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I MODELLI ORGANIZZATIVI 231/01 ALLA PROVA DELL’AUTORICLAGGIO

I Modelli organizzativi 231/01 alla prova dell’autoriclaggio

Il nuovo reato di autoriclaggio, in vigore nel nostro ordinamento dal 1 gennaio 2015, impone alle società di adeguare i modelli organizzativi 231/01

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Con l’approvazione della legge 186/2014 è stato introdotto l’art. 648-ter.1 c.p. che ha introdotto nel nostro ordinamento, a partire dal 1° gennaio 2015, il nuovo reato di autoriclaggio. La legge modifica anche l’art.25-octies del D.lgs. 231/2001, includendo l’autoriciclaggio nel catalogo dei reati rilevanti ai fini della 231.
Dalle prime valutazioni circa le ricadute operative della norma introdotta con l’art.648-ter.1 in materia di autoriclaggio sui Modelli Organizzativi 231, emerge che il rischio maggiore di commissione del reato di autoriciclaggio è significativamente legato ai reati tributari eventualmente consumati nell’interesse della Società.
Infatti, pur non ricompresi nel novero dei reati presupposto previsti dal D.lgs. 231/2001 la commissione dei reati di natura fiscale può avere un impatto ai fini del Decreto, qualora i proventi derivanti dalla condotta penalmente rilevante siano impiegati in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.

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1) Il reato di autoriciclaggio impone l'adeguamento dei modelli organizzativi 231

Il nuovo reato impone quindi alle Società e agli Enti che adottano Modelli di Organizzazione Gestione e Controllo ai sensi del D.lgs. 231/2001 di attivarsi tempestivamente per l’adeguamento, anche in ragione delle significative sanzioni che sono previste.
Allo stesso tempo, la nuova situazione spinge a rivalutare la scelta di non dotarsi di un Modello Organizzativo, nella considerazione dei nuovi “rischi-reato”.
L’ente infatti può essere soggetto ad una sanzione pecuniaria che va dalle 200 alle 800 quote, aumentata fino a 1.000 quote nei casi in cui il denaro, i beni o le altre utilità provengano da delitto per il quale sia stata stabilità la pena della reclusione pari o superiore nel massimo di 5 anni (condizione verificata per l’autoriciclaggio).
Maggiore attenzione dovrà poi essere prestata dagli enti o società che già sono incorsi nella commissione di reati tributari in passato. L’impiego dei proventi derivanti da tali condotte penalmente rilevanti possono già far scattare il reato di autoriclaggio qualora vi sia l’impego degli stessi proventi in attività economiche successivamente alla data del 1° gennaio 2015.
Si pone quindi la necessità di appurare come calare la nuova norma nei Modelli già esistenti e valutare se i presidi di controllo interni già identificati in precedenza siano sufficienti a coprire la società dal rischio di commissione del reato di autoriciclaggio.
A tal proposito, sarà opportuno approntare le modifiche alla parti speciali dei modelli introducendo la nuova fattispecie di reato oltre una revisione del risk assessment in maniera tale da valutare il livello di rischio associato.
Da un punto di vista strettamente operativo sarà poi necessario considerare se e in che misura i protocolli operativi già definiti siano sufficienti alla gestione e prevenzione del rischio di commissione del reato.
A supporto del lavoro di adeguamento degli attuali modelli la presenza di appositi protocolli operativi e flussi informativi relativi alla prevenzione del reato di riciclaggio già formalizzati, possono rappresentare sicuramente un valido punto di partenza nella predisposizione di precipui protocolli operativi e presidi di controllo connessi al reato di autoriclaggio.
La nuova mappatura delle attività aziendali volta a identificare le aree e funzioni aziendali maggiormente a rischio di commissione del reato di autoriciclaggio potrà inoltre portare a definire nuovi destinatari dei protocolli operativi già esistenti o di protocolli elaborati ex novo.
Sarà infatti necessario individuare tutti i soggetti (apicali e non) i cui comportamenti potrebbero in astratto concretizzare l’autoriciclaggio e che – per questo motivo – sono di fatto attratti nella sfera di applicazione di nuove procedure (o della revisione di procedure esistenti).
In tal senso, per gli eventuali nuovi destinatari si dovrà fornire un’adeguata informazione circa le novità di loro interesse oltre a specifici momenti formativi a loro dedicati, qualora necessari.
La loro attività quotidiana potrebbe essere interessata infatti anche da nuovi flussi informativi (le comunicazioni obbligatorie perviste dai Modelli Organizzativi) da inviare all’Organismo di Vigilanza inerenti le particolari attività considerate a rischio di reato.
Volendo cogliere la portata complessiva della novità normativa, consideriamo una “buona pratica” approntare dei nuovi protocolli operativi (in alternativa, delle modifiche ai protocolli esistenti) volti a migliorare la trasparenza nelle operazioni finanziarie poste in essere.
Deve essere promossa il più possibile la tracciabilità dei flussi finanziari in modo diffuso, in ogni settore o area aziendale interessati dalle prescrizioni dei Modelli Organizzativi ex D.Lgs. 231/01.
La tracciabilità dei flussi finanziari infatti, pur essendo di per sé non sufficiente alla completa copertura dei rischi connessi al reato di autoriclaggio, rappresenta un elemento su cui più facilmente innestare procedure di controllo e di verifica di anomalie oltre ad eventuali azioni correttive di comportamenti non rispondenti alle prescrizioni del Modello adottato dall’Ente o dalla Società.
Inoltre, una buona procedura sulla tracciabilità dei flussi finanziari favorisce una più immediata identificazione dei responsabili aziendali che hanno determinato l’impiego delle risorse, rendendo più agevole valutare la rispondenza delle condotte poste in essere al sistema di deleghe, ruoli e mansioni definito, che costituisce la base essenziale per la idoneità dei Modelli.
Fabrizio Bianchimani
Kore Audit Srl
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