<HTML>In genere le cartelle formate dai Centri di Servizio recano solo una parvenza di motivazione, limitandosi ad esporre una serie di cifre che, per il contribuente medio, non hanno alcun significato e che pertanto possono essere oggetto solo di un tentativo di decifrazione, alla luce delle sintetiche, quanto insufficienti argomentazioni indicate nella Cartella.
Tale tentativo, peraltro, risulta vano nell'ipotesi in cui il contribuente non si avvalga di un professionista della materia tributaria, il quale - in ogni caso - può pervenire solo a risultati privi requisito della certezza.
Appare evidente, quindi, che la procedura seguita, in questi casi, dal Centro di Servizio non corrisponde ai più elementari principi dell'ordinamento giuridico e tributario, in base ai quali ogni atto della P.A. deve essere ampiamente motivato.
Sul punto hanno avuto modo più volte di pronunciarsi i giudici tributari ed anche la Suprema Corte di Cassazione (per tutte si veda la chiara Sentenza n. 8 del 4-1-93) affermando la nullità degli atti emessi dall'Amministrazione finanziaria non contenenti elementi idonei ad individuare e delimitare le ragioni dell'Ufficio e, conseguentemente, a consentire la difesa del contribuente. Quindi una delle possibilità è quella di far valere il difetto di motivazione. Altra possibilità è quella di rilevare eventuali vizi formali della cartella, come per esempio errato codice fiscale del contribuente, difetti o vizi della notificazione, etc.</HTML>