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Omessa certificazione ritenute acconto

Buonasera a tutti.
Un lavoratore nel 2008 ha effettuato prestazioni di lavoro occasionale e saltuario. I compensi percepiti e le ritenute operate sono rilevabili solo dalle fotocopie delle ricevute in possesso del lavoratore. L'impresa, nonostante le continue rchieste di rilascio di certificazione dei compensi e delle ritenute operate, fa orecchio da mercante e non rilasia alcuna certificazione.
Si presume che l'impresa non abbia effettuato alcun versamento delle ritenute ed è per questo che non certifica. Il lavoratore vorrebbe recuperare le ritenute, ma sarebbe possibile in assenza di certificazione?
Grazie.
 

Antonio1

Utente
Riferimento: Omessa certificazione ritenute acconto

Già postato

da commercialista telematico:


La certificazione ex art. 4 del D.P.R. n. 322/1998

Vediamo ora, nell’ambito di tale meccanismo, quale funzione assolve la certificazione di cui all’art. 4 del D.P.R. n. 322/1998.

Spesso si cade nell’errore di ritenere che la certificazione sia l’unico documento in grado di provare che una ritenuta è stata subita, il che si traduce, in caso di mancata esibizione della stessa, nel non riconoscere, ai fini dello scomputo in dichiarazione dei redditi, le ritenute subite, ma non certificate.

In realtà, la funzione assolta dalla certificazione è esclusivamente quella di regolamentare i rapporti fra sostituito e sostituto nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, liberando il primo dall’obbligazione tributaria (limitatamente alla somma oggetto di ritenuta) e attribuendo al secondo ogni responsabilità in caso di mancato versamento delle ritenute operate. In tale eventualità, infatti, il Fisco potrà rivalersi solo nei confronti del sostituto, non potendo addebitare per la seconda volta al sostituito le somme di cui è già stato depauperato.

Da quanto detto, si deduce che la certificazione non ha valenza probatoria, nel senso che l’esistenza di tale attestazione non costituisce prova dell’avvenuto versamento delle ritenute e, di contro, la sua mancata esibizione non è sintomatica del fatto che il versamento non sia stato effettuato.

Il diritto allo scomputo delle ritenute ex art. 22 del TUIR

Va, altresì, osservato che il testo dell’art. 22 del TUIR così recita: “Dall’imposta (…) si scomputano (…) le ritenute alla fonte a titolo di acconto operate, anteriormente alla presentazione della dichiarazione dei redditi (…)”. Dalla lettera della norma si desume che il presupposto alla base del diritto a scomputare le ritenute è rappresentato dal fatto che queste siano state operate da parte del sostituto, ossia decurtate dal compenso erogato al percettore – sostituito, a prescindere dal fatto che siano state non solo certificate, ma addirittura versate.

L’orientamento giurisprudenziale

Tali argomentazioni sono avvalorate anche da un’ampia giurisprudenza tendente a disconoscere valore probatorio alla suddetta certificazione, anche alla luce del principio generale che sancisce il divieto di doppia imposizione di cui all’art. 163 del TUIR (ai sensi del quale “la stessa imposta non può essere applicata più volte in dipendenza dello stesso presupposto, neppure nei confronti di soggetti diversi”).

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 3725/79, ha ritenuto che “il mancato rilascio della dichiarazione attestante l’avvenuta ritenuta da parte di colui che ha effettuato la ritenuta medesima non può comportare per il contribuente (che ha subito la ritenuta) l’obbligo di pagare nuovamente l’imposta”, aggiungendo che “non essendovi solidarietà nel debito le stesse somme non possono essere richieste anche al sostituito stante il divieto di doppia imposizione”.

Su quest’ultimo aspetto ha posto l’accento anche la Commissione Tributaria Centrale ritenendo che “qualora il contribuente, per fatto omissivo del sostituto d’imposta, non è posto in grado di produrre la documentazione necessaria per provare di aver subito le ritenute d’acconto, le somme dovute non possono essere richieste anche allo stesso sostituito, stante il divieto di doppia imposizione posto dagli artt. 7 e 67 del DPR n. 600/73”( Sentenza n. 1303/95).

D’altronde, è pacifico anche in giurisprudenza che la certificazione non è l’unico documento legittimante lo scomputo. Il contribuente sprovvisto di certificazione può, infatti, disporre di altri supporti documentali atti a provare che le ritenute sono state effettivamente operate. A titolo esemplificativo si citano:

- le ricevute o fatture emesse dal contribuente all’atto del pagamento del compenso, dove sono distintamente indicati l’importo lordo spettante, quello della ritenuta operata e quello netto corrisposto (vedi Commissione Tributaria di II grado di Treviso, decisione n. 299/95);

- un estratto conto del libro delle entrate e delle ritenute, dal quale sia desumibile che le ritenute sono state operate (vedi Commissione Tributaria di II grado di Piacenza, decisione n. 72/89);

- la lettera di trasmissione dell’assegno recante il compenso, nella quale viene anche indicato l’ammontare della ritenuta operata (vedi Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sentenza n. 490/98).

Conclusioni

Dall’esame del quadro normativo e della giurisprudenza in materia, si perviene alle seguenti conclusioni:

la certificazione non fornisce la prova dell’avvenuto pagamento delle ritenute;
la certificazione non costituisce la conditio sine qua non per lo scomputo delle ritenute medesime;
il mancato riconoscimento da parte dell’Amministrazione finanziaria delle ritenute operate ma non certificate implica una violazione del divieto di doppia imposizione poiché, in corrispondenza della stessa ricchezza prodotta, l’Erario effettuerebbe un duplice prelievo, prima in capo al sostituto e dopo in capo al sostituito.
D’altro canto, la circostanza secondo cui la certificazione non ha valore probatorio, oltre che dalla portata letterale della norma, è ulteriormente avvalorata dalla considerazione che, in caso contrario (cioè, se si riconoscesse valenza probatoria alla certificazione), si verificherebbe un’incoerenza da parte del legislatore fiscale, il quale da un lato vieta espressamente la doppia tassazione, ma dall’altro, implicitamente, la legittima.
 
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