Speciale Pubblicato il 13/04/2015

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Il transfer pricing non si applica al finanziamento infruttifero

di Dott. Rodighiero Giuseppe

Interessante la Sentenza della Cassazione n. 27087 del 19.12.2014, che analizza le operazioni di finanziamento intercompany infruttifero



Con la Sentenza n. 27087 del 19 dicembre 2014, la Corte di Cassazione analizza le operazioni di finanziamento intercompany infruttifero, contemporaneamente sotto il profilo dell'elusività in termini di alterazione dei prezzi di trasferimento che di abuso del diritto.

Nel 2014 la Corte di Cassazione si trova a decidere in merito ad un ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Toscana, che confermava l'inammissibilità dell'avviso di accertamento presentato ad una società italiana, controllante di due società estere: H., con sede in Lussemburgo e B., con sede in USA.

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La vicenda

Più specificatamente, la società italiana controllante si è resa protagonista di finanziamenti a titolo gratuito (e non a fondo perduto) alle società controllate H., con sede in Lussemburgo e B..
L'agenzia delle Entrate, in tutti gradi di giudizio, ha sempre affermato che:
  1. con l'operazione in commento vi è stata omessa contabilizzazione di interessi attivi su operazioni di finanziamento transfrontaliere infragruppo. Questo in quanto proprio la gratuità del mutuo evidenzia la “situazione di vantaggio” delle società controllate estere, che la normativa sul transfer pricing intende impedire. Un vantaggio rispetto al quale dette società non avrebbero potuto godere se avessero dovuto reperire il finanziamento necessario sul mercato finanziario. Quindi, a detta dell'Amministrazione finanziaria, l'operazione è “anormale”, secondo una logica propriamente di convenienza economica per la controllante italiana. Perciò, vista l'accertata anomalia dell'operazione in parola, secondo l'amministrazione finanziaria trova fondamento l'applicazione della disciplina sul transfer pricing , ai sensi dell. art. 110, comma 7 del TUIR (detta “clausola anti elusiva”, che deriva dai principi stabiliti dalla Convenzione OCSE del 1995 in materia di transfer pricing , dettati a tutela della libera concorrenza). Quindi, per l'Ufficio finanziario è giustificato il recupero a tassazione del reddito d'impresa imponibile (ricavi per interessi) accertato in base al valore normale della prestazione (ai sensi dell'art. 9, comma 3 del TUIR);
  2. inoltre, l'operazione in commento, in ragione del presunto vantaggio economico recato dalla controllante alle controllate estere, la si deve far rientrare tra quelle operazioni nelle quali si ravvisa il cd. “abuso del diritto”.

Sul primo punto la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27087/2014, ha stabilito che non si può considerare anormale (anomala) un'operazione di finanziamento intercompany infruttifero come quella illustrata, con la conseguente applicazione della disciplina sul transfer pricing.

A tal proposito, confermando quanto disposto in secondo grado dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, anzitutto la Suprema Corte ha evidenziato che i contratti di mutuo in commento erano stati stipulati a titolo gratuito per fare fronte ad esigenze temporanee della controllata, non essendo pertanto derivato alla contribuente alcun incremento di reddito per interessi dall'operazione. Con ciò si giustificherebbe la gratuità dello scopo economico perseguito dalla controllante (vale a dire quello di evitare l'eccessiva esposizione debitoria della H. verso terzi, come pure l'ottimizzare le risorse disponibili, etc.). All'operazione, quindi, non verrebbe ad applicarsi la disciplina nazionale sul transfer pricing.

D'altro canto, per quanto riguarda il secondo punto, con la medesima sentenza la Corte di Cassazione sottolinea che dalla concessione del finanziamento infragruppo non sono derivati per la società contribuente componenti positivi o negativi di reddito, come pure un aumento del reddito imponibile.

Dunque dall'operazione in parola non emergerebbe “un meccanismo negoziale contorto e volto all'elusività”, nonché un “un indebito vantaggio/risparmio fiscale”, caratteri tipici della fattispecie di abuso del diritto.

Quindi, l'operazione di finanziamento alle controllate non è inquadrabile come abuso del diritto, secondo la Cassazione, in quanto, per essere tale, lo scopo esclusivo o assolutamente preminente dell'operazione dovrebbe essere “l'indebito risparmio fiscale” e ciò non è ravvisabile in questa operazione di finanziamento che, non producendo interessi, a propria volta non produce reddito tassabile.



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