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SCIOGLIMENTO SOCIETÀ DI CAPITALI E COOPERATIVE: CAUSE ED EFFETTI

Scioglimento società di capitali e cooperative: cause ed effetti

Cause ed effetti dello scioglimento delle società di capitali e delle cooperative dopo il Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza Dlgs 14/2019

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In questo articolo esaminiamo i contenuti della disciplina codicistica dello scioglimento e della liquidazione delle società di capitali e delle cooperative, contenuta negli articoli da 2484 a 2496 del Codice Civile che costituiscono il Capo VIII del Titolo V del Libro V di esso, dopo le modifiche apportate dagli articoli 379 e 380 del “Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza”, contenuto nel Decreto Legislativo n° 14 del 2019.

Questo Codice sostituirà la Legge Fallimentare (Regio Decreto n° 267 del 1942) partire dal 16 Agosto 2020, dato che esso entra in vigore dopo 18 mesi dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 14 Febbraio 2019, come stabilisce il 1° comma dell’art. 389 dello stesso Codice.

In particolare, dobbiamo segnalare che mentre l’art. 380 del Dlgs 14/2019 entra in vigore alla data citata, l’art. 379 entra in vigore dopo soli 30 giorni dalla pubblicazione di questo decreto, vale a dire il 16 Marzo 2019, come prevede il 2° comma dell’art. 389 citato.

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Leggi anche l'articolo "Il procedimento di liquidazione delle società di capitali e delle cooperative"

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1) Cause di scioglimento delle società di capitali e delle cooperative

Le cause di scioglimento delle società di capitali (società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata) previste dal 1° comma dell’art. 2484 c.c. sono le seguenti:

  1. il decorso del termine (se la società ha un termine di scadenza, che, come abbiamo detto, per l’art. 2521 c.c. riformato non è più obbligatorio);
  2. il conseguimento dell’oggetto sociale o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo (a meno che esso non venga modificato dall’assemblea);
  3. per l’impossibilità di funzionamento o la continuata inattività dell’assemblea;
  4. per la riduzione del capitale sociale al disotto del limite legale (Euro 10.000 per la Srl ed Euro 120.000 per la Spa e la Sapa), salvo quanto disposto dagli artt. 2447 e 2482-ter c.c., vale a dire la ricostituzione del capitale ad una cifra non inferiore a detto minimo deliberata dall’assemblea dei soci convocata a tale fine dagli amministratori. Questa causa di scioglimento non si applica alle società cooperative perché essa hanno un capitale variabile non determinato in un ammontare prestabilito, come prevede l’art. 2524 c.c.;
  5. nelle ipotesi previste dagli artt. 2437 – quater e 2473 c.c. di impossibilità di rimborsare al   socio che recede la quota o le azioni che rappresentano la sua partecipazione;
  6. per deliberazione dell’assemblea;
  7. per le altre cause previste dall’atto costitutivo o dallo statuto;
  8. per l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale (artt. 121 e ss. del Codice della crisi di impresa che sostituisce il fallimento) o della liquidazione controllata (artt. 268 e ss. che sostituisce la liquidazione del patrimonio del debitore). Quest’ultima causa di scioglimento delle sole società di capitali (non si applica alle cooperative) è stata introdotta dall’art. 380 del Codice della crisi di impresa che entrerà in vigore 18 mesi dopo la pubblicazione di esso nella Gazzetta Ufficiale, vale a dire il 16 Agosto 2020.[1]

Ai sensi dell’ art. 2545 – duodecies c.c., le cause di scioglimento della società cooperativa sono quelle previste dai numeri 1), 2), 3), 5), 6) e 7) dell’art. 2484 c.c., nonché la perdita totale del capitale sociale ed, ai sensi del 2° comma dell’art. 2522 c.c., il venir meno del numero minimo di soci prescritto dalla legge che non sia reintegrato entro un anno.

Il numero 4 del 1° comma dell’art. 2484 c.c. non si applica alle società cooperative perché riguarda la riduzione del capitale sociale al disotto del minimo legale, che per queste società non è previsto avendo esse un capitale variabile non determinato in un ammontare prestabilito, come prevede l’art. 2524 c.c.).

La disciplina del procedimento di scioglimento e liquidazione delle società di capitali e della società cooperativa è quella prevista dagli artt. da 2485 a 2496 c.c. che, assieme all’art. 2484, costituiscono il Capo VIII del Titolo V del Libro V del Codice Civile.

Per le società cooperative ciò deriva dal fatto che ad esse, per quanto non disposto dal Titolo VI del Libro V del Codice Civile contenente la loro disciplina specifica, si applicano, in quanto compatibili, le norme sulla società per azioni od, in alcuni casi, quelle sulla società a responsabilità limitata (art. 2519, 1° comma in combinato disposto con l’art. 2522, 2° comma, c.c.).

Ricordiamo che le cooperative a cui si applicano le norme sulla società a responsabilità limitata sono quelle di minori dimensioni, vale a dire quelle che hanno un numero di soci da tre ad otto (sempre) e quelle con un numero di soci inferiore a venti e superiore ad otto oppure con un totale dell’attivo dello stato patrimoniale non superiore ad un milione di Euro (in questi ultimi due casi ci deve essere una espressa previsione dell’atto costitutivo della cooperativa che dispone l’applicabilità della disciplina della Srl).


[1] L’introduzione di quest’ultima causa di scioglimento della società rappresenta una importante precisazione dal punto di vista concettuale piuttosto che da quello pratico perché sancisce in modo chiaro che l’apertura di una procedura concorsuale di liquidazione che non prevede la continuità dell’attività imprenditoriale della società non può che determinare scioglimento di quest’ultima.

2) Gli effetti dello scioglimento

Gli effetti dello scioglimento si determinano, nelle ipotesi previste dai numeri 1), 2), 3), 4) e 5) del 1° comma dell’art. 2484 c.c., alla data dell’iscrizione presso l’Ufficio del Registro delle Imprese della dichiarazione con cui gli amministratori ne accertano la causa e nell’ipotesi di scioglimento per deliberazione dell’assemblea dei soci (numero 6), dalla data di iscrizione di questo atto (art. 2484, 3° comma, c.c.).

Qualora lo statuto o l’atto costitutivo prevedano altre cause di scioglimento diverse da quelle previste dalla legge, essi devono determinare anche di quale organo della società è la competenza a deciderle od accertarle e ad effettuare l’iscrizione presso l’Ufficio del Registro delle Imprese della dichiarazione con cui la causa di scioglimento viene accertata o dell’atto con cui lo scioglimento della società cooperativa viene deciso (4° comma).

L’obbligo di accertare senza indugio il verificarsi di una delle cause di scioglimento della società previste dall’art. 2484 c.c. o da altre norme di legge è di competenza degli amministratori, i quali devono poi procedere all’iscrizione della dichiarazione di accertamento presso l’Ufficio del Registro delle Imprese. Essi, in caso di ritardo od omissione dell’accertamento della causa di scioglimento sono personalmente e solidalmente responsabili dei danni subiti dalla società, dai creditori sociali e dai terzi. In questi casi di ritardo o di omissione, inoltre, il Tribunale, su istanza di singoli soci o amministratori, oppure dei sindaci (anche di uno solo) o del revisore unico, accerta il verificarsi della causa di scioglimento con decreto che deve essere iscritto sempre presso l’Ufficio del Registro delle Imprese (art. 2485 c.c.).

Quando si verifica una causa di scioglimento e fino al momento della consegna dei libri sociali ai liquidatori prevista dall’art. 2487-bis c.c. (che esamineremo tra poco) gli amministratori delle società di capitali e delle cooperative conservano il potere di gestire la società ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale. Essi sono personalmente e solidalmente responsabili dei danni arrecati alla società, ai creditori sociali ed ai terzi per gli atti e le omissioni contrari ai fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio della società (art. 2486 c.c., 1° e 2° comma).

Il 2° comma dell’art. 378 del “Codice della crisi di impresa” (Dlgs 14/2019) ha introdotto un terzo comma all’art. 2486 c.c. che prevede che quando è accertata la responsabilità degli amministratori ai sensi del precedente capoverso, e salva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza fra il patrimonio netto [2] della società alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento della stessa società prevista dall’art. 2484 c.c., detratti i costi sostenuti e da sostenere, quantificati secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino alla conclusione della liquidazione.

Nel caso in cui sia stata aperta una procedura concorsuale e manchino le scritture contabili o se a causa dell’irregolarità delle stesse o per altre ragioni i patrimoni netti alle date di cui sopra non possono essere determinati, il danno risarcibile è liquidato, cioè quantificato in misura pari alla differenza fra l’attivo e il passivo accertati nella procedura.

Queste presunzioni sono “relative” perché, come abbiamo detto, è ammessa la prova che il danno risarcibile abbia un ammontare diverso da quello presunto. Pur essendo giusto che la presunzione sia relativa questo fatto, però, rischia di innescare lunghi contenzioni da parte degli amministratori che cercheranno di limitare il risarcimento del danno a loro carico. E questo specie nel secondo caso illustrato nel capoverso precedente in cui, pur essendoci l’aggravante della mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili, la cui regolare tenuta è il primo dovere di qualsiasi amministratore, l’ammontare del risarcimento del danno rischia di essere molto elevato. Meglio sarebbe stato forse, far derivare questo risarcimento da una sanzione penale per la mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili piuttosto che farla derivare da una norma di diritto civile.

Infine, come abbiamo già detto in precedenza, il nuovo 3° comma del’art. 2486 c.c., essendo stato introdotto dall’art. 379 del Dlgs 14/2019 (il “Codice della crisi di impresa”) entra in vigore dopo soli 30 giorni dalla pubblicazione di questo decreto, vale a dire il 16 Marzo 2019, come prevede il 2° comma dell’art. 389 sempre dello stesso decreto.


[2] Il patrimonio netto è dato da: capitale sociale più riserve più utile o meno perdita di esercizio.

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