La Corte di Cassazione, con la sentenza 22 febbraio 2021 n. 4670, ha deciso che il datore di lavoro che anticipa quote di TFR al dipendente è tenuto al versamento dei contributi se non ricorrono le condizioni individuate dall’art. 2120 c.c. o quelle di miglior favore previste dalla contrattazione collettiva o da patti individuali.
L’articolo 2120 codice civile prevede che il lavoratore ha diritto di chiedere, una sola volta nel corso del rapporto, un’anticipazione del TFR che avrebbe diritto a ricevere in caso di risoluzione del rapporto. Su tale importo il datore di lavoro non ha l'obbligo di versamento contributivo
La somma anticipata viene detratta dal TFR complessivamente spettante al lavoratore.
L’anticipazione, in misura non superiore al 70% del TFR maturato, può essere corrisposta ai lavoratori che hanno maturato almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro.
Le richieste sono soddisfatte annualmente entro il limite del 10 per cento degli aventi diritto e comunque del 4 per cento del numero totale dei dipendenti e devono essere giustificate dalla necessità di:
- spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dall’ASL;
- acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i propri figli, documentato con atto notarile.
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1) Quote di TFR versate senza contribuzione - Sentenza 4670 2021
Nel caso preso in esame dalla Cassazione con la sentenza n. 4670 2021, un’azienda aveva erogato a titolo di anticipazione al proprio dipendente quote del TFR maturato senza versare i contributi all’INPS.
L’Istituto previdenziale ha emesso nei suoi confronti una cartella esattoriale per il pagamento dei contributi omessi sulle anticipazioni del TFR, non essendo le stesse formalizzate né documentate le motivazioni, quindi non risultando erogate per le tassative ipotesi previste dall’art. 2120 c.c.
Contro la cartella esattoriale l’azienda aveva proposto opposizione, accolta dal giudice di primo grado.
Invece in sede di appello la pronuncia è stata riformata rigettando il ricorso e confermando l’obbligazione contributiva.
L’azienda è ricorsa alla Suprema Corte, la quale ha deciso che i giudici di appello hanno agito correttamente, affermando che solo la sussistenza degli elementi costitutivi dell’art. 2120 c.c. consente di qualificare l’erogazione datoriale come anticipazione del TFR. In difetto, l’erogazione monetaria al lavoratore non si sottrae all’obbligazione contributiva.
Puo essere consigliabile quindi , in ogni caso di anticipazione del trattamento di fine rapporto esigere dai lavoratori richiesta scritta, con data certa, e documentazione probante la motivazione, ad evitare ogni rischio di contestazione da parte dell'istituto previdenziale.