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TERMINI RADDOPPIATI ANCHE PER L'ACCERTAMENTO PENALMENTE ARCHIVIATO

Termini raddoppiati anche per l'accertamento penalmente archiviato

Cassazione: l'archiviazione del procedimento penale non esclude il raddoppio dei termini dell'accertamento, che opera a prescindere dall’esito del giudizio.

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La Corte di Cassazione con sentenza n. 9974 del 15 maggio 2015  ha stabilito che l’archiviazione del procedimento penale non esclude il raddoppio dei termini per l’accertamento, visto che lo stesso opera a prescindere dall’esito del giudizio penale, conseguente alla denuncia presentata all’autorità giudiziaria.
IL CASO
La vicenda riguarda una società, raggiunta da un avviso di accertamento conseguente a indagini finanziarie. Incardinato regolare giudizio, la ricorrente lamentava la violazione della disciplina sul raddoppio dei termini per intervenuta archiviazione del relativo procedimento penale.
Tali argomentazioni venivano disattese in entrambi i gradi di giudizio; la Commissione Tributaria Regionale di Salerno, difatti, aveva ritenuto operante il raddoppio dei termini per l'accertamento di cui all’art. 37 del D.L. n. 223/06, nonostante l'archiviazione del procedimento penale sulla vicenda.
Avverso tale sentenza la società proponeva ricorso in Cassazione che confermava il verdetto impugnato, condannando, altresì, la società al pagamento delle spese processuali.

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Scarica il Commento completo con il testo integrale della sentenza: "Termini accertamento e archiviazione Cass. 9974/2015"
 
Indice:
IL CASO 
IL COMMENTO 
  • Raddoppio dei termini: la disciplina normativa
  • La sentenza della Corte costituzionale e la notizia di reato
  • Raddoppio dei termini nei confronti di soggetti non denunciati
  • La sentenza annotata 
IL TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA
 

1) 1. Raddoppio dei termini: la disciplina normativa

La disciplina del raddoppio dei termini di decadenza per l’accertamento, in presenza di una notizia di reato tributario, è stata introdotta dall’articolo 37, commi 24, 25 e 26, del decreto legge 223/2006.
In particolare, il comma 24 ha integrato l’articolo 43 del Dpr 600/1973, tramite l’inserimento del terzo comma, in base al quale “In caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione”.
Medesima previsione è stata introdotta dal comma 25, per l’accertamento in materia di Iva, con l’inserimento del comma terzo nell’articolo 57 del Dpr 633/1972.
In forza delle citate disposizioni, gli ordinari termini di decadenza per l’accertamento sono raddoppiati qualora il pubblico ufficiale, nell’esercizio delle sue funzioni, constati una violazione per la quale sussiste l’obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 74/2000.
Per quanto concerne, invece, la decorrenza delle predette modifiche normative, l’articolo 37, comma 26, del Dl 223/2006, ha stabilito che il raddoppio dei termini trova applicazione a decorrere dal periodo di imposta per il quale, alla data di entrata in vigore dello stesso Dl 223 (il 4 luglio 2006), sono ancora pendenti i termini ordinari per l’accertamento.
2. LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE E LA NOTIZIA DI REATO
La Corte costituzionale con la sentenza 25 luglio 2011, n. 247 ha confermato la legittimità costituzionale dell’art. 57, 3° comma, del d.p.r. n. 633 del 1972 il quale prevede il raddoppio dei termini di decadenza dell’azione di accertamento in materia di iva in presenza di un reato tributario, comportante l’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria, è costituzionalmente legittimo.
La Consulta, con la menzionata sentenza ha ritenuto il raddoppio dei termini pienamente legittimo giacché non si sarebbe in presenza di una "riapertura o proroga di termini scaduti" né di "reviviscenza di poteri di accertamento ormai esauriti", ma di termini fissati direttamente dalla legge operanti automaticamente in presenza di una speciale condizione obiettiva (obbligo di denuncia penale per i reati tributari), senza che all’amministrazione sia riservato alcun margine di discrezionalità per la loro applicazione. È dunque indifferente, secondo tale impostazione, che l’obbligo di denuncia non sia stato adempiuto entro il termine "breve". Ciò che rileva è la sola sussistenza dell’obbligo perché essa soltanto connota, sin dall’origine, la fattispecie di illecito tributario a cui è connessa l’applicabilità dei termini raddoppiati di accertamento.
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