Riferimento: medico dipendente intramoenia
Salve, se lo Trovi pertinente,se non già a conoscenza, sono a segnalare, la risposta fornita dall'Agenzia delle Entrate, ad un quesito posto da un ASL.
Saluti domenico
Risoluzione del 12/03/2007 n. 42
Oggetto:
Istanza di interpello - Azienda Sanitaria Ospedaliera ALFA - Regime IVA
sulle consulenze e perizie mediche rese da medici (con rapporto esclusivo
con l'ASL) che operano al di fuori dell'attivita' di intramoenia
Testo:
Con istanza di interpello, inoltrata ai sensi dell'articolo 11 della
legge 27 luglio 2000, n. 212, e' stato chiesto il parere della scrivente in
merito alla questione di seguito rappresentata.
ESPOSIZIONE DEL QUESITO
L'istante ha chiesto chiarimenti in merito agli obblighi fiscali, ai
fini IVA ed IRPEF, che devono osservare i medici dipendenti dell'Azienda
Sanitaria Ospedaliera, nelle ipotesi in cui siano autorizzati dalla stessa a
svolgere a titolo personale attivita' di lavoro autonomo in materia di
consulenza medico legale.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L'azienda sanitaria intende suggerire ai propri dipendenti il seguente
comportamento:
- richiesta di attribuzione del numero di partita IVA per i medici che
ritengono di svolgere l'attivita' di consulenza medico legale con carattere
di abitualita' e fatturazione con IVA delle prestazioni rese;
- per i medici che ritengono di rendere le prestazioni di consulenza
medico legale in via meramente occasionale di non richiedere l'attribuzione
del numero di partita IVA e dichiarare i compensi percepiti ai fini IRPEF
come redditi diversi.
PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
Con riferimento alla richiesta presentata, occorre rilevare, in via
preliminare, che l'istanza di interpello in esame e' da ritenersi
inammissibile in quanto non sussistono i presupposti stabiliti dall'articolo
3, del decreto 26 aprile 2001, n. 209, sulle modalita' di esercizio
dell'interpello. In particolare il comma 1, lettera b), dell'articolo 3, del
citato decreto chiarisce che l'istanza di interpello deve riferirsi ad un
caso concreto e personale del contribuente.
Dall'esame della documentazione trasmessa si evince, invece, che la
richiesta di consulenza non e' riconducibile ad interessi personali ma ad
interessi di rilevanza generale.
Per tali motivi, la scrivente ritiene che la richiesta presentata non
possa essere trattata come "interpello del contribuente" sul piano degli
effetti.
Cio' nonostante, si reputa opportuno esaminare nel merito la questione
prospettata, rappresentando qui di seguito un parere che non e' produttivo
degli effetti tipici dell'interpello di cui all'art. 11 della legge 27
luglio 2000, n. 212.
Con riguardo al caso di specie in cui i medici, dipendenti in rapporto
esclusivo, sono autorizzati dall'Azienda Ospedaliera ad espletare la
consulenza medico-legale a titolo personale, al di fuori dell'attivita'
intramuraria (secondo una prassi riconosciuta legittima da Ministero della
Salute) occorre distinguere l'ipotesi in cui le prestazioni medico legali
siano rese all'Autorita' giudiziaria, nell'ambito del procedimento penale,
dalle diverse ipotesi in cui siano rese nel quadro di un giudizio civile o
eseguite per finalita' assicurative, amministrative, e simili.
Infatti, nel primo caso l'attivita' di consulenza prestata al
magistrato (nel quadro del giudizio penale) costituisce esercizio di
pubblica funzione. Pertanto il trattamento fiscale dei relativi compensi va
determinato in base all'art. 50, comma 1, lett. f), del TUIR, il quale
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Risoluzione del 12/03/2007 n. 42
ricomprende, in linea di principio, tali somme tra i redditi assimilati a
quelli di lavoro dipendente.
I predetti compensi, peraltro, ai sensi della norma citata, perdono la
qualificazione di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, per
essere attratti nella categoria reddituale propria del soggetto esercente la
pubblica funzione, nell'ipotesi in cui questi svolga attivita' di lavoro
autonomo o di impresa.
In base alla previsione del richiamato art. 50, lett. f), le attivita'
che costituiscono pubbliche funzioni non sono di per se' idonee a
configurare il presupposto soggettivo ai fini IVA, in quanto possono essere
ricondotte all'esercizio di attivita' professionali o all'esercizio
d'impresa solo se poste in essere da soggetti che svolgono altre attivita'
di lavoro autonomo o d'impresa.
Si precisa, altresi', che nel caso in cui operi, invece, l'attrazione
al reddito professionale, l'attivita' di consulenza assume rilievo anche ai
fini dell'imposta sul valore aggiunto con la conseguenza che le prestazioni
devono essere assoggettate al tributo con applicazione dell'aliquota IVA del
20%.
Passando all'esame dell'altra fattispecie, si ritiene che qualora
l'attivita' di consulenza abbia finalita' assicurative o amministrative, e
sia svolta con carattere di abitualita' da parte del professionista, il
relativo reddito (ritratto da un'attivita' tipicamente liberoprofessionale)
dovra' essere assoggettato al regime proprio del reddito di
lavoro autonomo, di cui all'art. 53 del TUIR. Risulta pertanto applicabile,
in tale caso, la disciplina prevista per i redditi di natura professionale
dell'art. 54 del TUIR, che implica, ovviamente, dal punto di vista
dell'imposta sul valore aggiunto, il necessario possesso della partita IVA.
Nel caso in cui, invece, l'attivita' di consulenza medico-legale sia
prestata in maniera occasionale i relativi onorari saranno qualificati come
redditi diversi, di cui all'articolo 67, comma 1, lett. l), del TUIR, in
quanto trattasi di compensi derivanti da attivita' di lavoro autonomo non
esercitate abitualmente.
In tale ultima ipotesi, attesa la mancanza di abitualita'
nell'esercizio dell'attivita', le operazioni restano escluse dal campo di
applicazione dell'IVA per carenza del presupposto soggettivo.
Ne deriva che il medico dipendente, in rapporto esclusivo,
dell'Azienda Sanitaria Ospedaliera, qualora intenda effettuare solo in via
occasionale prestazioni medico-legali in forza di autorizzazioni specifiche
dell'Ente, non e' obbligato all'apertura della partita IVA.
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