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societa' italiana ma residente estero

Buongiorno, provo a rivolgermi al forum con questo mio primo messaggio, nella speranza di avere qualche delucidazione di carattere tecnico/pratico.

Sono un imprenditore del commercio, risiedo e lavoro dall'estero, extra UE.

Sto valutando l'apertura di una partita iva italiana, di natura commerciale, solo che non intendo ne' trasferirimi nuovamente in Italia, ne' assumere personale in loco, per il momento.

In pratica, la formula migliore sarebbe una sorta di trading company, quindi una normalissima commerciale, da gestire dall'estero.

Le domande a cui non so dare molte risposte sono:

1) E' possibile? Oppure una qualsiasi attivita' necessita obbligatoriamente una sede operativa in Italia? magari basta la sede legale presso un commercialista.
2) In termini di pagamenti in entrata/uscita credo sia tutto facilmente gestibile da qualsiasi banca online
3) Essendo io residente estero, non avrei necessita' di ricevere alcun emolumento, soprattutto per i primi anni e gli utili sarebbero interamente reinvestiti
4) Tale commerciale, sarebbe gestita da me, ma non necessariamente dovrebbe rivendere a mie societa' estere, bensi' a clienti terzi nel mondo, inclusi Italia e UE. Evitando che la commerciale italiana abbia come clienti le mie societa' estere, credo eviterebbe problemi di esterovestizione.
5) E' preferibile che tale commerciale italiana sia intestata a me, residente estero, oppure ad una delle mie societa' estere?

In pratica vorrei operare come una qualsiasi partita IVA italiana, pur residendo all'estero perche' i miei clienti sono all'estero, ed evitando di essere considerato fiscalmente residente in Italia, dato che a causa dei mancati accordi bilaterali mi troverei a subire una doppia imposizione fiscale.
 
Ultima modifica:

Rocco

Utente
Dovresti specificare meglio che tipo di operazioni intendi effettuare. Inoltre pare di capire che trattasi di fornitori italiani...
Ad es.: 1) vendita a cliente italiano con consegna direttamente dal tuo fornitore italiano? 2) vendita a cliente UE/EXTRA UE con consegna direttamente dal tuo fornitore italiano?
Saluti.
 
Operazioni: acquisto e rivendita di prodotti fisici (made in Italy), quindi non di servizi.
1) I miei clienti sono tutti esteri, extra EU. Se per qualsiasi motivo dovessi escludere qualsiasi vendita a clienti Italia, non sarebbe un grosso problema.
2) esatto
 

Rocco

Utente
Se effettivamente pone in essere delle "semplici" triangolazioni non Le serve aprire una posizione italiana.
Se invece necessita di avere un magazzino che Le serve per stoccare la merce da rivendere ai suoi clienti extra ue e dunque un appoggio meramente logistico ma dove il tutto viene comunque gestito dalla Sua impresa estera allora, seppur non si configuri una stabile organizzazione in Italia (Ris. Ade n. 4/E/2017), avrà necessità di identificarsi direttamente in Italia ovvero nominare un rappresentate fiscale per effettuare operazioni IVA a rilevanza interna. In caso contrario non avrà tale obbligo.
Saluti.
 
Grazie.
Ma in tal caso "...avrà necessità di identificarsi direttamente in Italia ovvero nominare un rappresentate fiscale" (rappresentante che non credo di poter essere io) non c'e' appunto il rischio di essere accusati di esterovestizione?
 

Rocco

Utente
L'identificazione diretta/nomina rappresentante fiscale (che non può essere Lei) concerne esclusivamente l'assolvimento degli obblighi IVA qualora vengano poste in essere operazioni rilevanti ai fini IVA in Italia.
L'esterovestizione in questo caso non ha alcuna attinenza.
Saluti.
 
Il rappresentante fiscale puo' essere il commercialista?
O deve necessariamente essere un dipendente?

Considerrando che vorrei evitare l'ipotesi di nominare amici o parenti...
 

Rocco

Utente
Deve trattarsi di una persona fisica o giuridica residente nel territorio dello Stato e la nomina avviene mediante atto pubblico ovvero mediante scrittura privata registrata con successiva comunicazione all'Agenzia delle Entrate.
Saluti.
 
Buongiorno, riprendo questo post perche' sto valutando l'ipotesi del rap. fiscale come suggerito.
Mi sembra tutto chiaro e abbastanza semplice pero' ho alcune perplessita', non di carattere puramente tecnico/operativo.

Da italiano, prima di trasferirmi e lavorare all'estero, ho visuto e lavorato in Italia e ho sempre avuto l'impressione di un'amministrazione non propriamente 'al fianco' delle imprese.
Nel mio caso specifico, le perplessita' riguardono l'opportunita' o meno di aprire una posizione IVA in Italia (che a livello pratico mi servirebbe) in quanto la societa' estera che verrebbe rappresentata si trova localizzata in giurisdizione a 'fiscalita' agevolata', il cui titolare unico (il sottoscritto) e' anch'egli residente estero.

Sarebbe tutto semplice se non ci fosse l'iversione dell'onere della prova, riguardo ai paesi a fiscalita' agavolata.

Cio' mi fa riflettere se l'effetiva apertura di una posizione IVA in Italia, mi dovesse mettere sotto a dei riflettori (l'AdE italiana) che, seppur legittimi, mi creerebbero delle serie difficolta' a dimostrare la mia reale sede estera (sia societaria che mia personale), ma come si sa, l'inversione dell'onere della prova rende cio' molto difficile.

Di conseguenza, piu' che un consiglio pratico/operativo, qui occorre un parere sulla vostra esperienza nei rapporti con l'Ade Italiana.
Grazie
 
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