prescritto o meno.

Come regola generale i contributi INPS da dichiarazione si prescrivono in cinque anni: entro tale periodo l’istituto deve trasmettere al contribuente una richiesta di pagamento dei versamenti omessi, al fine di azzerare la prescrizione.

Il problema che sorge, quando tale richiesta viene trasmessa a ridosso della scadenza dei cinque anni, è stabilire, con precisione, il periodo di decorrenza: il momento a partire dal quale iniziare a contare i giorni per il computo dei cinque anni, che non è così scontato come può sembrare.

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La prescrizione dei contributi non versati ma dichiarati

Puntando ognuno a privilegiare i propri interessi, l’INPS di solito sostiene che, ai fini del computo della prescrizione per l’omesso versamento dei contributi previdenziali da dichiarazione, si debba considerare quale momento iniziale la data di invio della dichiarazione dei redditi, considerato dall’ente il giorno a partire da cui è possibile, per gli enti demandati al controllo delle dichiarazioni, verificare l’avvenuto versamento di quanto dovuto.

Di diverso parere solitamente sono i contribuenti, che vedono coincidere l’inizio del periodo di conteggio con il giorno di scadenza del versamento dovuto (nel sistema italiano i versamenti dei saldi da dichiarazione annuale scadono alcuni mesi prima dell’invio telematico del modello dichiarativo).

La questione, dopo tanto contendere, può considerarsi definita per consolidamento della giurisprudenza.

La Corte di Cassazione in numerose occasioni ha chiarito che “il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito […] costituente la base imponibile per il calcolo del contributo” e che “la decorrenza del termine di prescrizione dipende dall’ulteriore momento in cui la corrispondente contribuzione è dovuta e quindi dal momento in cui scadono i termini di pagamento di essa”, per usare le parole della recente sentenza numero 4899 del giorno 23 febbraio 2021, che riprende quanto già precedentemente disposto dall’ordinanza numero 3367 del giorno 11 febbraio 2021 e dell’ordinanza numero 14410 del giorno 27 maggio 2019.

Quindi, è possibile dichiarare che la prescrizione dei contributi INPS da dichiarazione avviene in cinque anni a partire dal giorno in cui questi versamenti dovevano essere versati.

Sarà necessario precisare che quello affrontato è il caso del contributo previdenziale evidenziato come debito in dichiarazione dei redditi, ma non versato; il cui inquadramento può ormai considerarsi definito.

Più animata è la disputa quando, invece, i contributi previdenziali da dichiarazione, oltre a non essere stati versati dal contribuente, non sono stati neanche esposti sul modello dichiarativo, che rappresenta una situazione di diverso e più incerto inquadramento.

La prescrizione dei contributi non versati e non dichiarati

Questione meno semplice da diramare è il caso in cui il debito previdenziale che dovrebbe emergere dalla dichiarazione dei redditi, oltre a non essere stato versato, non sia stato neanche esposto sul modello dichiarativo.

In questo caso sulla prescrizione grava il punto numero 8 dell’articolo 2941 del Codice civile, in base al quale la prescrizione rimane sospesa “tra il debitore che ha dolosamente occultato l’esistenza del debito e il creditore, finché il dolo non sia stato scoperto”.

Forte di questa norma, l’INPS di solito assume la posizione di chi ritiene, in questo caso, la prescrizione sospesa, quindi non decorrente e congelata, fino al momento in cui l’omissione non emerga, in conseguenza dell’ordinaria attività di controllo delle dichiarazioni dei redditi.

Recentemente, in soccorso del contribuente è arrivata però l’ordinanza della Corte di Cassazione numero 14410 del 27 maggio 2019, la quale stabilisce che “l’operatività della causa di sospensione della prescrizione, di cui all’articolo 2941, numero 8, Codice civile, ricorre quando sia posta in essere dal debitore una condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito”, che tale criterio “richiede di considerare l’effetto dell’occultamento in termini di impedimento non sormontabile con gli ordinari controlli”, e che “va pertanto affermato che la mancata denuncia del reddito non equivalga né ad un doloso e preordinato occultamento del debito contributivo da corrispondere all’INPS, né che essa configuri impedimento assoluto, non scongiurabile con i normali controlli che l’istituto può invece sempre attivare e sollecitare anche rivolgendosi all’Agenzia delle Entrate”.

Quanto stabilito dalla suprema corte con l’ordinanza appena citata è di fondamentale importanza interpretativa per l’oggetto del contendere: escludendo la legittimità dell’applicazione dell’articolo 2941 numero 8 del Codice civile, la Corte di Cassazione, di fatto, riporta la fattispecie (la prescrizione dei contributi INPS non versati e non dichiarati) all’interno dell’ordinario perimetro di prescrizione, che, anche in questo caso, sarà di cinque anni dalla data del versamento omesso.



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