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ANCHE IL RIMBORSO IVA È CONTESTABILE DAL FISCO SENZA LIMITI DI TEMPO

Anche il rimborso IVA è contestabile dal fisco senza limiti di tempo

Il fisco può opporre rifiuto al rimborso dell’IVA anche quando sono superati i termini decadenziali, ma solo in relazione alla verifica dei requisiti sostanziali

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I lettori più attenti ricorderanno che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la pronuncia numero 5069 del 2016, avevano già enunciato un principio di diritto, al quale la giurisprudenza successiva si è diligentemente allineata, grazie al quale, in tema di rimborso delle imposte sui redditi, l’amministrazione finanziaria può contestare l’esistenza del credito esposto in dichiarazione senza limiti di tempo, quindi anche oltre i termini di decadenza, anche quando non abbia adottato alcun provvedimento nei termini previsti.

Con la nuova pronuncia della Corte di Cassazione, sempre a Sezioni Unite, numero 21766 del 29 luglio 2021, è il turno dell’IVA; infatti, in relazione al rimborso di questa imposta, viene emanato il seguente principio di diritto: “in tema di rimborso dell'eccedenza detraibile di IVA, l'amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente in dichiarazione, che non derivi dalla sottostima dell'imposta dovuta, anche qualora siano scaduti i termini per l'esercizio del potere di accertamento o di rettifica dell'imponibile e dell'imposta dovuta, senza che abbia adottato alcun provvedimento”.

Quindi, anche per l’IVA, la richiesta di rimborso effettuata dal contribuente può essere oggetto di contestazione e di rifiuto, da parte del fisco, senza limiti di tempo. Sarà a carico del contribuente l’onere di dover dimostrare l’esistenza del credito, tramite la produzione delle scritture contabili e dei documenti giustificativi della spesa.

Per osservare la questione dal corretto punto di osservazione, sarà necessario inquadrare, con la corretta messa a fuoco, la specifica fattispecie osservata dalla Corte: quello qui analizzatè il caso di un contribuente che riporta in avanti per anni un credito IVA precedente e ne chieda il rimborso, tramite istanza in dichiarazione, solo dopo che sono stati superati i termini decadenziali.

La Cassazione affronta la questione cercando di districarsi nel complicato gioco d’equilibrio rappresentato da due contrapposti interessi in gioco, ma entrambi, in una certa misura, meritevoli di tutela. Da una parte essa ritiene che “la possibilità per l'amministrazione di contestare la sussistenza del credito di cui si discute [...] indipendentemente dal decorso del termine di decadenza [...] è volta a scongiurare il riconoscimento di crediti IVA inesistenti”, ma al tempo stesso precisa che il fisco può contestare in ogni tempo la sussistenza del diritto al rimborso solo nel caso in cui “non derivi dalla sottostima dell'imposta dovuta”.

La precisazione è di primaria importanza perché, in questo modo, la Corte stabilisce che, nel momento in cui il contribuente richiede a rimborso l’IVA a credito di un esercizio per il quale sono decaduti i termini per l’accertamento fiscale, sarà comunque nella facoltà dell’amministrazione finanziaria richiedere le scritture contabili e i documenti giustificativi di spesa che dimostrino l’esistenza del credito, ma questi non potrà contestare una maggiore IVA a debito, per esempio per ricavi non fatturati, perché questa tipologia di contestazione è sottoposta ai termini decadenziali che, in una situazione del genere, sono scaduti. 

Per maggiore precisione, la Corte di Cassazione puntualizza che al contribuente che dilaziona nel tempo la richiesta di rimborso preferendo il riporto a nuovo, spetta “l'onere di conservazione delle scritture contabili e dei documenti giustificativi del credito”, perché se così non fosse “la dichiarazione, ormai divenuta intangibile, definirebbe il modo di essere del rapporto tributario, divenendo titolo costitutivo anche di un credito fittizio”, ma al tempo stesso “l'amministrazione, che sia decaduta dai propri poteri di accertamento e rettifica, non può pretendere un'imposta maggiore di quella liquidata in dichiarazione”.

In definitiva al fisco è concesso di contestare l’esistenza del credito, in base alla documentazione fornita, ma gli è preclusa la possibilità di avviare un accertamento. Bisogna ammettere che riuscire a trovare un equilibrio sulla spinta contrapposta di interessi così conflittuali non è mai un compito semplice.

Sul tema del rimborso dell’IVA è possibile leggere i seguenti articoli dello stesso autore:

Il rimborso del credito IVA da dichiarazione

Rimborso IVA per cessazione attività: teoria e pratica

Ritardato rimborso dell’IVA versata per errore: diritto agli interessi di mora

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