Gio.
Utente
Con il recente documento L'Agenzia delle Entrate rivede, seppur parzialmente, il proprio precedente restrittivo orientamento espresso nella circolare 3 marzo 2009, n. 6/E e nella risoluzione 31 marzo 2009, n. 84/E.
Le fonti normative all'origine della questione sono le seguenti:
il decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), ha soppresso i limiti alla detrazione dell’IVA sui servizi alberghieri e di somministrazione di alimenti e bevande; a regime, dunque, i soggetti IVA possono detrarre l’imposta relativa a tali prestazioni secondo la regola generale dell’art. 19 del decreto IVA e, cioè, se e nella misura in cui le spese in esame siano sostenute nell’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale;
di converso, il d.l. 112/2008 ha modificato in senso restrittivo il regime di deducibilità delle prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande sostenute a vario titolo nell’esercizio dell’attività commerciale; a regime, infatti, tali spese risultano deducibili nel limite del 75 per cento del loro ammontare.
Le citate novità hanno sollevato la questione, di non poco conto, circa la rilevanza che assume ai fini reddituali l’IVA che dovesse restare a carico dell’impresa o dell’esercente per difetto del relativo documento contabile (fattura).
In proposito, l’Amministrazione Finanziaria aveva espresso l’opinione che l’IVA ammessa in detrazione non costituisce costo ai fini reddituali, come tale deducibile, nei casi in cui il contribuente non abbia fatto valere il diritto alla detrazione; e ciò, secondo questa impostazione, tanto nell’ipotesi in cui sia stata chiesta la fattura (e non sia stato poi esercitato il diritto alla detrazione), tanto in quella in cui tale documento non sia stato richiesto (cfr.: circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 6 del 3 marzo 2009 e risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 84 del 31 marzo 2009).
Tale orientamento aveva destato notevoli perplessità.
Con la circolare in oggetto l’Agenzia delle Entrate è intervenuta nuovamente sulla questione precisando che “Le considerazioni svolte nei richiamati documenti di prassi - in merito al carattere non inerente del costo rappresentato dall’IVA detraibile ma non detratta per effetto della mancata richiesta della fattura – possono subire, tuttavia, un’eccezione qualora la scelta di non richiedere la fattura per le prestazioni alberghiere e di ristorazione si basi su valutazioni di convenienza economico-gestionale.
L’imprenditore e il professionista, infatti, possono decidere di non richiedere le fatture relative alle prestazioni alberghiere e di ristorazione – semprechè non costituiscano oggetto dell’attività propria dell’impresa – e, quindi, di non detrarre l’IVA assolta sulle stesse, nel caso in cui i costi da sostenere per eseguire gli adempimenti IVA connessi alle fatture siano superiori al vantaggio economico costituito dall’importo dell’IVA detraibile.
In tal caso, posto che la scelta dell’operatore si prospetta come la soluzione economicamente più vantaggiosa, si può riconoscere all’IVA non detratta per mancanza della fattura la natura di “costo inerente” all’attività esercitata e, pertanto, la deducibilità ai fini delle imposte sui redditi”.
In conclusione, seppur con esclusivo riferimento all’ipotesi in cui non sia stata richiesta la fattura (in mancanza della fattura, le prestazioni alberghiere e le somministrazioni di alimenti e bevande sono documentate mediante scontrino o ricevuta fiscale, quindi mediante documenti che non consentono l'esercizio della detrazione in quanto privi dell'evidenziazione dell'IVA relativa a dette prestazioni), l’Amministrazione finanziaria riconosce che l’IVA non detratta per motivi di antieconomicità dei relativi oneri procedimentali rappresenta un costo deducibile ai fini delle imposte sui redditi.
Le fonti normative all'origine della questione sono le seguenti:
il decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), ha soppresso i limiti alla detrazione dell’IVA sui servizi alberghieri e di somministrazione di alimenti e bevande; a regime, dunque, i soggetti IVA possono detrarre l’imposta relativa a tali prestazioni secondo la regola generale dell’art. 19 del decreto IVA e, cioè, se e nella misura in cui le spese in esame siano sostenute nell’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale;
di converso, il d.l. 112/2008 ha modificato in senso restrittivo il regime di deducibilità delle prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande sostenute a vario titolo nell’esercizio dell’attività commerciale; a regime, infatti, tali spese risultano deducibili nel limite del 75 per cento del loro ammontare.
Le citate novità hanno sollevato la questione, di non poco conto, circa la rilevanza che assume ai fini reddituali l’IVA che dovesse restare a carico dell’impresa o dell’esercente per difetto del relativo documento contabile (fattura).
In proposito, l’Amministrazione Finanziaria aveva espresso l’opinione che l’IVA ammessa in detrazione non costituisce costo ai fini reddituali, come tale deducibile, nei casi in cui il contribuente non abbia fatto valere il diritto alla detrazione; e ciò, secondo questa impostazione, tanto nell’ipotesi in cui sia stata chiesta la fattura (e non sia stato poi esercitato il diritto alla detrazione), tanto in quella in cui tale documento non sia stato richiesto (cfr.: circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 6 del 3 marzo 2009 e risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 84 del 31 marzo 2009).
Tale orientamento aveva destato notevoli perplessità.
Con la circolare in oggetto l’Agenzia delle Entrate è intervenuta nuovamente sulla questione precisando che “Le considerazioni svolte nei richiamati documenti di prassi - in merito al carattere non inerente del costo rappresentato dall’IVA detraibile ma non detratta per effetto della mancata richiesta della fattura – possono subire, tuttavia, un’eccezione qualora la scelta di non richiedere la fattura per le prestazioni alberghiere e di ristorazione si basi su valutazioni di convenienza economico-gestionale.
L’imprenditore e il professionista, infatti, possono decidere di non richiedere le fatture relative alle prestazioni alberghiere e di ristorazione – semprechè non costituiscano oggetto dell’attività propria dell’impresa – e, quindi, di non detrarre l’IVA assolta sulle stesse, nel caso in cui i costi da sostenere per eseguire gli adempimenti IVA connessi alle fatture siano superiori al vantaggio economico costituito dall’importo dell’IVA detraibile.
In tal caso, posto che la scelta dell’operatore si prospetta come la soluzione economicamente più vantaggiosa, si può riconoscere all’IVA non detratta per mancanza della fattura la natura di “costo inerente” all’attività esercitata e, pertanto, la deducibilità ai fini delle imposte sui redditi”.
In conclusione, seppur con esclusivo riferimento all’ipotesi in cui non sia stata richiesta la fattura (in mancanza della fattura, le prestazioni alberghiere e le somministrazioni di alimenti e bevande sono documentate mediante scontrino o ricevuta fiscale, quindi mediante documenti che non consentono l'esercizio della detrazione in quanto privi dell'evidenziazione dell'IVA relativa a dette prestazioni), l’Amministrazione finanziaria riconosce che l’IVA non detratta per motivi di antieconomicità dei relativi oneri procedimentali rappresenta un costo deducibile ai fini delle imposte sui redditi.