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I rischi dimenticati!

Gio.

Utente
E’ sempre spiacevole riflettere sulle catastrofi quando ci sono ancora persone da tirare fuori dalle macerie, ma bisogna farlo se si vuole evitare di trovarci ancora nel dolore e nella rabbia.

E rabbia è la parola giusta, quando sono anni che si classifica meticolosamente il territorio nazionale, mettendo in luce quanto sia esposto ai rischi naturali, e sono anni che non se ne tiene alcun conto. Agli italiani sembra di poter vivere in Scandinavia, ma il terremoto dell’Aquila ci ricorda brutalmente che non è così, che da noi ci sono alluvioni, frane ed eruzioni vulcaniche, che in buona misura possono essere previste, e terremoti di cui, invece, non si sa né l’ora o il giorno né tanto meno il mese o l’anno in cui si scateneranno.

È pero certo che lo faranno e ormai si sa bene dove: in Friuli, in Garfagnana, nella dorsale appenninica umbro-marchigiana-abruzzese, in Irpinia, in Calabria, nel Gargano e nella Sicilia orientale. E anche con che tipo di danno: veramente catastrofici nello Stretto di Messina, in Irpinia e nel Catanese. Eppure non viene speso un centesimo nel risanamento antisismico degli edifici pubblici, anzi si progettano faraoniche grandi opere che stornano denari dall’unico uso sensato che se ne dovrebbe fare in un contesto come il nostro. E si ipotizzano «piani edilizi» che permetterebbero la sopraelevazione degli edifici, proprio una delle cause più frequenti di crollo da terremoto, come insegna la storia dei nostri sismi, da quello di Messina e Reggio Calabria del 1908, aggravato dall’aver ignorato - già allora! - le norme antisismiche borboniche che vietavano di innalzarsi a più di 10 metri di altezza e di sovraccaricare gli edifici.

Sarà bene ricordare che non solo le città italiane sono il frutto di ricostruzioni dopo innumerevoli terremoti, ma anche il paesaggio è un paesaggio sismico, prodotto cioè da successivi eventi, come è normale in un paese geologicamente attivo, in cui si può convivere con il rischio solo usando scienza e intelligenza. Non uccide il terremoto, ma la casa mal costruita o mal posta. Sarebbe bene ricordarlo sempre. Dovremmo infine farla finita di parlare di ipotetiche catastrofi naturali, che in realtà non esistono: esiste solo la nostra incapacità, ignoranza o malafede nel rapportarci con il rischio e una delittuosa propensione a perdere la memoria degli eventi passati. Ma in Italia nessun posto è immune dal rischio e la Terra non smetterà di ricordarcelo.
 

Bicia F

Utente
Riferimento: I rischi dimenticati!

E’ sempre spiacevole riflettere sulle catastrofi quando ci sono ancora persone da tirare fuori dalle macerie, ma bisogna farlo se si vuole evitare di trovarci ancora nel dolore e nella rabbia.

E rabbia è la parola giusta, quando sono anni che si classifica meticolosamente il territorio nazionale, mettendo in luce quanto sia esposto ai rischi naturali, e sono anni che non se ne tiene alcun conto. Agli italiani sembra di poter vivere in Scandinavia, ma il terremoto dell’Aquila ci ricorda brutalmente che non è così, che da noi ci sono alluvioni, frane ed eruzioni vulcaniche, che in buona misura possono essere previste, e terremoti di cui, invece, non si sa né l’ora o il giorno né tanto meno il mese o l’anno in cui si scateneranno.

È pero certo che lo faranno e ormai si sa bene dove: in Friuli, in Garfagnana, nella dorsale appenninica umbro-marchigiana-abruzzese, in Irpinia, in Calabria, nel Gargano e nella Sicilia orientale. E anche con che tipo di danno: veramente catastrofici nello Stretto di Messina, in Irpinia e nel Catanese. Eppure non viene speso un centesimo nel risanamento antisismico degli edifici pubblici, anzi si progettano faraoniche grandi opere che stornano denari dall’unico uso sensato che se ne dovrebbe fare in un contesto come il nostro. E si ipotizzano «piani edilizi» che permetterebbero la sopraelevazione degli edifici, proprio una delle cause più frequenti di crollo da terremoto, come insegna la storia dei nostri sismi, da quello di Messina e Reggio Calabria del 1908, aggravato dall’aver ignorato - già allora! - le norme antisismiche borboniche che vietavano di innalzarsi a più di 10 metri di altezza e di sovraccaricare gli edifici.

Sarà bene ricordare che non solo le città italiane sono il frutto di ricostruzioni dopo innumerevoli terremoti, ma anche il paesaggio è un paesaggio sismico, prodotto cioè da successivi eventi, come è normale in un paese geologicamente attivo, in cui si può convivere con il rischio solo usando scienza e intelligenza. Non uccide il terremoto, ma la casa mal costruita o mal posta. Sarebbe bene ricordarlo sempre. Dovremmo infine farla finita di parlare di ipotetiche catastrofi naturali, che in realtà non esistono: esiste solo la nostra incapacità, ignoranza o malafede nel rapportarci con il rischio e una delittuosa propensione a perdere la memoria degli eventi passati. Ma in Italia nessun posto è immune dal rischio e la Terra non smetterà di ricordarcelo.
ragioniamo un secondo: ma l'origine storica del solito "salto ad ostacoli...all'italiana" sul problema, qual'è?
la legislazione?
la mancanza di individuale senso civico?
la superficialità dei controlli?
corruttela di taluni addetti al controllo?
mi rispondo pensando ad un mix di fattori, primo fra tutti l'assoluta carenza del senso di stato/comunità sociale in primis ed a cascata tutto il resto.
circa dieci anni fa, recandomi alla locale asl per la vidimazione del registro infortuni, mi sono imbattuta in un ambiente che in buona sostanza era uno scantinato, con le scale in ardesia (quindi nere), sottili e consumate, ove il mio 38 di piede sembrava un 46...semibuio, alcuni fili della luce semiscoperti, le prese elettriche scoperte...ebbene ero all'asl di bussana. finite le scale un ambiente da enterprise con porte antipanico verde lega...etc...debite targhe uscita/entrata, dove ti trovi ora...
ne parlai al dottor x...e dopo mandai una raccomandata, anche perchè in studio la LEGGE ci chiedeva le...scrivanie con gli angoli arrotondati...
cerchiamo tutti di sentirci il dovere/dirito, in ogni occasione, di lavoro quanto personale di segnalare con semplice senso civico ogni bruttura/illegalità che incontriamo sui ns passi, anche nn fosse diretta su noi e cerchiamo di farlo nei modi e luoghi all'uopo... preposti senza ricorrere al gabibbo o nell'ipotesi "in bigodini" dal magalli di turno; andiamo dal diretto referente o in procura se del caso, senza nessuna esitazione. in questo paese quando ti esponi in prima persona sei solo un rompic...guastafeste, ma se rompessimo questi schemi, ormai consuetudinari, vigileremo per noi e per gli altri= lo stato.
ciao a tutti.
 
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