Buonasera.
Chiedo delucidazioni in merito a un problema che sto riscontrando.
L’azienda per la quale lavoravo con contratto a tempo indeterminato (in somministrazione) ha avuto dei seri problemi negli ultimi mesi. A causa di questi problemi l’azienda ha firmato un accordo di cassa integrazione che avrebbe tutelato il mio posto di lavoro fino a dicembre 2019 e poi chissà.
Approfittando di questo periodo ho trovato il coraggio di licenziarmi ed accettare un’offerta di lavoro più vantaggiosa a livello economico presso una nuova azienda. La nuova azienda mi ha offerto un contratto di un anno, che ho deciso di accettare perché preferivo investire in una nuova opportunità anziché rischiare di perdere comunque il mio precedente lavoro che era ormai diventato insostenibile.
Presso la nuova azienda ho iniziato l’attività da un paio di settimane. Qui non sono seguita da nessuno, non ho una vera e propria formazione ma devo seguire gli altri che (nei loro ritagli di tempo) mi fanno vedere stralci di operazioni già in lavorazione avanzata senza che nessuno mi avesse mai introdotto gli applicativi che l’azienda sviluppa e che dovrei essere in grado di comprendere, al fine di poter fornire adeguata assistenza ai clienti finali.
Oggi mi ritrovo in ufficio da sola, dopo un’ora arrivano tre persone delle quali due non hanno competenze utili a potermi aiutare e l’altro era impegnato in delle sue attività da chiudere prima di andare in ferie.
La cosa demoralizzante è che mi hanno assegnato dei lavori da consegnare ai clienti finali entro il 21, ma io non ho minimamente acquisito le competenze utili per poter fare un buon lavoro.
In tutto ciò sin dal terzo giorno ho ricevuto forti pressioni dal mio nuovo capo in merito a delle scadenze. Quando ho esposto le mie perplessità in merito alla mancata formazione lui si è persino risentito dicendomi che devo darmi da fare e rispettare le scadenze in assenza degli altri.
Da domani sarò sola in ufficio, con me ci sarà solo una persona che ha poche competenze nell’ambito in cui dovrei lavorare io quindi già so che non riuscirò a rispettare scadenze e risolvere i problemi dei clienti che mi contatteranno.
Il problema è che non ho avuto disponibilità da parte di nessuno, per loro era sufficiente farmi vedere dei passaggi di un lungo processo affinché io diventassi immediatamente autonoma.
Ultimo problema ma non meno grave: in ufficio ci sono delle telecamere che in teoria dovrebbero servire solo in fase di sviluppo di alcuni software ma che in realtà il capo usa per cronometrare anche i minuti in cui scendiamo per una sigaretta (sopra i 4 minuti si imbufalisce, sotto i 4 minuti comunque sottolinea il fatto che un fumatore ogni giorno lavora 8 minuti meno di un non fumatore).
Vengo al sodo: partendo dal presupposto che non ho intenzione di continuare in un ambiente così ostile, in cui nessuno vuole condividere le proprie conoscenze per paura che qualcun altro gli faccia le scarpe, vorrei capire come muovermi.
Attualmente sono nel mio periodo di prova (60 giorni da lettera di assunzione) e so che, dovessi decidere di andar via di mia iniziativa, non avrei diritto alla Naspi. Considerando che durante la prova non vi è alcun obbligo di comunicazione scritta nel caso in cui decidessi di recedere mi chiedo: chi e come comunica all’inps i motivi del termine della prova? Oggi ho avuto la forte tentazione, all’ennesima mail di sollecito per lavori lasciati a metà o non iniziati affatto dai colleghi attualmente in ferie, di abbandonare l’ufficio a metà turno. Non escludo che non lo farò nella settimana in cui sarò totalmente sola, perché i patti verbali presi richiedevano due mesi di formazione e non un mese in cui vado in ufficio da sola a smezzarmi dei lavori che non sono in grado di gestire. Qualora lo facessi suppongo che da parte sua vi siano tutti i presupposti per recedere il periodo di prova e mandarmi via per una giusta causa. Ma se non lo facesse? Se dichiarasse che la decisione è stata presa da me o in maniera consensuale? Che cosa ho dalla mia parte per tutelarmi e poter richiedere la naspi?
Negli ultimi otto anni ho sempre lavorato e avrei voluto continuare a farlo, se qui mi avessero messo nelle condizioni per svolgere il mio nuovo lavoro. Non mi va di immolarmi e dare dimissioni per giusta causa per un lavoro che sto svolgendo da due settimane.
Grazie in anticipo.
Chiedo delucidazioni in merito a un problema che sto riscontrando.
L’azienda per la quale lavoravo con contratto a tempo indeterminato (in somministrazione) ha avuto dei seri problemi negli ultimi mesi. A causa di questi problemi l’azienda ha firmato un accordo di cassa integrazione che avrebbe tutelato il mio posto di lavoro fino a dicembre 2019 e poi chissà.
Approfittando di questo periodo ho trovato il coraggio di licenziarmi ed accettare un’offerta di lavoro più vantaggiosa a livello economico presso una nuova azienda. La nuova azienda mi ha offerto un contratto di un anno, che ho deciso di accettare perché preferivo investire in una nuova opportunità anziché rischiare di perdere comunque il mio precedente lavoro che era ormai diventato insostenibile.
Presso la nuova azienda ho iniziato l’attività da un paio di settimane. Qui non sono seguita da nessuno, non ho una vera e propria formazione ma devo seguire gli altri che (nei loro ritagli di tempo) mi fanno vedere stralci di operazioni già in lavorazione avanzata senza che nessuno mi avesse mai introdotto gli applicativi che l’azienda sviluppa e che dovrei essere in grado di comprendere, al fine di poter fornire adeguata assistenza ai clienti finali.
Oggi mi ritrovo in ufficio da sola, dopo un’ora arrivano tre persone delle quali due non hanno competenze utili a potermi aiutare e l’altro era impegnato in delle sue attività da chiudere prima di andare in ferie.
La cosa demoralizzante è che mi hanno assegnato dei lavori da consegnare ai clienti finali entro il 21, ma io non ho minimamente acquisito le competenze utili per poter fare un buon lavoro.
In tutto ciò sin dal terzo giorno ho ricevuto forti pressioni dal mio nuovo capo in merito a delle scadenze. Quando ho esposto le mie perplessità in merito alla mancata formazione lui si è persino risentito dicendomi che devo darmi da fare e rispettare le scadenze in assenza degli altri.
Da domani sarò sola in ufficio, con me ci sarà solo una persona che ha poche competenze nell’ambito in cui dovrei lavorare io quindi già so che non riuscirò a rispettare scadenze e risolvere i problemi dei clienti che mi contatteranno.
Il problema è che non ho avuto disponibilità da parte di nessuno, per loro era sufficiente farmi vedere dei passaggi di un lungo processo affinché io diventassi immediatamente autonoma.
Ultimo problema ma non meno grave: in ufficio ci sono delle telecamere che in teoria dovrebbero servire solo in fase di sviluppo di alcuni software ma che in realtà il capo usa per cronometrare anche i minuti in cui scendiamo per una sigaretta (sopra i 4 minuti si imbufalisce, sotto i 4 minuti comunque sottolinea il fatto che un fumatore ogni giorno lavora 8 minuti meno di un non fumatore).
Vengo al sodo: partendo dal presupposto che non ho intenzione di continuare in un ambiente così ostile, in cui nessuno vuole condividere le proprie conoscenze per paura che qualcun altro gli faccia le scarpe, vorrei capire come muovermi.
Attualmente sono nel mio periodo di prova (60 giorni da lettera di assunzione) e so che, dovessi decidere di andar via di mia iniziativa, non avrei diritto alla Naspi. Considerando che durante la prova non vi è alcun obbligo di comunicazione scritta nel caso in cui decidessi di recedere mi chiedo: chi e come comunica all’inps i motivi del termine della prova? Oggi ho avuto la forte tentazione, all’ennesima mail di sollecito per lavori lasciati a metà o non iniziati affatto dai colleghi attualmente in ferie, di abbandonare l’ufficio a metà turno. Non escludo che non lo farò nella settimana in cui sarò totalmente sola, perché i patti verbali presi richiedevano due mesi di formazione e non un mese in cui vado in ufficio da sola a smezzarmi dei lavori che non sono in grado di gestire. Qualora lo facessi suppongo che da parte sua vi siano tutti i presupposti per recedere il periodo di prova e mandarmi via per una giusta causa. Ma se non lo facesse? Se dichiarasse che la decisione è stata presa da me o in maniera consensuale? Che cosa ho dalla mia parte per tutelarmi e poter richiedere la naspi?
Negli ultimi otto anni ho sempre lavorato e avrei voluto continuare a farlo, se qui mi avessero messo nelle condizioni per svolgere il mio nuovo lavoro. Non mi va di immolarmi e dare dimissioni per giusta causa per un lavoro che sto svolgendo da due settimane.
Grazie in anticipo.