se sei "abilitato entratel" potresti vedere sul sito web sezione commissioni tributarie identificando la vertenza (sempre che hai difeso tu...)
anche io cmq sto aspettando di conoscere l'esito di un ricorso discusso alla commissione regionale distaccata milano sez Brescia di novembre...
cmq, non notificano la sentenza, la quale va notificata dalle parti.... ma bensì il dispositivo della sentenza...
allego questo articolo apparso su italia oggi...
" Titolo : Stop ai ricorsi dopo un anno - La giurisprudenza si è attestata sulla rigorosità delle scadenze processuali - Impugnative inammissibili oltre il termine lungo Testo : Se la proposizione del ricorso in appello avviene entro il termine proprio del rito tributario di 60 giorni dalla notifica della sentenza ma paradossalmente oltre il più lungo arco temporale di un anno e 46 giorni dalla data di pubblicazione della stessa per evidenti negligenze organizzative in nessun caso sarà possibile impugnare la decisione di primo grado; ciò perché il termine di cui all’articolo 327 cpc prevale comunque su quello di cui all’articolo 22 del dpr 636 del 1972. Anche quando singolarmente il primo decada prima del secondo. È questa la conclusione alla quale ci si deve rassegnare stante il tenore e l’interpretazione letterale delle norme tributarie in merito ai termini decadenziali per la proposizione del ricorso in secondo grado. La situazione descritta in apertura si inserisce prepotentemente nel mai sopito dibattito inerente l’applicabilità del già ricordato art. 327 cpc al rito tributario regolato dal vecchio dpr n. 636 del 1972; tale disputa, per le controversie più recenti è stata risolta definitivamente con l’intervento tranciante dell’articolo 38 del dlgs n. 546 del 1992, secondo il quale, fermo restando il termine di sessanta giorni dalla notifica della sentenza di cui all’articolo 51, stabilisce che in assenza di tale notifica si renda applicabile il più volte citato art. 327 cpc, che combinato con la sospensione dei termini nel periodo feriale porta a stabilire il più lungo periodo per l’impugnazione delle sentenze delle commissioni provinciali in 1 anno e 46 giorni dalla pubblicazione della stesse. Fermi restando tutti i dubbi inerenti tale problematica per le controversie regolate dal vecchio rito tributario, nel quale mai viene richiamato espressamente l’articolo 327, ciò che qui si vuol sottolineare è una situazione paradossale che potrebbe verificarsi, ed in effetti si è verificata, laddove il riferimento alla disposizione civilistica potesse mettere il contribuente in una posizione oltremodo penalizzante. Un contribuente, socio di una società di persone riceve un avviso di accertamento susseguente a un analogo provvedimento emesso a carico della società partecipata. In primo grado quest’ultima vede respinto il proprio ricorso con la inevitabile sconfitta del socio al quale è attribuito il maggior reddito prodotto dal soggetto economico. Nel presentare appello alla sentenza di primo grado la stessa società vedeva riconosciute le proprie pretese dalla commissione regionale; in tal modo, per logica conseguenza di tale decisione, anche gli accertamenti relativi al socio avrebbero dovuto decadere. Invece il ricorso in secondo grado di quest’ultimo viene considerato improponibile perché pur essendo stato presentato entro i termini di cui all’articolo 22 del dpr n. 636 del 1972 esso risultava essere avvenuto oltre il termine di cui all’articolo 327 cpc (un anno e 46 giorni dalla pubblicazione della sentenza). Tale quanto meno singolare situazione scaturisce dall’inadempimento della segreteria della commissione di primo grado che evidentemente ha provveduto a notificare il dispositivo della sentenza stessa ben oltre i 10 giorni dal deposito previsto dal terzo comma dell’articolo 38 del dpr n. 636 del 1972. Infatti se tale notifica avviene, per esempio, dopo un anno dalla pubblicazione della sentenza è chiaro che i sessanta giorni di cui all’articolo 22 si riducono a 46 perché oltre tale termine è l’articolo 327 cpc. a impedire qualsiasi impugnazione. Il paradosso, nel caso in questione, è particolarmente evidente perché il ricorso alla commissione di secondo grado da parte del socio non avrebbe potuto avere che esito positivo, visto il ribaltamento della sentenza di primo grado già operato per la società; conseguentemente si appalesa una situazione sostanzialmente ingiusta, nella quale il contribuente non può vedersi riconosciute le proprie ragioni per ragioni direttamente imputabili alla negligenza della segreteria. Se infatti è vero che il soggetto in questione avrebbe potuto autonomamente interessarsi all’esito della vicenda evitando di far spirare il termine lungo, ad accrescere il disagio e le perplessità è anche la difficoltà di poter agire per autotutela da parte dell’amministrazione finanziaria."
ciao...