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Bilancio e collegio sindacale

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Mary

Ospite
Quando, successivamente alla avvenuta approvazione del bilancio da parte dei
soci, vengono rinvenuti errori commessi nella sua redazione, quali sono i rimedi
che il Collegio sindacale ha titolo di domandare agli amministratori? Ed in quali
casi può essere necessario domandare agli amministratori il rifacimento del
bilancio dell’esercizio viziato da errori?
 
tecnicamente i sindaci avrebbero dovuto controllare il fascicolo bilancio prima della sua approvazione e rilevare eventuali difformita di forma o di corrispondenza con i dati contabili nella loro relazione.
 
Il tema del rinvenimento a posteriori di errori commessi in sede di redazione del
bilancio presenta riflessi che interessano la funzione dell’organo di vigilanza e controllo sia sotto il delicato profilo legale, con specifico riguardo alle implicazioni sulla validità della avvenuta deliberazione di approvazione del bilancio, e sia nell’aspetto più strettamente amministrativo-contabile, con riguardo alle modalità tecniche previste per la rimozione degli effetti prodotti sul bilancio dall’errore commesso.
Sotto il primo dei due accennati profili – quello della validità della deliberazione di
approvazione del bilancio nella cui redazione sono stati commessi errori – un lungo contrasto dottrinale e giurisprudenziale ha trovato un’importante punto di riferimento con la sentenza della Corte di Cassazione (Sez. unite, n. 27 del 21/2/2000) in cui è stato affermato che il bilancio è illecito, e quindi la deliberazione che lo approva è viziata da nullità, ogni qualvolta l’avvenuta violazione dei precetti inderogabili di legge non permette di percepire con chiarezza le informazioni che il documento ed i suoi allegati devono fornire. Come noto, al fine di rafforzare il principio della stabilità del bilancio, il Legislatore della Riforma ha tuttavia circoscritto il termine temporale entro
cui è possibile esperire le azioni di nullità e di annullamento della deliberazione di approvazione del bilancio (art. 2434-bis, co. 1, c.c.) le quali, nella novellata disciplina, non possono più trovare esecuzione dopo che sia avvenuta l’approvazione del bilancio dell’esercizio successivo. In tema di annullabilità, peraltro, tale disposizione stride con il termine di 90 giorni – quindi, inferiore - disposto dall’art. 2377, co. 6, c.c. tanto che, secondo una parte della dottrina, il termine annuale di impugnazione rileverebbe solo in presenza di un bilancio non depositato.
Sempre restando nell’ambito del profilo legale del tema trattato, è significativo
osservare il disposto del co. 2 dell’art. 2434-bis, c.c. secondo cui l’impugnazione della deliberazione di approvazione del bilancio compete ai soci che rappresentino almeno il 5% del capitale sociale, quando di tratta di un bilancio sul quale “il revisore non ha formulato rilievi”. Sul punto, in forza del tenore letterale della norma, si è concordi nel ritenere che questa limitazione sussista solo in presenza di un giudizio positivo sul
bilancio, appunto “senza rilievi”. Non si condivide invece l’opinione della dottrina che ritiene applicabile questa disposizione solo in presenza del controllo contabile affidato ad un revisore o ad una società di revisione, e non anche quando lo stesso sia
affidato al Collegio sindacale.
Dal punto di vista della legalità, il Collegio sindacale dovrà quindi valutare se l’errore rinvenuto possa essere tale da rendere il bilancio non più conforme ai principi di chiarezza, verità e correttezza e pertanto attivare i relativi strumenti di legge, anche dinanzi ad una eventuale azione avviata da parte dei soci.
Sotto il profilo amministrativo-contabile, con evidenti interrelazioni rispetto alle
implicazioni legali sopra accennate, il tema della correzione degli errori commessi
nella redazione del bilancio dell’esercizio è trattato dal Principio contabile nazionale n. 29 (Documento OIC n. 29) e, nell’ambito dei Principi contabili internazionali, dallo Ias 8. Ai fini in discussione, per “errore” si intende in termini generali l’impropria o mancata applicazione di un Principio contabile quando, al momento in cui essa è
accaduta, fossero disponibili le informazioni ed i dati necessari per l’assunzione di un corretto comportamento. L’errore si configura quindi come una fattispecie diversa, sia nella sua manifestazione causale e sia soprattutto negli effetti che da esso conseguono, rispetto al “cambiamento delle stime” od al “cambiamento dei Principi contabili” adottati, i quali rappresentano infatti fenomeni fisiologici rispetto alla
naturale evoluzione ed alla modificabilità del contesto di riferimento dell’impresa.
In funzione dell’effetto prodotto sul bilancio, gli errori vengono distinti in errori non determinanti ed errori determinanti, dove questi ultimi sono quelli che hanno un effetto talmente rilevante sul bilancio in cui sono stati commessi che il bilancio stesso non
può più essere considerato “attendibile”. Non è indifferente osservare che il Principio contabile n. 29, nel qualificare l’errore determinante, non fa espressa citazione dei postulati di “verità, chiarezza e precisione” di cui all’art. 2423, co. 2, c.c., bensì alla lesione della “attendibilità” del bilancio. Non è però possibile individuare formule o
parametri quantitativi atti a misurare quando un errore sia tale da rendere il bilancio non più attendibile; il Principio contabile n. 29 afferma che un errore si può definire determinante quando lo stesso è tale da potere arrecare un pregiudizio a coloro che hanno un interesse rispetto al bilancio dell’impresa.
In ogni caso, nell’esercizio sociale in cui viene rinvenuto, l’errore commesso nel
bilancio deve trovare correzione, sia esso determinante o meno; differenti sono
invece le tecniche previste:
- la correzione degli errori non determinanti deve avvenire nell’esercizio in cui essi sono rinvenuti, mediante la rettifica della voce patrimoniale interessata e la rilevazione di una contropartita economica straordinaria;
- la correzione degli errori determinanti può invece avvenire attraverso tre modalità:
a) la rettifica delle riserve esistenti nel patrimonio: si tratta del metodo
raccomandato dai Principi contabili internazionali ma non applicabile per le
società che redigono il bilancio secondo i Principi contabili nazionali;
b) l’imputazione al conto economico dell’esercizio in corso al momento in cui
l’errore viene rinvenuto, mediante la rettifica della voce patrimoniale
interessata e la rilevazione di una componente economica straordinaria;
c) il rifacimento del bilancio dell’esercizio precedente, con la rimozione
dell’errore che era stato commesso al tempo della sua originaria redazione.
In particolare, quest’ultima soluzione risulta essere necessaria quando l’errore non solo è qualificabile come determinante – secondo le indicazioni del Principio contabile – ma quando l’effetto che esso produce è anche tale da potere invalidare la
deliberazione che ha approvato il bilancio stesso. In queste situazioni, pertanto, gli
amministratori saranno chiamati ad una nuova redazione del bilancio il quale dovrà
essere sottoposto alla approvazione dell’assemblea dei soci ed infine ad un nuovo deposito. Infatti, al verificarsi di errori determinanti e tali da rendere il bilancio non rispondente ai postulati di chiarezza, verità e correttezza dell’informativa, viene meno la validità legale del documento e quindi si rende necessaria la correzione del bilancio
viziato da errore attraverso il suo rifacimento. Per il principio di continuità, statuito anche dal co. 3 dell’art. 2434-bis c.c., il bilancio dell’esercizio successivo rifletterà
necessariamente la correzione apportata al bilancio precedente; inoltre, si ritiene che
la ri-approvazione del bilancio nel quale l’errore viene rimosso, consentirà di evitare l’avvio o la prosecuzione dell’azione volta a dichiararne l’invalidità.
Particolare attenzione dovrà essere posta anche sulla completezza della Nota
integrativa al bilancio, dove dovranno essere adeguatamente esplicitati la natura
dell’errore commesso e l’ammontare della correzione apportata. Inoltre, il rifacimento del bilancio attraverso la rimozione dell’errore potrà produrre effetti anche sulla fiscalità dell’impresa, e rendere necessaria l’integrazione dei versamenti fiscali già eseguiti nel corso dell’esercizio. Infine, particolarmente delicata si presenterà la situazione della società il cui bilancio corretto evidenzi un risultato di periodo inferiore, quando l’utile dell’esercizio sia stato distribuito ai soci come dividendo, oppure
quando l’emersione di una perdita sia tale da porre la società nelle condizioni di cui
agli artt. 2446 o 2447, c.c..
 
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