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CONGEDO DI PATERNITÀ E JOBS ACT

Congedo di paternità e Jobs Act

Le novità introdotte dal decreto n. 80/2015 in materia di congedo di paternità volte all'equiparazione delle figure parentali

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LA NORMATIVA  VIGENTE
L'articolo 28 del D.Lgs. 151/2001, riconosce il congedo di paternità, ossia il diritto al padre lavoratore di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre, o di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
Per quanto riguarda il trattamento normativo si applicano al padre lavoratore le stesse disposizioni previste per il congedo di maternità (articolo 29 del D.Lgs. 151/2001).
Inoltre, l'articolo 4, comma 24, lettera a), della L. 92/2012 ha previsto la misura sperimentale, per gli anni 2013-2015, dell'obbligo per il padre lavoratore dipendente, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, di astensione dal lavoro per un giorno.
Entro il medesimo periodo, il padre lavoratore dipendente può astenersi per ulteriori due giorni, anche continuativi, previo accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest’ultima. Per questi giorni di astensione viene riconosciuta un’indennità giornaliera a carico dell’INPS pari al 100% della retribuzione per il periodo di due giorni goduto in sostituzione della madre e un’indennità pari al 100% della retribuzione per il giorno di astensione obbligatorio sopra indicato. Il padre lavoratore deve dare preventiva comunicazione in forma scritta al datore di lavoro dei giorni prescelti per astenersi dal lavoro con un preavviso di almeno quindici giorni.
Il congedo facoltativo è fruibile dal padre anche contemporaneamente all'astensione della madre (articolo 1 del D.M. 22 dicembre 2012), inoltre i congedi obbligatorio e facoltativo non possono essere frazionati ad ore (articolo 3 del D.M. 22 dicembre 2012).
Infine, in base a quanto disposto dall’articolo 31 del D.Lgs. 151/2001, il congedo di maternità previsto in caso di adozione sia nazionale che internazionale (ex art. 26, c. 1- 3, D.Lgs. 151/2001) che non sia stato chiesto dalla lavoratrice spetta, alle medesime condizioni, al lavoratore. Ugualmente si applica anche al padre lavoratore la disciplina di cui al comma 4 del medesimo art. 26, prevista per il periodo di permanenza all'estero in caso di adozione internazionale.

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1) Decreto legislativo e Jobs Act: nuove disposizioni sul congedo di paternità

Gli artt. 5 e 6 del D. Lgs. 80/2015 intervengono sulla disciplina del congedo di paternità, modificando quanto disposto in materia dagli articoli 28 e 31 del D.Lgs. 151/2001.
Le disposizioni danno attuazione al criterio direttivo di cui alla lettera g) dell’articolo 1, comma 9, della legge delega che prevede, tra l’altro, una maggiore flessibilità dei congedi obbligatori e parentali, favorendo le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
In particolare:
  • •si prevede che il padre possa usufruire del congedo di paternità per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre, di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre, anche se la madre è una lavoratrice autonoma (con diritto all’indennità di maternità) (articolo 5, comma 1, lett. a), cpv. “1-bis”). In tali casi, al padre lavoratore autonomo è riconosciuta (previa domanda all’INPS, che provvede d’ufficio agli accertamenti necessari all’erogazione dell’indennità, con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente) l’indennità di maternità spettante alle lavoratrici autonome, per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua (articolo 5, comma 1, lett. a), cpv. “1-ter”);
  • si specifica che il congedo di maternità non retribuito previsto per la lavoratrice per il periodo di permanenza all’estero richiesto in caso di adozione internazionale, possa essere utilizzato dal padre anche se la madre non è una lavoratrice (la normativa vigente riconosce questa possibilità al lavoratore solo nel caso di madre lavoratrice).
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