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DICHIARAZIONI TESTIMONIALI COME PROVE PRESUNTIVE

Dichiarazioni testimoniali come prove presuntive

La Cassazione nella sentenza n. 27314 del 23.12.2014 ribalta la decisione di una CTR affermando che nel processo tributario le dichiarazioni di terzi possono non solo avere valore indiziario ma integrare una prova utile ai fini dell'accertamento

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Nel processo tributario, le dichiarazioni del terzo – trasfuse nel processo verbale di constatazione, a sua volta recepito nell’avviso di accertamento – hanno per lo più valore meramente indiziario, per cui concorrono a formare il convincimento del giudice, se confortate da altri elementi di prova. Tuttavia, tali dichiarazioni – nel concorso di particolari circostanze – possono rivestire i caratteri della presunzione (generalmente ammesse nel processo tributario, nonostante il divieto di prova testimoniale) se gravi, precise e concordanti, ai sensi dell’art. 2729 c.c., dando luogo, di conseguenza, non ad un mero indizio, bensì ad una prova presuntiva, idonea da sola ad essere posta a fondamento e motivazione dell’avviso di accertamento, da parte dell’amministrazione finanziaria.

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Scarica il commento completo con il testo integrale della sentenza: Dichiarazioni di terzi come presunzioni - Cass. n. 27134/2014 - disponibile in vendita singola o in abbonamento
 
Indice:
IL CASO
IL COMMENTO
  1. L’EFFICACIA DEL CONDONO SUL POTERE DI CONTROLLO DEI CREDITI DEI CONTRIBUENTI
  2.  IL VALORE DELLE DICHIARAZIONI DEI TERZI NEL PROCESSO TRIBUTARIO
  3.  LA SENTENZA ANNOTATA
 IL TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA
 
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1) Commento alla sentenza n. 27314 del 23.12.2014

IL CASO
A seguito di un verbale della Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Entrate notificava ad una società un avviso di rettifica con il quale recuperava alcune somme già rimborsate a titolo di credito Iva e denegava un rimborso infrannuale non ancora eseguito.
I gradi di merito vedevano vittorioso il contribuente, con la Ctr che confermava l’annullamento dell’atto impositivo disposto in primo grado.
In particolare, secondo la Ctr della Lombardia, il condono tombale perfezionato dalla contribuente ex art. 9 della legge n. 289 del 2002 impediva all’amministrazione finanziaria di contestare anche i crediti Iva. Inoltre le dichiarazioni rese da terzi in sede di verifica non erano utilizzabili ai fini della decisione in virtù del divieto contenuto nell’art. 7, comma 4, del D.Lgs. n. 546 del 1992.
Col successivo ricorso in Cassazione l’Agenzia delle Entrate denunciava tra l’altro la falsa applicazione dell’art. 9 della legge n. 289 del 2002: la Ctr avrebbe infatti errato nel ritenere che il perfezionamento del condono, oltre ad estinguere i debiti fiscali, impedisca all’amministrazione finanziaria anche il potere di controllo dei crediti esposti in dichiarazione.
Con un altro motivo, la ricorrente si doleva per la violazione dell’art. 7, comma 4 del D.Lgs. n. 546 del 1992 perché il giudice di merito aveva escluso dal materiale probatorio utilizzato per la decisione le dichiarazioni rese dal legale rappresentante della società cessionaria del bene acquistato in sospensione di imposta ai sensi dell’art. 8, comma 1 lett. c) del D.P.R. n. 633 del 1972. Quest’ultimo aveva infatti dichiarato che la propria società, che a sua volta avrebbe dovuto trasportare la merce ad un cliente tedesco, non aveva potuto eseguire il trasporto non essendo affatto abilitata al trasporto di merci all’estero.
La Cassazione, con la pronuncia in commento, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate rinviando la controversia ad altra sezione della Ctr anche per la liquidazione delle spese di lite. (...)
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